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Rinnovabili, si accende lo scontro sull’idroelettrico
Le principali associazioni ambientaliste hanno firmato un appello contro lo sfruttamento eccessivo dei corsi d’acqua. La richiesta è di una stop alle nuove concessioni
Nonostante il loro contributo alla generazione elettrica pulita, non di rado le diverse fonti rinnovabili sono finite sotto accusa per il loro presunto impatto sul territorio. A farne le spese sono stati, soprattutto, gli impianti a biomasse ed eolici. La sindrome Nimby, ad esempio, ha completamente arrestato lo sviluppo dell’eolico offshore nel nostro Paese, ma anche il fotovoltaico spesso ha incontrato difficoltà. L’unica fonte rinnovabile che sinora sembrava essere stata immune era anche quella più antica, ossia l’idroelettrico.
Che invece ora, finisce sotto accusa, tanto che è stato promosso un vero e proprio Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico da parte Cirf, Centro italiano per la riqualificazione fluviale, sottoscritto da Legambiente, WWF Italia, Mountain Wilderness Italia, FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato Bellunese Acqua Bene Comune. A essere precisi, il pericolo sarebbe legato al mini idroelettrico, poiché le grandi risorse idriche sono da decenni occupate dalle storiche centrali.
Il quadro presentato è quasi apocalittico “Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti. È questa purtroppo la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese. A soffrire non sono solo quelli principali, ma soprattutto i torrenti e rii di montagna con sempre meno corsi d’acqua alpini che mantengono ancora condizioni di naturalità elevata – cioè non perturbati da derivazioni, da alterazioni morfologiche significative e da immissione di inquinanti – mentre i restanti corpi idrici sono in gran maggioranza sfruttati da derivazioni a scopo idroelettrico e/o irriguo”.
Secondo i firmatari dell’appello gli incentivi vigenti per gli impianti idroelettrici non distinguono tra impianti che danneggiano i fiumi e gli ecosistemi e quelli invece integrati e che rispondono a criteri seri di sostenibilità. Inoltre l’assenza di regole efficaci di tutela dei bacini idrografici e dei deflussi idrici avrebbe portato a una vera e propria corsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud. “Sempre più spesso poi le domande di concessione di derivazione per scopo idroelettrico insistono in Parchi o in aree Natura 2000 (SIC o ZPS), o comunque in contesti ambientali e paesaggistici di particolare pregio e fragilità”, si legge ancora nel testo dell’appello.
Gli ecologisti ammettono il ruolo importante dell’idroelettrico nella riduzione delle emissioni di CO2 ma, fondamentalmente chiedono uno stop. In particolare si richiede “ Una immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali; una revisione degli strumenti di incentivo da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela dei corsi d’acqua; l’apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle centrali idroelettriche esistenti e minimizzare quello di eventuali nuovi impianti”.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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