Bioenergia
Le foreste italiane sono un patrimonio di energia
Secondo l’Ispra quasi il 2% dei consumi energetici nazionali potrebbe essere ricoperto dall’utilizzo sostenibile del patrimonio boschivo nazionale
Dalle foreste nazionali si potrebbero ottenere 3 milioni di tonnellate di petrolio (Tep) equivalenti l’anno, senza ferire le foreste e mantenendo le necessarie misura di salvaguardia e protezione della biodiversità. Si tratta di un quantitativo pari all’1,6% circa dei consumi energetici nazionali.
Il dato non arriva dall’associazione dei boscaioli italiani, ma dalla ben più neutrale Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), che ha recentemente presentato i risultati del progetto Ue Proforbiomed, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo regionale (Fesr) della Commissione Europea, all’interno del programma Med ”Improving of the energy efficiency and promotion of renewable energy sources”.
La legna di provenienza forestale rappresenta una quota significativa del totale della bioenergia: con quest’ultima si intende l’energia derivante da tutte le forme di biomassa (legna prelevata dai boschi, residui delle potatura di frutteti e colture erbacee, residui dell’industria del legno e dell’agro-industria). L’insieme della bioenergia in Italia già oggi contribuisce per 5,2 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti al consumo interno lordo, una quantità che corrisponde a poco meno del 3% del fabbisogno totale.
In realtà, secondo l’Ispra le statistiche ufficiali ne sottostimano il contributo reale, perché ci sono molte tipologie di uso (dai consumi di legna da ardere nelle abitazioni agli impieghi di residui di lavorazione del legno nei processi industriali) di difficile registrazione statistica. Quel che è certo, però, è che le foreste potrebbero giocare un ruolo da protagonista: infatti, la superficie dello Stivale occupata dai boschi, ha superato i 10,5 milioni di ettari, circa un terzo di quella complessiva, una percentuale paragonabile a quelle di altri Paesi del centro e nord Europa. Ciò si deve , però, soprattutto, alla naturale espansione degli alberi in zone di collina e montagne, prima coltivate o adibite ai pascoli.
Eppure l’Italia è attualmente la nazione europea con il minor rapporto tra legna prelevata e quella prodotta: teoricamente, le foreste del Belpaese potrebbero assicurare ogni anno ben tre milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), senza danneggiare gli ecosistemi né la varietà di specie animali e vegetali. Basterebbe sfruttare i tagli di legna dei boschi cedui e delle fustaie, i residui delle potature e dello sfrondamento dei filari.
Questo vasto bacino verde potrebbe quindi coprire una quota piccola ma significativa (1,6%) dei consumi energetici nazionali (dati riferiti al 2012). Lo studio Ispra suggerisce di perseguire lo sviluppo di filiere corte, integrate e su piccola scala, per la produzione e l’impiego di biomasse, così da avere ricadute migliori sul piano della sostenibilità economica, ecologica e sul controllo sociale delle fonti energetiche e favorire una riduzione dei costi ambientali legati al trasporto del combustibile biomassa legnosa (come dimostra il caso del pellet).
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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