Teneco #15 - Fotovoltaico
La battaglia energetica passa sui tetti
Il fotovoltaico installato sui nostri tetti non solo è più in auge che mai, ma per il futuro persino i grandi operatori finanziari pensano possa mettere in crisi le grandi compagnie energetiche
È stato il principe dei tetti e, nonostante la fine degli incentivi, lo sarà ancora per parecchio tempo. Parliamo del fotovoltaico, che per un lungo periodo è stato il dominatore assoluto della produzione energetica e dell’ecologia sopra le nostre teste e che ha delle potenzialità non indifferenti, come abbiamo già esplicitato in queste pagine. Anche se non dovessero esserci più incentivi, che in alcuni casi, come in quello della rimozione dell’amianto, sarebbero doverosi, in realtà il fotovoltaico sui tetti ha comunque un grande futuro, specialmente in una prospettiva di diffusione dell’accumulo. Vediamo quali sono le questioni che in futuro saranno determinanti per l’applicazione di questa tecnologia sulle coperture. Prima tra tutte, c’è la riduzione dei prezzi dei pannelli che negli ultimi periodi è stata ribaltata anche sui piccoli impianti, cosa che non avveniva fino a poco tempo addietro, visto che esistevano gli incentivi.
Oggi un impianto fotovoltaico da 3 kWp costa finito 5-6.000 euro e la previsione è di un ulteriore calo del 35% entro il 2017, che dovrebbe consentire un’ulteriore diffusione di questa tecnologia anche in assenza di incentivi. Un altro aspetto importante riguarda l’introduzione dei sistemi d’accumulo, che potrebbero inquadrare il fotovoltaico sulle coperture sotto un’altra prospettiva, ma devono calare anche i prezzi di questi sistemi, mentre l’introduzione dei Seu, Sistemi efficienti d’utenza, consentirebbe di istituire una diversa dialettica all’interno dello scenario elettrico, particolarmente favorevole alle Pmi. In pratica, le aziende potrebbero cedere le loro coperture ad un altro soggetto che si occuperebbe di gestire la produzione elettrica, vendendo poi l’elettricità alla Pmi stessa. Ciò consentirebbe all’azienda di non anticipare grandi cifre per l’impianto, cosa sempre più complessa vista la situazione creditizia italiana, a fronte di un minor guadagno sul lungo periodo, liberandosi, però, di una gestione che non appartiene al proprio core business. I Seu, però, si scontrano con la logica delle aziende attive nel settore della produzione elettrica che, avendo investito negli ultimi dieci anni nella generazione a gas-ciclo combinato (siamo a circa 22 GW installati), vedono nel fotovoltaico un temibile concorrente che sta già mettendo fuori gioco, non solo in Italia, la produzione termoelettrica, che nel nostro Paese vede un utilizzo per circa 2.500 ore l’anno di media: molto al di sotto del punto di pareggio che sarebbe, per questi impianti, intorno alle 4.500 ore l’anno.
Chiaro, quindi, che il fotovoltaico sia nel mirino, compreso quello già installato sulle coperture delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Vediamo i numeri del “pericolo”. Dei 550.123 impianti per 17,63 GWp di fotovoltaico attivo in Italia a fine febbraio 2014 – dati Atlasole Gse – quelli di potenza inferiore a 200 kWp sono 537.928 per 6,68 GWp, mentre quelli superiori sono 12.192 per 10,94 GWp. Il “piccolo” fotovoltaico, quindi, è grande come numerosità, ma non come potenza installata, visto che rappresenta circa il 37% della potenza fotovoltaica totale in produzione: una quota molto bassa se la si confronta con il parco di generazione italiano che è di 124,23 GWe netti, dei quali 77,1 GWe di solo termoelettrico (dati Terna dicembre 2012). Prima di proseguire il discorso, è necessario fare una precisazione. I dati relativi al parco elettrico italiano devono essere confrontati con la potenza di picco, che si raggiunge durante l’estate, che si aggira intorno ai 51 GWe di richiesta di carico. Quindi, anche prendendo solo la potenza termoelettrica, in Italia siamo ampiamente in oversupply e qualsiasi produzione aggiuntiva a quella odierna è vista come un potenziale nemico dalla generazione fossile. Il fotovoltaico, visto il prezzo marginale inesistente, è in grado di far scendere il prezzo dell’elettricità nel mercato elettrico, mettendo fuori combattimento il termoelettrico. Anche il piccolo fotovoltaico sui tetti delle abitazioni e delle piccole e medie imprese, quindi, viste oltretutto le sue grandi potenzialità sul fronte delle superfici utilizzabili, può mettere in pericolo un sistema energetico che già oggi si regge su equilibri precari e di breve periodo. Ma c’è di più.
La prossimità tra produzione e consumo mette in pericolo anche il sistema distributivo, che potrebbe diventare rapidamente obsoleto quando si raggiungerà, tra pochi anni, la maturità tecnologica e commerciale dei sistemi d’accumulo. E ancora, in un’ottica di diffusione delle smart grid, i piccoli sistemi possono avere un ruolo da protagonisti nella produzione elettrica da utilizzare nelle reti locali, magari per la ricarica delle auto elettriche, l’unico grande business possibile per chi produce elettricità. Ad aggravare tutto ciò contribuisce il fatto che l’allarme non arriva, come ci si potrebbe aspettare, dagli ecologisti, ma da operatori finanziari del calibro di Ubs e Citigroup, che più di una volta hanno consigliato i propri clienti di disfarsi delle azioni delle utilities, specialmente quelle europee, che hanno già visto intaccare il proprio mercato dalle rinnovabili, mentre per ora reggono quelle statunitensi supportate dal basso prezzo del gas naturale prodotto dal fracking. Insomma, c’è una battaglia energetica in atto e, sembra incredibile, si combatterà anche e soprattutto sui nostri tetti.
Vaticano
Fotoni divini
Non tutti i tetti sono uguali, e alcuni sono, in questo caso idealmente, molto, ma molto in alto.
Parliamo del tetto della Sala Nervi in Vaticano, sul quale è stato installato, da alcuni anni, un impianto fotovoltaico che, benché realizzato in un luogo che più storico non si può, ha sfruttato la progettazione innovativa dell’Architetto Pier Luigi Nervi.
Per raffrescare uno spazio nel quale, durante le udienze papali, si radunano fino a 12mila persone, infatti, l’Architetto ha dotato l’edificio di un tetto ventilato, utilizzando, già all’epoca, i principi dell’architettura bioclimatica. Il progetto è del 1964. È bastato, nel 2008, sostituire i pannelli di cemento con quelli fotovoltaici ed ecco che il tetto, pur conservando la propria funzione di raffrescamento passivo, è diventato una centrale elettrica da fonte fotovoltaica da 221,59 kWp. Una volta liberato il tetto dai tegolini in calcestruzzo, si è proceduto ad applicare sui supporti orientati a Sud i pannelli fotovoltaici e su quelli orientati a Nord dei pannelli in alluminio che apportano un incremento della produzione elettrica di circa il 5%. L’impianto, nel dettaglio, è composto da 2.394 pannelli organizzati in cinque stringhe per ogni inverter, sono 22 in totale, e le stringhe sono composte ognuna da un numero variabile tra i 19 e i 24 pannelli, mentre il sistema di conversione conta 22 inverter.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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