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Fonti rinnovabili

Biomasse: regolamentazione e prospettive future

Riccardo Terruzzi, project manager del Biomass Energy report 2012 spiega "un comparto che viaggia a diverse velocità" e i ritardi sugli incentivi

Scritto da il 27 agosto 2012 alle 8:30 | 0 commenti

Biomasse: regolamentazione e prospettive future

Photo: flickr.com - rfduck


Fonti rinnovabili. Non più solo eolico e fotovoltaico, perché un ruolo sempre più importante, nella generazione pulita, lo stanno giocando le biomasse. Filiere diversificate di prodotti: i residui forestali, biogas, i rifiuti solidi urbani e gli oli vegetali vengono utilizzati per la produzione di energia elettrica e termica. I biocarburanti, invece, vengono impiegati per alimentare l’autotrazione. Secondo il Biomass Energy Report 2012 dell’Energy & Strategy Group realizzato dal Politecnico di Milano, a fine 2011 gli impianti di generazione di elettricità da biomasse erano il 7% della potenza installata in Italia da rinnovabili, e il 13% dell’energia prodotta. Riccardo Terruzzi, project manager del report e ricercatore del Politecnico, ci spiega le tendenze di comparto.

L’edizione 2011 del vostro rapporto raccontava di un comparto che viaggiava a diverse velocità. Il quadro è rimasto immutato?
Il mercato delle bioenergie lo scorso anno ha mostrato di muoversi a “tre velocità”, con una crescita “sostenuta” soprattutto nel caso del biogas agricolo, che ha registrato nuove installazioni per oltre 200 MW (il doppio rispetto all’installato alla fine dell’anno precedente), ma anche per le stufe caldaie a pellet che, ormai da qualche anno, aumentano al ritmo di 150.000 unità l’anno. Lo sviluppo è stato invece appena accennato in altre categorie, come nel caso del teleriscaldamento e delle biomasse agroforestali (scarti legnosi e agricoli impiegati per la produzione di energia elettrica), che hanno visto percentuali di incremento dell’installato complessivo nell’ultimo anno nell’ordine di 4-5 punti. Sostanzialmente “fermi”, invece, sono stati i numeri degli impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti. Infine, nella produzione di energia da oli vegetali, c’è stato addirittura un calo del 75% rispetto alle nuove installazioni del 2010.

Che peso ha avuto sullo sviluppo del comparto la mancata emanazione nel 2011 dei decreti attuativi del decreto rinnovabili?
La mancanza di una chiara direzione di sviluppo del settore sta influenzando e rallentando molto lo sviluppo di nuovi progetti. Il fenomeno potrebbe acuirsi soprattutto a partire dal 2013, anno nel quale il mercato può rischiare un vero e proprio blocco in assenza di una normativa chiara di riferimento.

Qual è il potenziale energetico del settore, sia per quanto riguarda la produzione termica che quella elettrica?
Dai dati del Pan (Piano di azione nazionale energetico), la produzione di energia termica da biomasse attesa al 2020 è pari a 5.720 ktep (66,5 TWh termici), mentre è di 3.580 ktep (19,2 TWh) il valore di riferimento per la generazione di elettricità. Abbiamo confrontato questo dato con il potenziale di produzione elettrica e termica derivante dalla ricognizione delle biomasse disponibili nel nostro territorio e dalla valutazione della loro potenziale valorizzazione energetica. Il raffronto è “allarmante” considerando che, secondo la nostra analisi, si potrebbero invece produrre circa 5.400 ktep (29,2 GWhe) di energia elettrica (+52% rispetto all’obiettivo) e solo 1.537 ktep (17,8 TWh) di energia termica (-272% rispetto al Pan). Paradossalmente si ha il maggior potenziale laddove oggi è più critica la situazione del sistema di incentivazione.

Cosa potrebbe cambiare per le biomasse con gli schemi di riforma del sistema incentivante predisposti dal Governo lo scorso aprile?
Lo Schema di Decreto, che deve essere ancora approvato in via definitiva, si basa su 4 pilastri: innanzitutto una transizione sostanzialmente indolore dal vecchio al nuovo sistema per gli impianti che entreranno in esercizio sino alla fine del 2012. Si tratta di un punto che chiaramente soddisfa gli operatori e, almeno dal punto di vista teorico, dovrebbe garantire una continuità degli investimenti per l’anno in corso (a differenza di quanto ad esempio era capitato al fotovoltaico nel 2011 in seguito all’approvazione del Decreto Rinnovabili). In secondo luogo a partire dal 2013 è previsto il ricorso al meccanismo del registro (per impianti da 50 kW a 5 MW) e alle aste al ribasso (per impianti sopra i 5 MW) per l’aggiudicazione delle tariffe incentivanti. Questa misura, invece, non fa che appesantire l’effetto e il peso della burocrazia, incrementando l’incertezza e i costi “nascosti” dell’adozione delle tecnologie per la produzione di energia da biomassa. Il provvedimento, inoltre, prevede un taglio delle tariffe che, sebbene discriminato per tipologia di biomassa, va a colpire in particolare gli impianti più grandi e in generale il biogas, ossia (quasi fosse una punizione) proprio quegli investimenti sui quali si stavano concentrando gli interessi del mercato. Il taglio è mediamente del 30% ed è mitigato soltanto in parte dalla presenza di “premi”, mirati a incentivare in maniera virtuosa le applicazioni cogenerative, l’efficientamento energetico dei processi e l’approvvigionamento locale della biomassa. Infine, è previsto un contingentamento complessivo delle nuove installazioni per il triennio 2013-2015: il Governo, di fatto, ammette all’incentivazione soltanto 880 MW di nuova potenza incentivabile, contro i quasi 1.500 MW installati invece nel triennio 2009-2011. In pratica, si costringe il mercato a ridursi di oltre il 40%.

Quali settori delle biomasse rimarranno interessanti per gli investitori dopo questa riforma?
Se si eccettuano – perché non interessate da modifiche – le tecnologie per la produzione termica, rimarranno sostenibili gli impianti a biogas, ma solo per i produttori o trasformatori di materia prima che quindi dispongono della biomassa, mentre diminuirà la convenienza per i produttori di energia, che possono contare sulle economie di scala garantite dalle centrali ma che hanno a che fare con maggiori costi logistici e di approvvigionamento.
Resteranno appetibili anche le caldaie a biomassa, ma solo per i trasformatori di materia prima che possono sfruttare gli impieghi cogenerativi per i loro processi industriali. Lo Schema di decreto, in buona sostanza, riduce l’ambito di sviluppo ai soli operatori che già dispongono della materia prima.

Quale dei diversi segmenti delle biomasse è oggi più vicino alla grid parity? Il settore è in grado nel breve periodo di funzionare anche senza incentivi?
La produzione di energia termica da biomassa è, comunque la si voglia guardare, già oggi e senza alcuno strumento di incentivazione, conveniente per quei segmenti di mercato per i quali essa ha senso dal punto di vista tecnologico.
La maggior parte delle tecnologie per la produzione di energia elettrica da biomassa si situano invece nell’area di indifferenza, ossia diventano “interessanti” per l’investitore solo in presenza di condizioni ottimali per quanto riguarda gli aspetti autorizzativi e la disponibilità di biomassa. In assenza di sistemi di incentivazione, quindi, soltanto pochi impianti best case (peraltro probabilmente in larga misura già compresi nell’installato attuale) possono oggi essere realizzati senza incentivi.

Le aziende italiane in quali settori e in quali parti della filiera delle biomasse sono più specializzate?
È importante sottolineare (e per qualcuno dei lettori potrà apparire anch’esso sorprendente) l’italianità della filiera delle soluzioni tecnologiche per la produzione di energia da biomasse. Su oltre 70 imprese fra le principali che operano nei diversi ambiti – i cui dettagli sono riportati nel Biomass Energy Executive Report – ben 61 (l’85%) sono italiane, così come sono italiani (almeno per gli impianti con taglie sino a 10 MW) i principali progettisti e installatori e gli operatori che si occupano (ove necessario, ad esempio, per gli impianti di combustione di biomasse agroforestali) della gestione e manutenzione degli impianti.

Prima avete accennato che il segmento delle biomasse che più spesso finisce sulle prime pagine dei giornali, quello della produzione energetica da rifiuti, è ancora in fase di stallo. A cosa si deve questa situazione?
Alla fine del 2011 erano 54 gli impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti in funzione nel nostro Paese, per una potenza elettrica complessiva pari a oltre 810 MW. Dopo il “balzo” del 2009, tuttavia, nel corso degli ultimi 2 anni la potenza installata non ha visto cambiamenti significativi, per la maggior parte dei casi poi dovuti alla ristrutturazione di impianti esistenti e non alla realizzazione di nuovi impianti.
È al momento in corso la valutazione di molti investimenti che potrebbero portare nei prossimi anni un potenziale incremento di circa il 20% della potenza elettrica di questi impianti, grazie alla ristrutturazione e ampliamento di alcuni impianti (Modena e Roma) e alla prevista costruzione di nuovi impianti a Torino, Bolzano, Parma, Albano, Modugno, Gioia Tauro.

Che andamento vi aspettate complessivamente per il mercato delle biomasse nel 2012?
I mercati delle biomasse registreranno andamenti simili al 2011, con una crescita confermata e numerose installazioni soprattutto nel comparto del biogas “agricolo”. In questo caso si assisterà al fenomeno di tantissimi impianti che entreranno in esercizio entro la fine del 2012 per poter accedere ancora all’incentivazione della tariffa onnicomprensiva. La vera sfida per il mercato sarà nel 2013, quando dovrebbe entrare in vigore, salvo proroghe dell’attuale normativa, il nuovo schema di sostegno pubblico al settore.


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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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