Il costo del rinnovabile, alla pari con il nucleare?
Imperversano i dibattiti sulla convenienza tra fotovoltaico e nucleare. Ad un'analisi, i costi dell'energia rinnovabile sarebbero però inferiori all'atomo
L’EIA ha da poco comunicato che le scorte di petrolio sono calate di 1,8 milioni di barili contro una previsione degli esperti di 1,5 milioni. Le riserve diminuiscono, ma lo spreco non si riduce: secondo l’Accademia dei Lincei, circa il 50% dell’energia viene persa durante la fase di trasformazione e trasporto. Energia che viene pagata, che non genera produttività e che causa circa la metà dell’inquinamento derivato dai consumi energetici.
Nonostante enti più o meno pubblici stiano ancora valutando un piano strategico di sostentamento energetico che risponda alle restrittive norme europee sui limiti di inquinamento, molte società stanno effettuando investimenti su fotovoltaico, idrogeno, biomassa e anche eolico. Con la chiara consapevolezza che gli investimenti necessitano soldi privati, banche escluse per un problema insito nell’impianto regolatorio che non garantisce un ritorno chiaro e preciso (la tecnologia fotovoltaica non ha abbastanza risultati storici da poter dimostrare senza ombra di dubbio il livello della situazione produttiva fra 20 anni) ed aumenta quindi il rischio specifico dell’operazione finanziabile quasi prettamente tramite equity.
Bisogna quindi andare in una direzione alternativa rispetto al petrolio. Non si placano i dibattiti sulla convenienza tra fotovoltaico e nucleare: il nuovo rapporto Blackburn, dell’Università della Carolina, analizzando i costi dell’elettricità per utenti residenziali in Nord Carolina, evidenzia come l’onere del fotovoltaico sarebbe inferiore al nucleare: 16 centesimi di dollaro al kWh per un impianto domestico da 3KW (e potrebbe scendere fino a 6 centesimi se si adottassero tecniche di co-generazione) contro i 17 centesimi dell’energia “prodotta con l’atomo”.
L’associazione italiana nucleare confuta la ricerca americana, sostenendo che si è fissata un’ipotesi di produttività fotovoltaica troppo alta e che si sono inclusi incentivi troppo generosi di credito fiscale per le energie rinnovabili.
E’ vero: i calcoli effettuati nello studio promosso dall’Università della Carolina includono i sussidi per il rinnovabile (che nello Stato americano sono molto elevati) ma vengono comprese anche le agevolazioni per il nucleare: l’elettricità solare verrebbe a costare senza incentivi circa 35¢/kWh mentre quella nucleare attualmente intorno i 20¢/kWh.
L’AIN (Associazione Italiana Nucleare), fissa anche un’ipotesi realistica di produttività del fotovoltaico su un sistema domestico a 3KW che porterebbe il costo a 63¢/kWh, senza comunque considerare che per i moderni impianti nucleari ora in costruzione e progettazione l’efficienza energetica permetterebbe di produrre energia elettrica ad un costo di 10-15¢/kWh. Una valutazione forse troppo pessimistica delle fonti fotovoltaiche che vengono assoggettate ad un fattore di carico del 10%, troppo poco per generalizzare anche su realtà come sud Italia e Spagna che possono raggiungere un valore di circa 15-18%.
Analizzando le stime dell’Associazione Italiana per l’Energia nucleare emerge anche il costo di produzioni delle nuove centrali che potrebbe arrivare fino a 15 ¢/kWh: un costo molto superiore a quello prospettato e destinato ad aumentare senza dubbio per quei siti nucleari in grande ritardo nei Paesi di Finlandia e Francia che utilizzano le nuove tecnologie EPR. Sembrano rimanere solo un sogno gli annunci passati che dichiaravano un costo dell’energia nucleare destinato a scendere fino a 3-4 ¢/kWh.
Non si considera inoltre il costo di smaltimento finale delle scorie radioattive ad alta densità (in Italia stiamo ancora pagando per la dismissione, affidata a SOGIN, delle centrali degli anni ’80) e neppure il beneficio ambientale del fotovoltaico, un’esternalità positiva non quantificabile economicamente. E proprio la Francia si ritrova oggi a dover fare i conti con il riciclaggio dei rifiuti tossici: il 17% dei combustibili nucleari si potrà riciclare ribaltando le stime delle società francesi che avevano stimato di riutilizzare il 96% dei materiali radioattivi necessari per la produzione di energia elettrica.
Ma il paradosso è un altro: lo studio americano infatti paragona un impianto fotovoltaico da tenere in casa con una centrale nucleare che produce 1600 MW, circa 500 mila volte più energia e che quindi è assoggettata ad economie di scala ben diverse: questo punto non viene sottolineato nella tesi dell’AIP.
Se si dovessero fare stime più comparabili, esse dovrebbero essere effettuate in termini LCOE e prendere come riferimento un impianto solare almeno da 100kW: esistono già in sud Europa e, attualmente, i costi di produzione sono attorno ai 19 ¢/kWh con un costo di realizzazione inferiore a € 3.000/kW (fonte Associazione tedesca per l’energia solare). Cosi facendo anche gli impianti fotovoltaici beneficierebbero di un’economia di scala che potrabbe portare il costo di produzione fino a 15¢/kWh senza l’aiuto di alcun incentivo.
Tuttavia l’attenzione, a mio avviso, va riposta sul trend: il costo dell’energia solare è dimininuito anno dopo anno (da 8 anni) mentre I costi per una centrale nucleare sono aumentati da circa 3 a 10 miliardi di dollari per reattore. E’ difficile attendersi un’ulteriore diminuzione dei costi di una tecnologia che ha già raggiunto un livello avanzato sulla curva di esperienza (il nucleare) rispetto ad una disruptive technology come il fotovoltaico, che in pochi anni è riuscito a migliorare in produttività fino al 30-40%.
Testimonianza che la ricerca prosegue senza sosta è l’applicazione innovativa di General Electric che potrebbe portare, grazie alle nuove pellicole ultrasottili sviluppate con PrimeStar Solar e Solar Frontier, già dal 2011 maggiore efficienza agli impianti domestici e industriali ed abbattere il costo e il dispendio di energia del processo produttivo dei pannelli fotovoltaici (Silicio prodotto con processo Czochralski).
Nessuno al momento può veramente sapere le reali produttività e convenienze di sistemi mai testati per un lungo periodo ma quello che è certo è che una tecnologia (il rinnovabile) sembra destinato a crescere inesorabilmente (basti pensare alla più grande IPO condotta da Enel con Green Power) mente l’altra stenta a decollare (le nuove centrali nucleari EPR) anche a causa di una probabile commistione di interessi tra i grandi produttori storici (a difesa dell’atomo e del petrolio) e i nuovi attori di un mercato sostenibile e pulito.
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L'autore
Alessandro Bruzzi
Esperto di tariffe, collabora con le principali fonti di informazione italiane come Il Sole 24 Ore e Repubblica nei settori di telefonia, energia e finanza. Rivolge l'attenzione al rinnovabile e alle energie ecosostenibili.
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Ai@ce
scrive il 05 novembre 2010 alle ore 11:44
bell'articolo. Aggiungerei un'analisi sui costi di assicurazione: per un impianto fotovoltaico incidono per pochi punti percentuali, per un impianto nucleare invece? Non esiste il calcolo del premio per incidente ad una centrale nucleare! ciao, A.
Alessandro Bruzzi
scrive il 05 novembre 2010 alle ore 12:06
Ciao Ai@ce, vero non ho preso in considerazione questa variabile che sicuramente impatta molto nei costi. Credo tuttavia che, vista l'incidenza elevata, sia già inclusa nei costi di struttura che vengono spalmanti sul costo unitario del'energia. E' un motivo in più per continuare ad investire sulla ricerca del rinnovabile che ha deciamente meno costi fissi di produzione.
Michele
scrive il 05 novembre 2010 alle ore 23:18
Veramente un bell'articolo ricco di spunti interessanti.