Normative
Pellet, il Governo apre all’Iva agevolata per le aree montane
Secondo quanto riferito dall'Uncem, lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, avrebbe riconosciuto l'errore commesso con l'aumento dell'Iva
Mentre ormai le catene della grande distribuzione si apprestano a terminare i sacchetti di pellet con l’Iva al 10%, a seguito dell’innalzamento al 22% ormai pienamente operativo, si intravede la possibilità di una retromarcia, perlomeno parziale. Ma andiamo con ordine: tutto ha origine dall’azione di lobbying portata avanti dall’Uncem, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, in Parlamento. Già lo scorso 22 dicembre questa azione aveva prodotto i primi risultati concreti, con l’approvazione di un ordine del giorno a firma Braga, Borghi, Mariani, Rubinato D’Ottavio, che impegnava il Governo a valutare l’opportunità di ripristinare un’aliquota agevolata per le cessioni di pellet di legno a tutela delle fasce di popolazione più deboli, quindi delle aree montane e dei territori svantaggiati.
La questione è rimasta ovviamente in sospeso durante le festività natalizie, ma è tornata prepotentemente di attualità nel corso di una riunione dell’Uncem, che ha visto coinvolti 500 sindaci dei Comuni montani provenienti da tutta Italia. In questa sede il Viceministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Andrea Olivero, ha esplicitamente aperto alla modifica. Ma non solo: secondo quanto dichiarato dal presidente dell’Intergruppo Parlamentare per lo Sviluppo della Montagna, Enrico Borghi, lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la riunione di ieri Gruppo PD, avrebbe ammesso l’errore fatto dal Governo in merito all’aumento dell’Iva sul pellet dal 10 al 22% e si sarebbe impegnato a correggerlo.
“Esprimiamo soddisfazione per questa volontà di correggere il tiro – ha detto Borghi – e chiediamo che la modifica trovi spazio in un provvedimento specifico da adottare con urgenza”. Dunque non appare impossibile che, nelle prossime settimane, il Governo possa ripristinare un’aliquota agevolata per le cessioni del pellet di legno nelle aree montane (dove spesso non arriva la rete del gas) e in quelle più svantaggiate. Dall’Esecutivo è arrivata anche un’apertura all’introduzione di una tassazione agevolata per la materia prima derivante da filiere corte e certificate.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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Gianfranco Padovan
scrive il 15 gennaio 2015 alle ore 22:21
Salve a tutti. Vorrei sottoporre a chi ci legge il commento fatto sul forum di Quag sul tema. https://www.quag.com/it/thread/20519/aumenta-liva-sul-pellet-laliquota-passa-dal-10-al-22/ Lo sa il nostro Presidente del Consiglio - e Ministri coinvolti - che potrebbero rischiare una class action dei famigliari di una parte dei 68.000 morti all'anno per effetto del particolato emesso dalle caldaie a legna e loro derivati? E' noto che il particolato si raccoglie nel fondo valle e noi abbiamo la Valle Padana che fa da catino non solo alle acque ma anche ai contaminanti generati in quota. Solo per curiosità provate a dare una occhiata alle ultime mappe europee della PM2,5 e dopo di che vi chiedo, cortesemente, di indagare sulle loro cause prime. Vi consiglio di partire da questa fonte: http://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2014/at_download/file Il governo ha altre iniziative da intraprendere per ridurre sia il particolato che rendere il consumo di energia più sostenibile. Il Governo, le Regioni, i Comuni dovrebbero stimolare lo spostamento della massa monetaria della spesa corrente (acquisto di combustibili di qualsiasi origine) verso le spese strutturali (risparmio, soluzioni efficienti e rinnovabili) senza aggravi aggiuntivi per le famiglie. Come? Se state pensando agli incentivi sbagliate: quanto è successo in questi ultimi anni deve pur insegnarci qualcosa! E' studiando e mettendo in atto nuovi meccanismi finanziari (dalla spesa corrente alla spesa strutturale) che si rende possibile quanto ho asserito in precedenza. In questo modo non si esporterebbero oltre 60 miliardi all'anno, per l'attuale fabbisogno di fonti di energia ma, viceversa, questa enorme massa di denaro resterebbe qui in Italia per generare lavoro, riqualificare e innovare il parco edilizio e veicolare, aggiornare e realizzare infrastrutte e reti, ridurre i costi nascosti e sanitari dell'inquinamento, ecc, ecc. aumentando il benessere e migliorando la qualità del vivere.