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Tekneco #14 – Politiche pubbliche

Cogenerazione: la rotta giusta verso gli incentivi

Da quest’anno i sistemi cogenerativi possono contare anche sui certificati bianchi. Ascomac chiede un sostegno all’investimento

Scritto da il 13 marzo 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Cogenerazione: la rotta giusta verso gli incentivi

La cogenerazione, soprattutto di recente, può contare su un sistema articolato di incentivi diretti e indiretti. Per accedere a buona parte di questi sostegni è cruciale che l’impianto sia riconosciuto come Car (cogenerazione ad alto rendimento): secondo la definizione ufficiale, l’impianto cogenerativo è in questa condizione quando la produzione combinata di energia elettrica e calore fornisce un risparmio di energia primaria pari almeno al 10% rispetto ai valori di riferimento per la generazione separata di elettricità e di calore; oppure si deve realizzare la produzione combinata di energia elettrica e calore mediante unità di piccola cogenerazione e di microcogenerazione (cioè di potenza rispettivamente inferiore a 1 MW e inferiore a 50 kW) che forniscono un risparmio di energia primaria.

In particolare, sul fronte del combustibile, la cogenerazione può sfruttare – come tutti i sistemi di autoproduzione elettrica – una parziale defiscalizzazione dell’accisa sul combustibile utilizzato. Per il gas naturale non viene applicata l’accisa su 0.22 Nm3 di gas ogni kWh prodotto (tutto il gas utilizzato risulta defiscalizzato se l’impianto ha un rendimento elettrico maggiore o uguale al 46% circa). Se soddisfa i criteri stabiliti dalle delibere Aeeg l’impianto acquisisce, come tutte le installazioni da fonte rinnovabile, un diritto alla priorità di dispacciamento, ossia la possibilità di vedersi ritirare dal Gse l’eventuale energia elettrica cedibile alla rete con priorità rispetto agli altri impianti di generazione.

Un tema importante è, naturalmente, la valorizzazione dell’energia elettrica ceduta alla rete; la legislazione recente garantisce il vantaggio ai sistemi di cogenerazione ad alta efficienza sotto ai 200 kW di accedere al regime di «scambio sul posto». Inoltre, c’è la possibilità di vedersi applicate condizioni tecnico-economiche semplificate per la connessione alla rete elettrica.

Una novità, partita di fatto all’inizio del 2013, è legata all’acquisizione dei titoli di efficienza energetica (Tee) o Certificati bianchi, che sono varati in generale per tutte le iniziative di risparmio energetico, con valore negli ultimi anni prossimo a 80-100 euro per Tep (Tonnellata equivalente di petrolio) risparmiata. Semplificando al massimo, questi incentivi sono rilasciati per un periodo di 10 anni agli impianti di produzione (15 anni per le installazioni abbinate al teleriscaldamento). Il legislatore ha previsto l’applicazione di un coefficiente (k) differenziato per cinque scaglioni di potenza, in modo da poter tenere conto dei diversi rendimenti medi degli impianti.

La gestione della misura è affidata al Gse (e non più quindi all’Aeeg), cui l’operatore si deve rivolgere per richiedere la qualifica di Car e che, annualmente, riconoscerà all’operatore stesso un incentivo corrispondente agli effettivi risparmi di energia primaria conseguiti e misurati. Nel caso particolare degli impianti Chp alimentati a biomasse, invece, il sostegno avviene con due metodi alternativi: innanzitutto tramite la tariffa omnicomprensiva, che prevede la retribuzione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto e ceduta alla rete nazionale alla tariffa di 0,28 €/kWh; la seconda alternativa è costituita dal rilascio dei certificati verdi che possono essere venduti sull’apposito mercato, in aggiunta alla vendita dell’energia generata.

Per gli impianti con potenza elettrica inferiore a 1 MW la scelta tra le due tariffe è a discrezione dell’autoproduttore, mentre al di sopra del MW di potenza elettrica l’unica tariffa ammessa è quella della vendita dell’energia elettrica sul mercato più i certificati verdi. Secondo gli esperti, gli ecoincentivi permettono di ammortizzare un impianto di bio-cogenerazione in tempi particolarmente veloci. Molto importante, per quanto riguarda l’ambito residenziale, è il riconoscimento della microcogenerazione e della microtrigenerazione tra le tecnologie ammesse a godere della detrazione fiscale sulla riqualificazione energetica (che dovrebbe essere mantenuta al 65% per tutto il 2014).

Nonostante questo quadro piuttosto ampio e variegato di sussidi diretti e indiretti, gli operatori della cogenerazione sono poco soddisfatti e da tempo reclamano l’introduzione di nuove modalità di sostegno. In particolare, secondo Ascomac Cogena, a livello europeo, in luogo dello strumento “cap and trade” (basato su emissioni nei territori dei singoli Stati), si dovrebbe arrivare a una riduzione/esenzione della tassazione dei prodotti a più basso contenuto di carbonio, così da contrastare i fenomeni di dumping ambientale.

Da un punto di vista pratico, questa impostazione comporta la revisione della disciplina delle accise e dell’Iva sui prodotti energetici in funzione del loro contenuto di carbonio, nonché la destinazione del gettito derivante dalla introduzione della carbon tax, sostitutiva dello strumento cap and trade, al finanziamento dell’efficienza energetica a tutto campo, in particolare in ambito edilizio. Oltre al punto fiscale, Cogena insiste molto sulla necessità di passare da un sistema basato sul sostegno all’esercizio (come quello attuale) a uno basato sull’aiuto all’investimento, che rappresenta uno dei principali ostacoli alla diffusione ulteriore dei sistemi Chp.

La fiscalità generale – e non le bollette elettriche dei consumatori – dovrebbe quindi supportare le tecnologie a basso impatto ambientale anche nei processi di riconversione industriale dei siti di interesse nazionale contaminati, al fine di attivare crescita e occupazione “verde”. In generale ci dovrebbe essere – ribadisce l’associazione – una maggiore valorizzazione nella bolletta energetica della sola energia prodotta, autoprodotta o consumata (e non più anche della tecnologia che la genera). Tutte queste misure di sostegno avrebbero senza dubbio un costo elevato (2,3 miliardi di euro al 2030 secondo una rilevazione Agici), ma alla fine il beneficio netto per la collettività sarebbe importante: si tratta di ben 5,8 miliardi di euro sull’orizzonte temporale 2013-2030, derivanti soprattutto dalle minori importazioni di gas e dall’impatto positivo sull’economia italiana.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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