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Tekneco #14 – Fonti pulite

Minieolico: piccoli, ma certificati

L’energia prodotta dal vento cresce in tutto il mondo, ma si arresta in Italia. Salvo che per il minieolico, dove la differenza la fanno le certificazioni

Scritto da il 27 febbraio 2014 alle 8:28 | 0 commenti

Minieolico: piccoli, ma certificati

Non è esattamente il trend che abbiamo visto con il fotovoltaico, ma ci assomiglia. Parliamo del minieolico che, secondo una ricerca di GlobalData, “Small Wind Turbines up to 100kW, 2013 Update – Global Market Size, Analysis by Power Range, Regulations and Key Country Analysis to 2020”, passerà dal fatturato odierno di 609 milioni di dollari a tre miliardi entro il 2020, con un tasso di crescita del 22%.

Si tratta di una crescita che vedrà come protagonisti l’onnipresente Cina, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, le tre nazioni che hanno visto la maggior parte della potenza installata lo scorso anno con una quota dell’80% e, rispettivamente, 266 MWe in Cina, 216 MWe negli Stati Uniti e 118 MWe in Gran Bretagna.

E anche a capacità cumulata l’incremento passerà dai 728 MWe del 2012 ai 4,6 GWe del 2020. La Cina dovrebbe, secondo il report, fare la parte del leone, sia per le vaste aree rurali disponibili a questa tecnologia, sia per la capacità produttiva di turbine di questo tipo, ma, sempre secondo il report non sarà una passeggiata.

A ostacolare questa crescita, infatti, persino in Cina, saranno le incertezze normative, la lentezza delle autorizzazioni e la mancanza delle certificazioni a gran parte delle turbine in commercio. L’Italia in questo quadro sembra essere tagliata fuori, nonostante abbiamo 60 MWe elettrici incentivati ogni anno fino al 2015 siamo ancora fermi a “soli” 14 MWe installati e abbiamo, oltretutto, tutti i difetti citati nel rapporto.

«Quello delle certificazioni è un problema aperto e importante – ci spiega Lorenzo Partesotti di Liber, azienda attiva nel fornire “chiavi in mano” sistemi a fonti rinnovabili tra i quali il minieolico -. Bisogna considerare il fatto che il minieolico ha le stesse caratteristiche di affidabilità e redditività delle altre rinnovabili solo se si scelgono metodologie e tecnologie affidabili e consolidate, unite a seri studi approfonditi circa la disponibilità della risorsa: il vento».

Sul minieolico, infatti, in passato spesso si è installato senza campagne anemometriche che analizzino lo stato di fatto del sito. «È come se con il fotovoltaico si installasse sul fondo di una stretta vallata affidandosi al fatto che a mezzogiorno c’è il sole – prosegue Partesotti -. Le rinnovabili sono delle risorse che devono essere conosciute a fondo prima d’installare e poi c’è il problema di cosa installare».

Non basta, infatti, il vento e una turbina per avere un sistema con il quale si è certi di produrre la quantità ottimale d’energia. «Non esistono scorciatoie con le rinnovabili – conclude Partesotti -. I prodotti certificati da enti terzi danno la garanzia circa l’effettiva produzione, oltre che sull’affidabilità, e bisogna considerare che un extra costo per una buona turbina rende molto di più in termini di produzione elettrica e minori interventi di manutenzione».

La differenza tra una turbina con tutte le carte in regola e una, per così dire, “zoppicante” può arrivare al 40% sul prezzo della stessa, ma si tratta di una cifra il cui “assorbimento” avviene al massimo in 3-4 anni, per cui, dopo, la prospettiva è quella di trovarsi un aerogeneratore problematico per altri sedici anni.

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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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