Tekneco #14 – Green city
Smart City: l’intelligenza delle città
Smart City: il presupposto essenziale per uno sviluppo delle città intelligenti è la crescita delle infrastrutture tecnologiche di trasmissione dei dati: In Italia c’è ancora da fare
Smart city. Tradotto città intelligenti. Ma cosa c’è oltre un semplice slogan che sembra essere diventato una moda? In realtà c’è molto, molto di più, ma potrebbe non essere tutto oro ciò che luccica, o meglio non tutte le tecnologie di cui si prevede l’applicazione potrebbero trovare impieghi concreti e mantenere le promesse. E la storia dei prodotti industriali ce lo ha dimostrato.
Gli Sms, per esempio, che generano volumi di traffico ad alta redditività, nei primi anni Novanta, quando iniziò a svilupparsi la telefonia cellulare, non erano per niente tenuti in considerazione come servizio utile dalle compagnie telefoniche, mentre, al contrario, tecnologie sulle quali le aziende hanno puntato fortemente, come il videotelefono, sono state spesso un flop commerciale. Il problema insito nelle nuove tecnologie è che, se non sono sufficientemente “libere” nel loro utilizzo, rischiano di essere non percepite come utili dall’utente e vengono rapidamente abbandonate.
Questo è esattamente uno dei rischi delle smart city, ossia che un eccesso di programmazione ne ingessi la fruibilità, con i cittadini che potrebbero trovare altre strade e modi di vita. Una dimostrazione di ciò risiede nell’annunciato e mai realizzato successo della domotica che oggi, vista la diffusione di computer, tablet e smartphone, dovrebbe essere all’ordine del giorno.
E sulle smart city ora si gioca una partita analoga, visto che abbiamo un eccesso di tecnologie disponibili, sulla carta, e che un loro eccessivo inquadramento in un disegno sullo stile “grande fratello” potrebbe provocarne il rigetto. E non si tratta di una cosa da poco, visto che in questo campo abbiamo a che fare con le città che, per fortuna, sfuggono agli aspetti meramente ingegneristici.
Detto ciò, di sicuro i primi sentori di applicazioni tecnologiche già li vediamo in alcuni settori come i trasporti e l’information tecnology, mentre rimane tutto da definire il discorso relativo all’energia e alle rinnovabili che potrebbero avere, da un lato, sviluppi notevoli, oppure rappresentare l’ennesimo flop.
Bit necessari
Il presupposto essenziale per uno sviluppo delle smart city è la crescita delle infrastrutture tecnologiche di trasmissione dei dati e su questo punto bisogna dire che le città italiane non stanno bene, anzi. Ad oggi scontiamo oltre un decennio di scarsa manutenzione della rete, cosa che ci ha portato a un tasso di penetrazione della banda larga, intendendo per tale le connessioni superiori a 4 Mbps (megabit per secondo) del 28% contro il 45% della media europea, con il picco rappresentato da Svizzera e Olanda entrambe all’82% che sembra irraggiungibile.
Siamo penultimi in Europa, prima della Turchia che ha una percentuale dell’8,5%. E senza l’infrastruttura tecnologica che è alla base delle smart city, poichè senza servizi di connettività di base robusti è difficile che si possano sviluppare servizi adeguati e in grado di assicurare qualità e continuità dei servizi, è difficile che si vada lontano.
Itc a parte, i servizi più vicini delle prossime smart city saranno di sicuro quelli legati alla mobilità che, del resto, già si stanno delineando. Anche in Italia, per esempio, il car sharing, abbinato a una tecnologia che lo rende più flessibile, sta finalmente decollando. A Milano, infatti, Car2Go, il servizio di car sharing a “flusso libero”, ossia nel quale si può lasciare l’auto in un parcheggio qualsiasi e la si può ritirare nel luogo segnalato da una App che localizza i veicoli disponibili, ha fatto in meno di un anno 50mila registrazioni – se ne aspettavano 15mila – e il fatturato è più che decuplicato rispetto a quello previsto.
Il servizio, oltre la grande flessibilità, prevede anche l’ingresso nelle Ztl, il parcheggio gratuito, non è prevista nessuna quota d’iscrizione e si paga solo per l’utilizzo vero, con una tariffa che include anche il carburante. Ecco quindi come un mix di tecnologia e analisi sociologica portino a una formula vincente. E le città dovranno rispondere, magari in maniera predittiva, a fenomeni come questi.
Proviamo a fare una simulazione. La crescita di un car sharing simile porterebbe molte persone a fare a meno della seconda auto, con conseguenti minori necessità di parcheggi e garage e con un mutamento del mercato immobiliare, mentre aumenterebbe la necessità di parcheggi di scambio intermodali presso gli snodi dei trasporti pubblici che andrebbero di conseguenza rafforzati, mentre allo stesso tempo lo sviluppo del car sharing potrebbe rafforzarsi con la creazione di apposite corsie preferenziali, mentre incrociando il car sharing con il car pooling – la condivisione della stessa auto – si aumenterebbe l’efficienza dei trasporti, diminuendo sia le auto in circolazione, sia i costi individuali. E questo è solo un esempio di ciò che è possibile fare incrociando con “intelligenza” tecnologie e servizi.
Altro settore sul quale è possibile incidere profondamente è quello dell’illuminazione pubblica, dove il risparmio sull’illuminazione si può coniugare con nuovi servizi. Il lampione “domotico” che autoregola il flusso luminoso in base alla frequenza e velocità dei veicoli, di concerto con gli altri lampioni, può svolgere al tempo stesso la funzione di colonnina di ricarica per le auto elettriche e di hot spot Wi-fi sia per i veicoli – con sistemi di gestione intelligente – sia per utenti fissi, fornendo ai navigatori delle autovetture dati utili per evitare la congestione cittadina.
Energia cruciale
Mobilità a parte, la vera grande partita, che però è ancora distante, si giocherà sul campo energetico e sul rapporto tra le abitazioni e i quartieri. Le prime, infatti, diventeranno dei luoghi di consumo, sempre minore, e di produzione, sempre maggiore, d’energia, mentre i quartieri diventeranno dei cluster energetici in grado di scambiarsi al loro interno energia, anche in base a principi di sussidiarietà, con un output verso l’esterno caratterizzato sia da un buon grado di stabilità nella produzione energetica, dovuto alla complementarietà delle fonti rinnovabili o ad alta efficienza presenti nel cluster stesso, sia allo sviluppo dei sistemi d’accumulo e alla presenza, specialmente in Italia, di una rete capillare di gas naturale che consentirà uno sviluppo notevole di sistemi di microgenerazione, anche domestici.
E se a ciò aggiungiamo le potenzialità d’accumulo “diffuso” rappresentato dalle auto elettriche possiamo considerare il quadro abbastanza completo. Tutto ciò ha bisogno di reti informatiche affidabili e robuste e non è un caso che nelle sperimentazioni che si stanno facendo troviamo colossi dell’informatica come Ibm e Cisco, mentre per quanto riguarda i device che gestiranno il primo e più importante step, ossia il livello domestico, la partita è aperta a un ampio ventaglio di soluzioni.
Già ora le case produttrici di sistemi energetici domestici forniscono delle App per il controllo degli stessi, ma già si iniziano a vedere dei device simili ai tablet che sono dei veri e propri energy manager in grado d’ottimizzare produzione e consumi dell’abitazione e anche di decidere, in base al prezzo dell’elettricità sul mercato elettrico, quando sia più conveniente spegnere la lavatrice e vendere all’esterno l’energia. Uno scenario idilliaco per i consumatori, ma da brividi per le utilities che vendono elettricità.
E infatti la parola d’ordine di Ubs (unione Banche Svizzere) circa le azioni di queste aziende è una sola: Sell, sell sell, tradotto, sbarazzatevene.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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