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Dazi e dumping, ecco la guerra delle rinnovabili

Il governo USA ha deciso misure antidumping sui pannelli solari cinesi. È solo l'ultima delle battaglie globali per non perdere quote di mercato green

Scritto da il 04 giugno 2012 alle 8:22 | 0 commenti

Dazi e dumping, ecco la guerra delle rinnovabili

Anche nella green economy si combatte una battaglia piuttosto aspra. È quella che mette in contrapposizione colossi come Usa, Cina e Unione europea, in una continua e logorante guerra giocata con armi quali dazi e restrizioni doganali.

L’ultima della serie è quella ingaggiata dall’amministrazione Obama che ha annunciato pesanti misure antidumping sull’importazione di pannelli solari dalla Cina: si parla di tariffe imposte che variano dal +31% al +249% e sono destinate a 60 importatori cinesi tra cui spicca la Suntech, leader mondiale del settore, e Trina Solar. Le tariffe annunciate si sommano ai dazi del 2,9%-4,73% in vigore da marzo (che già scaterano dure critiche da parte di Pechino).

Da Washington hanno fatto sapere che a motivare questa decisione, una delle più dure nella storia americana, è stata l’inondazione del mercato americano di prodotti realizzati con i sussidi del governo e quindi troppo competitivi. La misura ha sollevato naturalmente l’ira della Repubblica popolare che ha fatto sapere, a voce del portavoce del ministero del commercio cinese, Shen Danyang, che i dazi Usa sono un provvedimento “protezionistico e scorretto”.

Anche la stessa Cina è stata anch’essa accusata di eccessivo protezionismo. A farlo è stata l’Unione europea attraverso Marc Vanheukelen, capo gabinetto del Commissario europeo all’Ambiente Karel De Gucht dicendo che la Repubblica popolare “ha sfruttato gli incentivi europei alle rinnovabili ma ha dato vita ad un rapporto fortemente sbilanciato perché continua ad applicare forti dazi che penalizzano le aziende europee”. Anche le imprese europee di energia rinnovabile parrebbero sostenere che il mercato cinese resta riservato alle imprese locali: sono solo loro che possono accedere agli ingenti incentivi stanziati da Pechino.

Le terre rare e i tagli all’import della Cina

Di certo la Cina non ricorda forse nemmeno la sua politica restrittiva messa in atto sull’esportazione di terre rare. Stiamo parlando di tutti quei materiali molto poco presenti in natura e molto ambiti dall’industria rinnovabile: neodimio, lantanio, cerio, erbio, europio… e diversi altri che compongono una lista particolarmente ambita dai produttori tanto di tecnologie avanzate quanto di turbine eoliche, batterie dei veicoli elettrici o plug-in e celle a combustibile, ossia una parte consistente del settore green.

Bene, nel 2010 il governo di Pechino decise di ridurre le esportazioni del 40% e poi provvide a un’ulteriore pesante taglio nel primo semestre 2011, con circa 35% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010. Furono decisioni legate al piano per il periodo 2010-2015 finalizzato proprio a limitare fortemente l’esportazione di questi metalli rari per destinarlo alla produzione interna.

Già alla prima stretta gli Stati Uniti cercarono di correre ai ripari puntando sulla ricerca: in particolare il Doe (Dipartimento dell’Energia Usa), guidato dal premio Nobel per la Fisica Steven Chu, pubblicò un rapporto che oltre a esaminare il ruolo delle terre rare analizzava soluzioni alternative per l’approvvigionamento di questi materiali, delineando una strategia a medio termine per ridurre la dipendenza dalla produzione e dalle esportazioni cinesi entro i prossimi 15 anni. Lo studio esortava il governo non solo ad incrementare la ricerca e l’estrazione domestica oppure pratiche utili come il riciclo, ma anche a rafforzare i contatti diplomatici con nazioni “amiche” quali i Paesi dell’Unione europea.

Di fatto si è arrivati qualche mese fa al ricorso intentato da Usa, Ue e Giappone alla Wto contro le limitazioni cinesi ma la decisione non ha certo fatto cambiare idea a Pechino tanto che il ministro cinese dell’industria e dell’informazione Miao Wei, ha affermato: “La Cina prepara la sua difesa nel caso che gli Usa ed altri Paesi depositino una denuncia riguardante la questione delle terre rare davanti all’Organizzazione mondiale del commercio”.

L’Ue e i dazi al biodiesel Usa

Usa e Ue, come detto, unite contro la Cina e sempre alleate? Non proprio. C’è infatti il caso in cui l’Unione europea “si è messa contro” agli States: ci stiamo riferendo alla decisione dell’Ecofin, ossia il Consiglio europeo dei ministri dell’Economia, che adottò nel 2009 il regolamento che impone dazi antidumping e compensativi sul biodiesel importato dagli Usa nell’Unione europea. Con questo provvedimento furono rese definitive, per un periodo di cinque anni, le misure stabilite dalla Commissione a marzo per tutelare l’industria europea di biodiesel e riequilibrare lo svantaggio accumulato dai produttori europei nei confronti dei loro concorrenti statunitensi.


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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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