Spalmaincentivi
Governo debole: decideranno i tribunali?
Il provvedimento, che va a intervenire retroattivamente sugli incentivi assegnati in passato, è stato varato definitivamente dalle Camere lo scorso agosto. Adesso lo scontro si sposta nelle aule giudiziarie
Dopo una lunga gestazione, uno dei provvedimenti più discussi della storia del giovane settore delle rinnovabili, il cosiddetto spalma incentivi, è stato approvato in maniera definitiva dalla Camera dei deputati all’inizio dello scorso agosto. Come noto, l’approvazione non è piaciuta per niente alle principali associazioni degli operatori – nonostante le modifiche introdotte – che accusano esplicitamente il Governo Renzi di essere un esecutivo dipendente dalle lobby delle fonti fossili e di trascurare le rinnovabili.
Quello che però non è forse chiarissimo ai non addetti ai lavori è che questo provvedimento non interessa il fu- turo del fotovoltaico, quanto piuttosto il suo passato o, meglio, la sua recente rapida ascesa. Ancora dieci anni fa, infatti, il solare italiano era una tecnologia tutto sommato sperimentale e ben poco diffusa, con un’influenza minima sul sistema elettrico. Questo stato di cose è cominciato a cambiare soltanto con l’introduzione del meccanismo di incentivazione del Conto Energia, ossia il regime che ha sostenuto (attraverso cinque diverse edizioni), tra il 2005 e il 2013, l’installazione di impianti fotovoltaici nel nostro Paese, tramite un sistema feed in. In buona sostanza, ogni kWh di solare prodotto dai pannelli installati in quel periodo è compensato, per vent’anni dalla connessione alla rete dell’impianto, con una tariffa aggiuntiva. Una remunerazione che, in particolare per il secondo Conto Energia, è stata probabilmente eccessiva, favorendo soprattutto l’installazione di grandi impianti a terra, piuttosto che le piccole installazioni residenziali o integrate della generazione distribuita.
Quel che è certo è che c’è stata una rivoluzione energetica (ad oggi 19 GW di fotovoltaico installati), che ha prodotto degli effetti positivi sul mercato elettrico, dove il prezzo di Borsa è precipitato ai minimi termini e centinaia di ore l’anno sono vendute a costo zero (proprio per l’influenza delle rinnovabili), con effetti che dovrebbero essere prima o poi benèfici anche per i consumatori finali. Nel breve termine, al contrario, il peso dell’incentivazione al fotovoltaico (6,7 miliardi di euro l’anno) ha sicuramente prodotto un innalzamento delle bollette elettriche pagate da famiglie e imprese, poiché i sussidi al solare sono sostenuti da tutti gli utenti elettrici italiani, attraverso la componente A3. Ecco perché, da un paio d’anni a questa parte, la possibilità di un intervento del Governo per alleggerire il peso degli incentivi era pubblicamente discussa e, dunque, in qualche modo attesa. Il modo in cui il Governo ha scelto di intervenire, però, è stato a dir poco irruento, tanto che la possibilità che gli operatori ottengano il blocco totale o parziale del- lo spalma incentivi da parte di Bruxelles appare tutt’altro che remota. Ma andiamo con ordine: innanzitutto occorre sottolineare come lo spalma incentivi, varato nell’ambito del decreto Competitività dello scorso 26 giugno, rappresenti la principale fonte di finanziamento del taglio del 10% delle bollette delle PMI promesso dallo stesso decreto. Circa 12mila impianti (tutti quelli sopra i 200 kW), una percentuale pari al 2,5% di tutte le installazioni solari nazionali, sono interessati dal provvedimento. Ma questo 2,5% pesa per il 60% sulla quantità degli incentivi erogati (i famosi 6,7 miliardi di euro l’anno), perché si tratta, per l’appunto, degli impianti più grandi e importanti. Cosa dice la versione definitiva del provvedimento, ratificato dalle Camere lo scorso agosto? I proprietari dei parchi solari oltre i 200 kW avranno tre possibilità a disposizione: spalmare l’incentivo su 24 anni (invece che 20), ricalcolandolo secondo una percentuale di riduzione che va dal 25% per un periodo resi- duo di 12 anni al 17% per chi è oltre 19 anni. Oppure potranno mantenere il periodo di incentivazione a 20 anni, ma rimodulando la tariffa in modo che ci sia una prima fase in cui viene ridotta e una seconda in cui sarà incrementata in pari misura. Infine, in caso di mancata scelta delle altre due opzioni, scatterà in automatico l’introduzione di 3 scaglioni di diminuzione dell’incentivo a seconda della potenza (del 6% per gli impianti tra 200 e 500 kW, del 7% fino a 900 kW e dell’8% sopra tale soglia).
In buona sostanza, come si può capire, lo spalma incentivi ha un carattere obbligatoriamente retroattivo: entrambe le tre possibilità di scelta, infatti, vanno a modificare i contratti liberamente stipulati tra lo Stato e i soggetti privati negli scorsi anni. Modifiche che, senza dubbio, andranno a incidere in negativo sui business plan e sulle redditività degli investimenti. Tanto che il Parlamento, conscio dei problemi che questa norma pone agli operatori, ha lanciato una sorta di scialuppa di salvataggio: infatti, è prevista la possibilità per i beneficiari di incentivi pluriennali per il fotovoltaico di cedere una quota, fino all’80%, a un “acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei”. Inoltre, il Governo potrà fare “accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale di beneficiari di contratti di finanziamento”. Queste formule, al momento, sono però vaghe e non stupisce, dunque, che l’opposizione del mondo delle rinnovabili resti netta: assoRinnovabili, in particolare, ha deciso, insieme ad una cinquantina di grandi operatori foto- voltaici, di chiedere alla Commissione Europea l’apertura di una procedura di infrazione contro lo Stato italiano. L’obiettivo è dimostrare la violazione del Trattato sulla Carta dell’Energia, che tutela gli investimenti nei Paesi aderenti. A livello italiano, invece, si mira a ottenere la dichiarazione di incostituzionalità dello “spalma incentivi”. Insomma, lo spalma incentivi ha prodotto l’effetto di aumentare la tensione nel mondo delle rinnovabili e aperto la strada a una nuova e sfibrante contesa giudiziaria. Si poteva ottenere lo stesso risultato (la giusta riduzione delle bollette delle PMI) in altro modo? Probabilmente l’emissione di bond (che avrebbero coperto per alcuni anni il peso degli incentivi) sarebbe stato un buon compromesso, ma ormai il dado è stato tratto. E la parola, ancora una volta, passa ai Tribunali.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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