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Un arrivo sicuro (con percorso a ostacoli) | Tekneco

Tekneco #14 – Cogenerazione

Un arrivo sicuro (con percorso a ostacoli)

La cogenerazione è una tecnologia in grado di assicurare un risparmio di energia rispetto alla produzione separata di elettricità e calore. Le prospettive di sviluppo

Scritto da il 11 marzo 2014 alle 8:30 | 0 commenti

Un arrivo sicuro (con percorso a ostacoli)

L’idea alla base della cogenerazione è molto semplice: in ogni ciclo termodinamico, che genera energia elettrica utilizzando come fonte energetica calore ad alta temperatura, è necessario cedere calore a più bassa temperatura, in genere all’ambiente esterno. Questa cessione, a tutti gli effetti, rappresenta una perdita che penalizza le prestazioni energetiche del ciclo motore. Se questo calore, in tutto o in parte, è invece recuperato, si realizza un processo cogenerativo e si migliora l’efficienza termodinamica del processo stesso.

Come spiega con un esempio comprensibile a tutti Dario Di Santo, presidente del Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia), “Le automobili in inverno sono cogenerative, infatti viene recuperato parte del calore del motore per riscaldare l’abitacolo. L’energia del combustibile non solo serve a muovere il veicolo e a generare energia elettrica per vari servizi ausiliari, ma fornisce anche il servizio di riscaldamento. Tale calore, invece, il resto dell’anno viene disperso nell’ambiente attraverso i gas di scarico e il radiatore. Allo stesso modo i motori e le turbine utilizzati per la generazione elettrica possono prevedere il recupero del calore di scarto per usi di riscaldamento, processi industriali (essiccazione, pastorizzazione, produzione di vapore, ecc.) e raffrescamento”.

I vantaggi sono innanzitutto dal punto di vista dell’efficienza: la generazione di energia elettrica da fonti fossili ha rendimenti di solito compresi tra il 20 e il 55%. Gli stessi impianti, se funzionanti in cogenerazione, ossia recuperando il calore altrimenti disperso nell’ambiente, possono raggiungere rendimenti tra il 70 e il 90%. Vero è che energia termica ed energia elettrica hanno qualità diverse e considerare solo il rendimento totale sarebbe riduttivo. La bontà della cogenerazione si valuta perciò rispetto alla produzione separata di elettricità ed energia termica con un apposito indice di prestazione, chiamato Pes (Primary energy saving index). Gli impianti cogenerativi permettono un risparmio di combustibile tra il 10 e il 30% rispetto alla generazione separata, con notevoli vantaggi energetici e, di conseguenza, ambientali.

Da un punto di vista tecnologico un sistema cogenerativo (Combined heat and power in inglese, Chp) è costituito da un impianto motore primo e da un generatore elettrico che, mosso dall’impianto motore, è in grado di produrre elettricità, e da recuperatori di calore (scambiatori). Per quanto riguarda i motori primi, le tecnologie a oggi maggiormente impiegate sono gli impianti turbogas, utilizzati in ciclo semplice con recupero di calore per la cogenerazione direttamente dai gas di scarico, o in ciclo combinato, che consiste nel recupero di calore per la cogenerazione dopo aver impiegato i gas di scarico anche per la produzione di vapore di alimento per una turbina a vapore. Un’altra possibilità è quella degli impianti a vapore, che possono essere a contropressione, se il calore è recuperato dal vapore scaricato dalla turbina, o a spillamento, se il calore è ottenuto da vapore estratto in uno stadio intermedio della turbina. Infine, ci sono i motori alternativi a combustione interna, a ciclo Diesel o ciclo Otto, dove, in entrambi i casi, il calore proviene principalmente dai gas di scarico e dal liquido di raffreddamento del corpo motore.

Un aspetto significativo da sottolineare è che il motore, a seconda delle tipologie, può essere alimentato con combustibili fossili (gas naturale, oli combustibili) o mediante biocombustibili rinnovabili (biogas, biocombustibili liquidi) o di risulta (Rsu e derivati). Tecnologicamente parlando, la cogenerazione a gas naturale fino a qualche MW di potenza elettrica è dominata da motori alternativi a combustione interna e turbine a gas, mentre per quella alimentata a biomasse la situazione è più varia. Se la biomassa è liquida (oli vegetali) o gassosa (biogas) di solito si utilizzano motori alternativi a combustione interna. Se invece si parte da biomassa solida, spesso si utilizzano cicli a combustione esterna (a fluido organico, a vapore o in alcuni casi ad aria), ma ci sono anche impianti di gassificazione, che producono un gas utilizzabile nei motori alternativi. Sono inoltre in crescita applicazioni come gli Orc (cicli Rankine organici), capaci di produrre elettricità a partire dal calore di scarto di processi o di generatori elettrici, oltre che da combustibili tradizionali e rinnovabili.

Un primo beneficio ambientale della cogenerazione è legato al fatto che, grazie al recupero termico, è possibile evitare il mantenimento in esercizio della caldaia, risparmiando quindi le emissioni della stessa. Inoltre, producendo energia elettrica, non c’è necessità di far funzionare le centrali elettriche convenzionali, risparmiando le corrispondenti emissioni. Si assiste anche a un decremento delle perdite di trasmissione, poiché di norma l’impianto è localizzato vicino all’utente finale, rendendo minime le perdite per la distribuzione e il trasporto dell’energia.

Date queste caratteristiche, è indubbio che, dal punto di vista dell’utente, la cogenerazione sia in grado di abbattere i costi delle bollette energetiche. “Il tempo di ritorno – spiega Di Santo – dipende soprattutto dalle ore di utilizzo all’anno dell’impianto. Impianti industriali – in alcuni casi anche civili – che funzionano 8.000 ore all’anno possono avere tempi di ritorno intorno ai tre anni, mentre impianti civili, con meno della metà delle ore di funzionamento e taglie minori, ma con un vantaggio fiscale, possono avere tempi di ritorno intorno ai cinque anni o superiori. I tempi si allungano nel caso del teleriscaldamento, per l’incidenza della rete, ma in tal caso anche la vita utile si allunga di pari passo”.

Ma esistono anche altri benefici, di norma poco considerati. Non trascurabile, infatti, è la maggiore sicurezza negli approvvigionamenti elettrici, poiché i sistemi Chp assicurano la possibilità di funzionare anche “in isola” a fronte di improvvisi black-out. La cogenerazione, inoltre, può assicurare la copertura del peak shaving energetico, permettendo di far fronte alle richieste di potenza elevate, che si presentano normalmente soltanto per limitati periodi temporali. Non meno importante è il contributo assicurato alla qualità delle forniture energetiche, grazie alla capacità di garantire tensione e frequenza costante a salvaguardia di un processo produttivo. Lo sviluppo della cogenerazione, inoltre, può essere d’aiuto per l’intero sistema energetico nazionale, innanzitutto perché il minor impiego di combustibili fossili consente di diminuire la dipendenza dall’estero, nonché di contenere le emissioni inquinanti. Senza dimenticare che la diffusione della cogenerazione favorisce la riduzione del sovraccarico delle linee di trasmissione, nonché un aumento dell’affidabilità del sistema elettrico, evitando la costruzione di ulteriori centrali di generazione di tipo tradizionale o di nuove linee di trasmissione.

Tutto oro, insomma, quel che luccica? In realtà anche la cogenerazione, come tutte le fonti di generazione, presenta dei limiti che è bene tenere in considerazione, innanzitutto da un punto di vista tecnologico. Il primo è che la convenienza energetica ed economica c’è solo in presenza e vicinanza dell’utenza termica. È dunque necessario che nelle vicinanze dell’impianto cogenerativo sia presente una domanda di energia termica, industriale o civile. Altro punto è la contemporaneità delle utenze, che comporta la necessità che la richiesta di energia termica ed elettrica avvenga nello stesso momento. Gli impianti, poi, devono essere flessibili, la domanda di calore ed energia elettrica può variare a seconda dei momenti, dunque è importante che un sistema cogenerativo sia in grado di modificare il rapporto di cogenerazione.

Altri aspetti sono di carattere più generale. Nonostante questa tecnologia sia diffusa ormai da decenni, i costi iniziali di investimento restano superiori rispetto ai sistemi tradizionali (caldaie più allaccio alla rete) e anche la gestione complessiva dell’impianto è fondamentalmente più complicata. Altri elementi che scoraggiano non poco i potenziali interessati sono le cosiddette barriere non tecniche, ossia i costi burocratici, autorizzativi e fiscali, legati inevitabilmente alla realizzazione di un impianto. Infine, occorre considerare che la redditività della cogenerazione resta legata al quadro normativo/tariffario che, ovviamente, è variabile nel tempo. Le variabili in gioco, insomma, sono tante e per questo non è semplice tirare le somme delle prospettive della tecnologia della cogenerazione che, è bene ricordarlo, ha già alle spalle una storia lunga e non è certo “nuova” come le energie alternative (eolico, fotovoltaico, ecc).

Per quanto riguarda l’Italia, i dati del Gse relativi al 2010 riportano che in Italia erano installati circa 24 GW elettrici di impianti cogenerativi, di cui circa 10 GWe ad alto rendimento (CAR), ossia con PES superiori al 10%. Un recente studio di Enel sull’efficienza energetica, in realtà, non è particolarmente ottimista sulle prospettive del settore, tanto da concentrare la sua attenzione esclusivamente sulle applicazioni a uso industriale, in quanto la cogenerazione di taglia micro è ritenuta lontana da soglie di convenienza e, fondamentalmente, immatura. La cogenerazione avrebbe dunque un buon potenziale di medio periodo (2020) con un risparmio teorico annuo di circa 7,5 TWh, pari al 5% del fabbisogno elettrico totale del settore industriale.

Anche le stime del Fire non prevedono particolari exploit: “Un articolo realizzato da Gse e Rse nel 2010 ipotizza un potenziale aggiuntivo al 2020 nell’ordine dei 2,5 GWe, di cui 0,4 GWe nel terziario, 0,7 GWe nel residenziale e 1,4 GWe nell’industria, ossia un aumento del 25% circa rispetto alla situazione attuale. Nel settore industriale il vero limite è legato alla fase di transizione legata alla crisi, per cui la domanda di energia termica non ha sempre quelle caratteristiche di costanza che garantiscono i rientri economici più rapidi. Malgrado ciò si stanno sviluppando applicazioni improntate a una produzione flessibile e a un bilanciamento ottimale della produzione elettrica e termica”, spiega il presidente dell’associazione.

Numeri, insomma, non straordinari, anche se con ulteriori miglioramenti tecnologici, che potrebbero abbassare il costo dell’investimento, uniti a un sistema di incentivazione adeguato (rivolto sia alla ricerca che all’adozione), la cogenerazione potrebbe esprimere completamente il buon potenziale del quale è accreditata dagli operatori di mercato nel medio periodo. La tecnologia, però, in assenza di incentivi appare poco sostenibile dal punto di vista economico, con tempi di pay-back al limite dell’accettabile, nonostante un costo al kWh risparmiato ampiamente sostenibile, conclude abbastanza negativamente lo studio Enel. Più ottimiste sono le prospettive del progetto Code, che ha analizzato lo stato della cogenerazione in Europa, stimando l’esistenza di un potenziale di incremento della potenza elettrica installata sino a 122 GW, capace di fornire 455 TWh/anno di energia elettrica e 1.000 TWh/anno di energia termica. Questi dati rappresentano un potenziale risparmio di energia primaria pari a circa 46 TWh l’anno e di 20,5 tonnellate di CO2.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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