Clima
Lotta di classe per il clima
I poveri emettono molto meno CO2 dei ricchi, i quali, non utilizzano le tecnologie per il clima a cui hanno accesso ed è "Lotta di classe"
La connessione tra ecologia e crisi c’è, esiste, ma in Italia è spesso sottovalutata. Forse perché è scomoda, ma è reale anche quando si parla di clima. Abbiamo appena archiviato, infatti, il 2015 come anno più caldo da quando sono iniziate le rilevazioni circa la temperatura terrestre, la Cop 21 di Parigi si è conclusa con una serie di “buone intenzioni” mentre il trend delle emissioni e del riscaldamento globale non accenna a fermarsi. Il centro metrologico britannico UK Met Office, infatti, ha previsto che il 2016 sarà ancora più caldo e qualche credibilità questa fonte la ha, visto che ha previsto, nel 2014, il record del 2015. Bene, mentre il clima si surriscalda e si fissano obbiettivi auspicabili e improponibili – a Cop 21 – allo stesso tempo come quello del1,5°C al 2100, siamo già oggi a1,14 °C, per dare un contentino agli stati insulari che saranno i primi a subire gli effetti dell’innalzamento dei livelli del mare, arriva un rapporto di Oxfam che denuncia la “lotta di classe climatica”.
Secondo l’Ong, infatti, il rapporto tra ricchi e poveri, sulle emissioni climalteranti è di 175 auno. Ossia un ricco – l’1% della popolazione planetaria – emette gas climalteranti in proporzione maggiore per 175 volte. Sembra un ovvietà, vista la sproporzione circa i consumi tra chi possiede un reddito annuo di 400 dollari l’anno o poco più e chi arriva, come gli abitanti degli Stati Uniti, in media a 54.000. Insomma nel rapporto di Oxfam “Extreme Carbon Inequality” la metà degli abitanti della terra, i 3,5 miliardi più poveri in assoluto è responsabile del 10% delle emissioni climalteranti, mentre i più ricchi, 700 milioni ossia un decimo della popolazione globale è responsabile per il 50% delle emissioni. E a complicare la cosa sono le differenze di classe, a questo punto climatica potremmo dire, all’interno di un paese e tra i paesi. I più poveri tra i cinesi – 600 milioni – emette il 66% in meno rispetto al 10% degli abitanti degli Stati Uniti, quelli più ricchi. Un indiani considerato povero emette venti volte di meno, rispetto a in cittadino considerato povero negli Usa e anche i ricchi indiani sono “virtuosi”, visto che il 10% dei ricchi indiani emetto solamente il 25% della metà dei poveri statunitensi. Dati che nel complesso inchiodano le nazioni sviluppate non solo alle loro responsabilità storiche ma anche a quelle odierne, visto che la differenza è chiara anche nelle quote d’emissione di oggi ed è un atto d’accusa chiaro. Noi, infatti, non riduciamo le emissioni, e quindi i consumi, anche se siamo in possesso di tecnologie efficienti e virtuose e disponiamo del reddito per averle. Si tratta, quindi, non tanto della mancanza d’equità intergenerazionale, concetto importante per il futuro, ma improprio per spiegare il presente, ma di una vera e propria “lotta di classe climatica”. Unico problema è che, come sostiene il sociologo Luciano Gallino, recentemente scomparso nel suo libro “La lotta di classe dopo la lotta di classe” «I ruoli si sono invertiti. Una volta erano i poveri a lottare contro i ricchi, mentre ora la lotta di classe non è affatto scomparsa – come sostengono in molti N.d.R. – ma i ruoli sono cambiati. I ricchi sono contro i poveri».
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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