Trasporti
La riforma dei biocarburanti è un rebus europeo
Gli incentivi alla prima generazione costano dieci miliardi di euro l’anno. Su come cambiarli è scontro tra produttori e Commissione Ue
I biocarburanti continuano a far discutere e non solo per ragioni ambientali, ma anche economiche. Secondo quanto emerso da uno studio condotto dall’Istituto Internazionale per lo sviluppo Sostenibile (Iisd), nel 2011 i biocarburanti nella Ue hanno goduto di 10,7 miliardi di euro di incentivi (di cui 5,8 miliardi pagati direttamente dagli automobilisti), una cifra che supera del 60% il capitale investito dai privati nel settore e che è destinata a raddoppiare, se i Paesi europei confermeranno l’obiettivo di coprire nel 2020 il 10% del totale della domanda energetica dei trasporti con i biocarburanti.
Obiettivo che potrebbe essere rivisto al ribasso, soprattutto per i dubbi sulla reale sostenibilità ambientale di questa risorsa (soprattutto per quanto riguarda la prima generazione). Secondo la Commissione europea, che ha avviato trattative con l’industria produttrice dei biocarburanti, si dovrebbe fissare un tetto di incentivi abbassando la percentuale della prima generazione sul totale dal 10% al 5%.
L’ipotesi (ritenuta persino troppo timida da alcune Ong) però non è piaciuta ai produttori del settore, che hanno già investito in maniera massiccia sulla spinta dei target comunitari e che non accettano di rivedere le loro tabelle di marcia.
Una proposta presentata recentemente all’Europarlamento dalla liberale francese Corinne Lepage potrebbe però permettere di raggiungere una mediazione senza mettere a repentaglio gli investimenti già realizzati. Anche in questo caso il testo distingue tra biocarburanti “buoni” e “cattivi”, introducendo un nuovo criterio di contabilizzazione delle emissioni di CO2 emesse lungo tutta la produzione.
L’applicazione di questo meccanismo sfavorirebbe il biodiesel (il principale combustibile bio di prima generazione) a vantaggio del bioetanolo, ma la proposta della Lepage permetterebbe ai produttori di biodiesel di sviluppare la produzione sino al 2017, in modo da rendere le attività avviate (che vede impegnate 120.000 persone in Europa) economicamente convenienti.
Successivamente, però, tutto lo spazio dovrebbe essere lasciato alle nuove generazioni di combustibili bio, che non utilizzano direttamente i territori agricoli ma, piuttosto, gli scarti del settore primario. La proposta dovrebbe essere votata in Parlamento già nei prossimi giorni.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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