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Pellet, aumentare la produzione è possibile

Energia da biomasse

Pellet, ecco come aumentare la produzione nazionale

Secondo il Fire, l'eccessiva dipendenza dall'estero è anche il risultato delle normative italiane troppo stringenti

Scritto da il 24 febbraio 2015 alle 8:00 | 0 commenti

Pellet, ecco come aumentare la produzione nazionale

Di pellet abbiamo parlato tanto nelle scorse settimane, a causa delle decisione governativa di innalzare l’Iva per questo combustibile. Il dibattito acceso, ovviamente ha mandato in secondo o terzo piano uno dei problemi con cui ha a che fare la filiera del pellet, ossia la forte dipendenza dalle esportazioni estere. Come ricorda infatti il Fire, negli ultimi anni il mercato si è espanso fortemente in Italia nel settore civile, sotto la spinta dell’offerta di stufe e caldaie di manifattura italiana a  prezzi molto contenuti e con forte esportazione. Tanto che oggi l’Italia è il maggior consumatore mondiale di pellet per impiego quasi esclusivo nel riscaldamento domestico. La stima è che i consumi siano passati dalle 300.000 tonnellate del 2002 alle 2,5-3 milioni di tonnellate del 2013, mentre la produzione nazionale di questo materiale è cresciuta soltanto in misura limitata, dalle 160.000 tonnellate del 2002 alle 300.000 tonnellate nel 2013.

Secondo il Fire, la produzione italiana da legno di recupero non poteva seguire questa espansione della domanda, sia per i limiti quantitativi del materiale disponibili che per i maggiori costi produttivi. Dunque il 90% del pellet bruciato in Italia è importato da paesi con grandi industrie forestali (Canada, Usa, Europa orientale, ecc), paesi nei quali le normative sulla presenza di legno contaminato sono meno restrittive di quelle che l’Italia si è imposta. Inoltre, la produzione di pellet importata è basata su grandi impianti, in paesi con boschi di facile accessibilità, con presenza di grandi imprese boschive ed elettricità a bassi prezzi. Al contrario, fa notare il Fire, in Italia, dal dopoguerra a oggi, la superficie dei boschi è quasi raddoppiata, mentre la nostra industria forestale è rimasta in strutture spesso artigianali e non ha partecipato all’innovazione del settore negli ultimi 60 anni.

Dunque, secondo la Federazione per l’uso razionale dell’energia “Andrebbero eliminate le normative che fissano obiettivi ambientali che non si è pronti a misurare e controllare. Solo valorizzando in modo integrato la protezione idrogeologica, la produzione di legname da opera, di legno per uso energetico, di materiale per le cartiere e i pannellifici, di materiale per la chimica verde, insieme con la formazione del personale e l’occupazione nelle aree montane, il bilancio può diventare positivo anche nei nostri boschi difficili”.


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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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