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L’efficienza energetica negli edifici: quali soluzioni tecnologiche più convenienti?
Uno studio condotto dall'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano fa il punto sul potenziale di risparmio/produzione in tema di efficienza energetica degli edifici
Nel nostro Paese i consumi annui che possono essere fatti risalire agli edifici rappresentano circa il 36% del consumo energetico complessivo italiano che è pari a 133 Mtep, percentuale solo leggermente inferiore alla media europea (circa il 40%). In compenso, però, l’Italia è al primo posto in Europa per quanto riguarda la percentuale di emissioni di CO₂ (17,5% sul totale europeo) imputabile agli usi energetici nel comparto abitativo. Dei circa 13,7 mln di edifici esistenti in Italia, 12,1 mln sono adibiti a uso residenziale e i restanti 1,6 mln a uso non residenziale. Quasi il 70% di questi edifici è stato realizzato prima che venisse introdotta qualsiasi norma sull’efficienza energetica in edilizia, ossia prima del 1976. Giova ricordare, da ultimo, che la riduzione dei consumi energetici è ancora più importante se si tiene conto che l’Italia si contraddistingue in Europa per l’elevata dipendenza energetica (l’85% del fabbisogno è importato).
Il Piano e la bozza di Direttiva Europea sull’efficienza energetica presentata dalla Commissione Europea nel mese di Giugno 2011 definiscono con chiarezza l’intenzione delle istituzioni comunitarie di attribuire agli interventi di efficienza energetica negli edifici, tanto fabbricati residenziali quanto non residenziali, un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi del “Pacchetto 20-20-20”. Analizzando le tecnologie impiantistiche (sistemi di illuminazione, elettrodomestici, tecnologie efficienti per la produzione di energia termica e sistemi di building automation), quelle che interessano la struttura dell’edificio (sostanzialmente chiusure trasparenti e strutture opache, oltre alle soluzioni per la progettazione energeticamente efficiente degli edifici) e le tecnologie per la generazione in loco di energia (impianti fotovoltaici, eolici, i sistemi solari termici e le caldaie a biomassa solida) si arriva a conclusioni interessanti che permettono di distinguere le tecnologie in tre categorie:
- le tecnologie per cui la convenienza “assoluta” (ovvero senza alcuna incentivazione) si ha già oggi in qualsiasi contesto di adozione. Fra queste spiccano le tecnologie per l’illuminazione, che si accompagnano in questa categoria alle soluzioni per il fabbisogno termico degli edifici: le caldaie a condensazione, le pompe di calore, i sistemi di isolamento delle coperture e del suolo e, forse un po’ sorprendentemente, le caldaie a biomassa (che con 12 TWh di energia termica prodotta annualmente e una convenienza “assoluta” di -1% rappresentano uno dei principali contributori) evidentemente “premiate” dal rendimento energetico che è più elevato per le fonti termiche rispetto a quelle elettriche. Per tutte queste tecnologie, anche in assenza di forme di incentivazione, sussiste una convenienza “assoluta” nell’effettuare l’investimento che varia dal punto percentuale delle caldaie a biomassa al caso limite dell’illuminazione per i nuovi edifici (-106%);
- le tecnologie che risultano convenienti soltanto se adottate congiuntamente alla realizzazione di un nuovo edificio. Rientrano in questa categoria, andando a ritroso da quelle più convenienti, le soluzioni di building automation (che consentono di risparmiare quasi il 50% del costo dell’energia rispetto alla soluzione “tradizionale”), gli elettrodomestici del freddo e le chiusure vetrate;
- le tecnologie per cui, indipendentemente dal contesto di riferimento, non vi è la convenienza “assoluta” dell’investimento. In questa categoria rientrano le restanti tecnologie di generazione energetica da fonti rinnovabili e le soluzioni di efficienza energetica relative agli elettrodomestici del lavaggio. In particolare per questi ultimi il costo di investimento e gestione delle soluzioni energeticamente più efficienti è abbondantemente oltre il doppio rispetto all’effetto di risparmio sull’acquisto di energia, precisamente il 350% per gli edifici esistenti e il 141% per quelli di nuova realizzazione. Per completezza vanno inserite in questa categoria (anche se riferite ovviamente solo agli edifici esistenti) le soluzioni per l’efficienza energetica relative all’adozione del cappotto e isolamento delle pareti, che sono prossime alla soglia di convenienza assoluta, ed anzi proprio per questo, aiutate da un sistema di incentivazione quale quello della detrazione Irpef al 55%, rappresentano le tecnologie di questa categoria ad aver dato sino ad ora uno dei maggiori contributi (4,32 TWh termici) in termini di riduzione dei consumi.
Residenziale
Qui risiede la larghissima parte del potenziale di intervento. Il 73% degli oltre 148 TWh elettrici complessivamente risparmiabili e l’88% dei quasi 654 TWh termici che possono essere il risultato di interventi di riduzione dei consumi sono da imputarsi agli edifici residenziali. Il ruolo degli edifici non residenziali (e fra questi in particolare vanno segnalate le scuole-università, gli uffici e gli edifici industriali) è nonostante tutto relativamente marginale, soprattutto per quanto riguarda gli impieghi termici, mentre in relazione al consumo elettrico è possibile accreditare ai building non utilizzati a fini abitativi il 27% dei teorici risparmi. Se si trasformano i TWh elettrici e termici in Tep, il potenziale teorico derivante dall’adozione di soluzioni di efficientamento energetico in Italia da qui al 2016 (senza tener conto di quanto già è stato fatto sino al 2011) è pari complessivamente a circa 44 mln Tep. Un valore, quindi, ben più elevato (circa 3 volte tanto) dei circa 16 mln tep che l’Italia si è posta come obiettivo nel Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica (Paee) che è stato approvato nel 2011. E’ evidente che in questo squilibrio vi sia anche da considerare il “punto di partenza”, ossia la relativa “arretratezza” del nostro parco edilizio che offre quindi enormi spazi di miglioramento, ma è anche altrettanto evidente come il puntare sull’efficienza energetica possa rappresentare una leva poderosa per un “rinnovamento accelerato” che rimetta l’Italia, anche da questo punto di vista, al passo con l’Europa.
Accendiamo di meno
Ben diversa la situazione se si guarda alle stime di penetrazione. Per quanto riguarda i consumi elettrici la riduzione che si ritiene possa essere ragionevolmente acquisita da qui al 2016 attraverso l’adozione di soluzioni di efficientamento energetico è pari a 21,6 TWh, ossia solo poco più del 14% del potenziale teorico; il risparmio energetico invece imputabile ad azioni di efficientamento dei consumi termici, sul medesimo orizzonte e con le medesime ipotesi del precedente, può essere ragionevolmente stimato in 118 TWh termici, circa il 18% (ossia appena più significativo del caso elettrico) del potenziale teorico. Se si “traducono” i dati di penetrazione del mercato si ottiene un potenziale di risparmio ragionevolmente acquisibile da qui al 2016 pari a 9,9 mln Tep, a cui vanno aggiunti 3,8 mln Tep già risultanti dalla base attualmente “installata”. In altre parole, significa che l’impatto dell’adozione delle tecnologie per l’efficienza energetica entro il 2016 sarà, secondo le nostre stime, ragionevolmente superiore (13,7 mln Tep) rispetto ai 10,8 mln Ttep che era stabilito inizialmente nel Paee approvato nel 2007. Se si proietta, poi, il risparmio acquisibile entro il 2016 sull’orizzonte al 2020 si ottiene un valore pari a 21,5 mln Tep, oltre il 30% in più rispetto al valore soglia definito nel Paee.
Marco Alberti, Davide Chiaroni e Federico Frattini – Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano
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Manuel
scrive il 11 febbraio 2012 alle ore 13:35
Bellissimo articolo: una visione perfetta dell'imminente futuro che porterà ad una sinergia sempre più costante tra edile e rinnovabile, e ad una rivoluzione delle aziende che ci lavorano.