Energie rinnovabili
Naufraga la legge campana sul solare
Approvata a febbraio, la normativa è stata bocciata dalla Commissione bilancio regionale per i suoi obiettivi irraggiungibili e perché priva di copertura
Sulle energie rinnovabili è bene procedere con parecchio buonsenso, onde evitare autogol clamorosi. Ne è una riprova quello che si è appena verificato in Campania dove, appena lo scorso 18 febbraio, era stata approvata all’unanimità la Legge regionale n. 18 del 2013, nata da una proposta di iniziativa popolare sostenuta da tutte le principali associazioni ambientaliste.
La normativa, in particolare, prevedeva che la sola energia solare coprisse entro il 2021 una percentuale pari al 60% del fabbisogno energetico (dunque non solo elettrico) campano. Un impegno a dir poco ambizioso, considerato che attualmente a livello nazionale questa fonte assicura pochi punti percentuali della sola domanda elettrica.
Ebbene, ad appena un mese e mezzo dall’approvazione, la legge è di fatto naufragata con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio regionale, a causa della mancanza della copertura finanziaria, individuata solo per il primo anno, ma anche per una serie di limiti che si fa fatica a credere non fossero stati individuati al momento del varo della norma.
In particolare – si osserva nell’emendamento – la legge prevedeva obiettivi applicabili a tutti i consumi, in generale fino al raggiungimento del 60% del fabbisogno totale, ma questa percentuale – come facile da comprendere – è assolutamente irraggiungibile, per quanto si possa essere fan e tifosi del solare.
Inoltre, dalla programmazione regionale erano state escluse tutte le fonti tradizionali e quelle rinnovabili a eccezione del solare, del geotermico e delle maree. Questa disposizione, però, è in contrasto con la riserva di legge nazionale prevista dall’art. 117 della costituzione; inoltre, costituisce limite alla libertà di impresa e, comunque, le fonti non rinnovabili non sono di competenza della Regione.
Quanto al piano di dismissione degli impianti termoelettrici e reti alta tensione, previsto sempre dalla legge approvata lo scorso febbraio, la Commissione bilancio fa notare che non si è tenuto conto che si tratta di iniziative private che hanno tempi di vita previsti nelle autorizzazioni.
Bocciata anche l’ipotizzata riduzione delle importazioni di energia mediante un piano di dismissione delle reti elettriche ad alta tensione, che non trova alcun possibile riscontro sul piano tecnico o programmatorio. Infine la mazzata finale arriva sulla copertura finanziaria, individuata solo per il primo anno e che fa riferimento a risorse europee, non tenendo conto che, comunque, si tratta di cofinanziamenti per cui è necessario individuare le coperture delle quote nazionali e regionali.
Inoltre, i fondi comunitari hanno vincoli di destinazione che comportano l’inutilizzabilità per alcuni scopi che si prefiggeva la legge medesima. Insomma, una bocciatura su tutta la linea, fatta tra l’altro dagli stessi consiglieri che avevano approvato all’unanimità questa legge, evidentemente senza leggerla con la dovuta attenzione. Il risultato è una brutta figura che dà ragione a quelli che vogliono riportare le competenze energetiche interamente a livello statale, così da evitare norme incoerenti o scritte male.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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