Economia green
Ricetta vincente per la crisi: green, esportazioni e occupazione
Il nuovo rapporto di VedoGreen traccia un quadro interessante per quanto riguarda le aziende green, ma serve un intervento di semplificazione normativa
La leva dell’economia per uscire dalla crisi è la Green Economy. Questo concetto che potrebbe sembra uno slogan abusato ha trovato i propri numeri, e un buon grado di concretezza, nell’appuntamento “Green Finance Day” organizzato a Roma da Vedogreen, società del Gruppo IR Top specializzata nella finanza per le aziende green quotate e private.
E sono numeri di un certo rilievo che, oltretutto, devono essere inquadrati in un contesto che non è del tutto negativo, nonostante la crisi. «Nel 2012 l’Italia ha avuto un saldo positivo di cento miliardi sull’export che ha portato il Paese tra i primi cinque per quanto riguarda le esportazioni», ha affermato Marco Giorgino, Presidente di VedoGreen facendo eco a ciò che era stato detto pochi minuti da Claudio Gagliardi, Segretario generale di Unioncamere che ha posto l’accento sul lavoro. «Ormai siamo oltre i tre milioni di Green Jobs – ha riferito Gagliardi – Se prendiamo come osservatorio privilegiato le aziende innovative vediamo che ben il 61% delle assunzioni sono nel settori green, mentre, altro dato rilevante è che nelle aziende verdi le quote d’assunzione tengono, nonostante la crisi».
E c’è di più. La Green Economy, infatti secondo Gagliardi trova un terreno fertile nel tessuto imprenditoriale italiano. «Le Pmi, infatti, hanno prodotti legati ai territori che sono molto vicini alle esigenze dei consumatori – ha proseguito Gagliardi – anche se si tratta di un aspetto poco visibile e che spesso sfugge alle statistiche».
I numeri circa la “buona salute” della Green Economy sono arrivato dal “Green economy on capital markets” che ha visto un andamento positivo nel 2012. «É stata rilevata una crescita media del 3% in termini di ricavi e del 13% in termini di Ebitda, con un indice Green Italia che ha registrato una performance borsistica da inizio anno pari al +20%, sovraperformando il Ftse Italia All Share che ha chiuso a +16%. – si legge nel rapporto - L’Italia “green” si conferma il Paese a più elevata marginalità (25% rispetto a una media europea del 16%). Analoga crescita si registra a livello europeo con un +10% in termini di ricavi e un +22% di Ebitda».
Lo studio è stato realizzato su un campione europeo di 117 società green quotate sui principali listini europei, delle quali diciassette quotate su Borsa Italiana – Alerion CleanPower, Biancamano, Eems, Enertronica, ErgyCapital, Falck Renewables, Fintel Energia Group, Frendy Energy, Industria e Innovazione, Isagro, K.R. Energy, Kinexia, Landi Renzo, Sacom, Sadi Servizi Industriali, True Energy Wind, TerniEnergia – mentre il 30% sono quelle quotate in Gran Bretagna, il 28% quelle in Germania, il 15% nei Paesi Scandinavi e il 12% in Francia.
«Il comparto delle aziende green si conferma non solo in Italia, ma anche a livello europeo uno dei più interessanti e con tassi di crescita superiori a quelli di altri settori. – ha detto Anna Lambiase, amministratore delegato di VedoGreen – Uno sviluppo sostenuto da idee imprenditoriali innovative e da una forte componente tecnologica che rendono le industrie green appetibili per il mondo della finanza e degli investitori. Come VedoGreen abbiamo un monitoraggio permanente del comparto anche in vista di potenziali ingressi nel capitale di nuovi investitori o di avvio di processi di quotazione in Borsa per quelle aziende – e sono numerose a mio giudizio – con le caratteristiche patrimoniali e di business più idonee».
Dati molto interessanti arrivano anche da quelle che sono secondo gli investitori le priorità per investire sul green. Tra gli ostacoli troviamo al primo posto con un 43% il rischio normativo, al secondo l’eccessiva burocrazia con il 21%, mentre lobby dell’energia, congiuntura economica e costi d’investimento si attestano parimerito, con un 14% al quarto posto. E chiaro, quindi che tra quando si chiede agli investitori quali siano gli interventi prioritari che dovrebbero attuare i governi per sviluppare la green economy ci sia al primo posto la semplificazione della burocrazia, seguita con un certo distacco, con il 57%, da politiche di sviluppo e incentivi. Il verdetto quindi è chiaro. Il green ha bisogno di semplificare i processi, in primo luogo sul fronte normativo e burocratico. E sarebbe anche una riforma a costo zero. Basterebbe crederci.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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