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Isabella Goldmann: "Oggi l'architetto può solo essere bio" | Tekneco

Isabella Goldmann: “Oggi l’architetto può solo essere bio”

La classe A imposta per legge a tutti non è una chimera, ma ci vuole coraggio

Scritto da il 29 marzo 2011 alle 10:27 | 3 Commenti

Isabella Goldmann: “Oggi l’architetto può solo essere bio”

Isabella Goldmann è uno degli architetti più gettonati del momento. Dirige la GOLDMANN & PARTNERS s.r.l. che ha fondato nel 2008: il suo studio di progettazione si occupa prevalentemente di architettura sostenibile, bioarchitettura e impatto ambientale. È giornalista pubblicista e critico dell’Architettura. È autore e regista di documentari di architettura per la RAI.

Oggi ogni nuovo intervento in architettura deve essere in bioarchitettura. Se non lo sai fare meglio andare in pensione

La Goldmann si è occupata del progetto Vercelli Mauri con il quale ha riqualificato energeticamente immobili degli anni ’60, destinati principalmente a residenze e uffici, situati a Milano in Corso Vercelli 23-25 e in ViaMauri 6. In questo modo è riuscita ad abbattere del 79% i costi di energia, aumentato il valore dell’investimento e realizzando un cantiere didattico a Milano aperto a chiunque voglia capire che cosa è la sostenibilità in concreto.

D: Ci può spiegare che cos’è un cantiere “didattico”?

R: Si tratta di un cantiere organizzato in modo da farlo vivere al pubblico, che siano studenti, associazioni, fondazioni, assicurazioni. Tutto quello che abbiamo fatto nel progetto Vercelli Mauri ha un connotato didattico e d’interesse per tutta la popolazione perchè raccoglie la quasi totalità delle azioni che si possono implementare su di un edificio già esistente e quindi è molto interessante per i non addetti ai lavori. Le persone vengono a visitare il cantiere e scoprono cosa si potrebbe fare a casa loro: ad esempio in questo cantiere stiamo realizzando un impianto geotermico nei garage, una innovazione assoluta che fa scoprire alle persone che nel loro garage potrebbero installare un impianto del genere.

D: Gli inquilini vivono negli edifici durante gli interventi di riqualificazione energetica. Com’è stato possibile?

Innanzitutto perchè non interveniamo direttamente negli appartamenti: nel caso di questi edifici era già presente preventivamente un impianto di distribuzione termica con pannelli a soffitto. Siamo intervenuti da un punto di vista impiantistico in maniera radicale con un caldaia a gasolio: iniziamente volevamo sostituire la caldaia a gasolio con una a metano, ma non avevamo tutte le informazioni necessarie a prendere una decisione definitiva, in quanto inizialmente non si poteva rompere ne gli appartamenti. Appena abbiamo avuto la possibilità di rompere in un appartamento abbiamo scoperto che quei pannelli nel soffitto erano perfetti per un impianto a pompa di calore ed abbiamo suggerito al committente di “osare” ed eliminare l’impianto a combustione locale per provare con una pompa di calore e solo a quel punto abbiamo pensato di installare un geotermico. C’era già un esempio del genere fatto negli Usa, in una casa per abitazione già esistente utilizzando una macchina molto piccola per realizzare un impianto geotermico nei garage: abbiamo indagato chi la potesse produrre in Italia e l’abbiamo fatta costruire appositamente per questo progetto, è la prima volta che in Italia si fa una cosa del genere.

D: Bioedilizia e Architettura sostenibile. Facciamo un po’ di chiarezza?

R: La bioedilizia si differenzia dall’edilizia sostenibile tradizionale perchè l’edilizia sostenibile intanto utilizza materiali diversi, interviene nella scelta degli stessi e nell’applicazione di impianti ad energia rinnovabili. Ad esempio una casa normale si può “convertire” in edilizia sostenibile con un cappotto sostenibile, una facciata ventilata sostenibile, dei buoni ferramenti, se si utilizza il fotovoltaico sul tetto, se si cambia l’impianto magari con una pompa di calore. Questo è un intervento in edilizia sostenibile ovvero in architettura sostenibile.

Se invece si vuole fare un edificio di nuova fondazione o anche una ristrutturazione in bioarchitettura, s’interviene proprio a livello progettuale. La bioarchitettura parte per prima cosa dall’orientamento dell’edificio, in base a questo si sceglie come disporre i locali a nord-sud-ovest perchè ogni orientamento ha una sua funzione precisa anche nell’efficienza dell’intero edificio. In bioedilizia e bioarchitettura l’edificio è un impianto esso stesso, non ha bisogno di impianti, non ha bisogno quasi di riscaldamento e raffrescamento: dico quasi perchè in effetti si mette sempre un impianto, normalmente una pompa di calore per coprire i picchi. Un edificio in bioarchitettura è un edificio perfettamente passivo ossia in grado di sopperire agli scarti termici tra interno ed esterno. Per quanto concerne il comportamento estivo ad esempio sono edifici pensati per avere una ventilazione naturale interna, cioè  le finestre sono sfalsate tra di loro, sfalsate anche in altezza, esistono dei camini di trasferimento dell’aria calda verso l’alto che la fanno uscire dal tetto, hanno dei tetti ventilati (usati anche nell’edilizia tradizionale), delle serre termiche laddove è possibile (intercapedini termiche, dei polmoni che riescono ad accumulare calore durante il giorno e rilasciarlo durante la notte). Insomma è un modo tutto diverso di costruire e progettare, o lo sai fare oppure no.

D: E per quanto riguarda i costi?

Tra architettura e bioarchitettura i costi sono pressocchè uguali, se si sceglie la concentrazione di tutti gli accorgimenti possibile in bioarchitettura al massimo può costare un 7-8% in più. Il problema è che per saper progettare in bioarchitettura devi aver seguito un altro corso di studi a latere, quindi il problema grave e radicale della categoria e della non diffusione così massiccia di questa disciplina è il fatto che bisogna mettersi in discussione e studiare. Le stesse imprese devono cambiare fornitori, maestranze, devono addestrarle: la cosa più semplice allora è fare una edilizia qualunque sbattendo delle belle facciate ventilate, dei bei cappotti, serramenti termici, un bel fotovoltaico ed ecco qua che ho fatto la casa in classe A. Ma quanto è costata farlo in quel modo piuttosto che orientarla nella maniera giusta? Una casa in bioedilizia è una casa che non consuma niente di per sè: è un approccio completamente diverso.

D: Ci sono esempi virtuosi? Meglio riqualificare o costruire da zero?

R: Non tutti sono edilizi ex-novo ma molti sono dei recuperi intelligenti, parziali o totali. Io sono dell’idea che ad esempio laddove sia possibile è meglio intervenire prima con il recupero e poi semmai abbattere e ricostruire. E questo per qualunque funzione, anche residenziale.

D: Lo stato dell’arte in Italia: perchè non si costruisce in social housing?

R: In Italia Siamo indietro anni luce rispetto all’housing sociale e all’architettura sostenibile. Il Comune di Milano, ad esempio, sta facendo da precursore perchè sulla normativa italiana ha varato una norma che ha stabilito che d’ora in poi il 35% delle autorizzazioni a costruire dovranno essere date per il social housing, a edilizia a basso costo di costruzione, basso costo di manutenzione e altissima efficienza energetica quindi case di alta qualità destinate in teoria ad una fascia di popolazione che non dispone di grosse cifre per assicurarsi il diritto alla casa, con affitti o accessi agevolati. Lo stesso tipo di edilizia potrebbe essere estesa anche a tutti gli altri tipi di residenza. L’italia ha stanziato tantissimi soldi in questo senso e quindi dovrà utilizzarli prima o poi anche sottoforma di incentivi.

D: Un po’ come ha fatto con le rinnovabili?

R: No. Finora favorendo le rinnovabili l’Italia ha messo in piedi davvero una grande operazione culturale: nella mia esperienza quotidiana infatti ricevo tantissime richieste di persone che si informano soprattutto su case prefabbricate e fotovoltaico. La bioarchitettura non può correre gli stessi “rischi” delle rinnovabili perchè fortunatamente non è soggetta a incentivi e sovvenzioni: dico per fortuna perchè altrimenti potrebbe subire anche eventuali tagli. Sembra fatale ma paradossalmente è meglio che sia così perchè non essendo la bioarchitettura nell’occhio del ciclone non ci sono appetiti strani e dunque non c’è nemmeno il rischio che venga stroncata con l’effetto di buttare nel lastrico una intera categoria.

La bioarchitettura deve crescere per cultura trascinata dall’evoluzione dell’architettura sostenibile. L’housing sociale ha a che fare con l’architettura sostenibile o nei casi più virtuosi con la bioarchitettura soltanto perchè è un sistema abitativo a basso costo di realizzazione (costa poco costruirlo e mantenerlo). Il social housing viene costruito normalmente non da privati ma per le amministrazioni locali che non hanno molti soldi e da istituzioni, banche, assicurazioni, fondazioni, che hanno deciso di fare investimenti slow, a rendimento lento. Questi fondi verranno stanziati a parziale copertura, a fondo perso o a reintegro, per intereventi di housing sociale da effettuare presso amministrazioni locali per conto di enti finanziari che decidono di fare un investimento etico. Un imprenditore ha meno interessi nell’investire in housing sociale perchè la destinazione di questi appartamenti passa sempre per l’amministrazione locale che spesso decide di affidare gli edifici a persone che non hanno un gran rendimento finanziario dunque per quanto riguarda l’investimento il rientro è molto lungo nel tempo.

D: Classe A per tutti: una chimera?

R: La classe A per tutti dovrebbe essere un obbligo normativo locale su tutte le nuove costruzioni e invece non lo è. Nelle Regioni a statuto speciale questo obbligo è presente perchè si autofinanziano facendo grossi sforzi mentre le altre Regioni hanno bisogno dei soldi che arrivano da Roma, devono sottostare alle pressioni delle lobby.

Non è un discorso politico: qualunque regione che non sia a statuto speciale fa molto fatica ad obbligare a costruire in classe A perchè non tutte le imprese sono in grado di costruire in classe A. Bisogna andare in questa direzione per le costruzioni nuove e non si discute, sarebbe bello che le amministrazioni locali avessero il coraggio di farlo. Ad esempio in Lombardia c’è il programma Cresco che raccoglie delle isole “verdi”, una serie di comuni virtuosi che si sono dati delle regole e norme territoriali con operazioni importanti riguardo la mobilità, l’efficienza e l’architettura sostenibile.
Sarebbe possibile per le vecchie case che rappresentano circa l’80% di quelle italiane, quasi tutte in classe G, portarle con degli interventi mirati in una classe superiore come abbiamo fatto nel progetto Vercelli Mauri, passato da G a B.

D: Quanto manca per migliorare l’efficienza energetica delle nostre case?

R: Non c’è una fotografia del territorio con una agenda su ciò che sta succedendo riguardo gli interventi di sostenibilità, non esiste un registro, non è obbligatorio e quindi  per ora non si fa. Uno dei metri che si può utilizzare è l’abbattimento del consumo energetico globale del territorio: siccome sappiamo che il 30% del consumo energetico è dovuto alle abitazioni e il 30% alla mobilità se questa non cambia vuol dire che le case consumano meno, è una misura spannometrica che consente di comprendere in qualche modo l’evoluzione di un territorio.

D: Qual è la certificazione energetica migliore o che consiglia di utilizzare?

R: Ogni Regione italiana adotta il proprio criterio di classificazione riguardo le certificazioni energetiche. Il mio consiglio è quello di dotare tutte le costruzioni, sia quelle nuove che le ristrutturazioni, del protocollo LEED per un motivo molto semplice: non stacco mai il mio modo di vedere l’architettura dalla sua funzione finanziaria perchè deve passare il concetto che una architettura più efficiente è un vantaggio economico per tutti. Dunque ragionando in termini globali certificare LEED conviene perchè utilizzare questo protocollo è più appetibile su tutto il mercato internazionale rispetto ad altre certificazioni. Ovviamente sul mio territorio uso sempre la certificazione per la quale ho l’obbligo ma poi posso abbinare anche il protocollo LEED: così facendo potrei vendere l’edificio ad esempio anche ad una banca che non è italiana. Insomma in questo modo la certificazione diventa una sorta di assicurazione sul futuro finanziario di quel bene.

D: Quali sono i maestri della bioarchitettura, è possibile informarsi attraverso dei video o delle lezioni?

R: La bioarchitettura non è un concetto estremamente moderno ma va approfondito. Sono solita spiegarne i principi in una lezione che tengo  ai primi anni di università o ai primi anni dei master di specializzazione a ingegneria: è semplicemente una introduzione sul perchè bisogna ragionare in termini di bioarchitettura e che cosa vuole dire veramente. Basta vedere come progettavano gli edifici prima gli egiziani, i persiani, per capire che noi non abbiamo inventato e non stiamo inventando niente.
Nel mio lavoro di regista e documentarista RAI ho svolto molte biografie di noti architetti, mi piacerebbe parlare anche di bioarchitettura e architettura sostenibile ma finora non ne ho avuto l’occasione: vorrei raccontare i lavori di Ugo Sasso, fondatore della bioarchitettura, di Bruno Munari e tra quelli moderni che fanno ricerca e diversificano i lavori di Antonio Citterio.

Ma ce ne sono tanti altri. Oggi se vuoi fare l’architetto lo devi fare in questo modo, in bioarchitettura. Se non lo sai fare meglio andare in pensione.


Commenti

Ci sono 3 commenti.

  • erika sartori
    scrive il 29 marzo 2011 alle ore 11:43

    Ho avuto il piacere di ospitare l'Architetto Goldmann durante un incontro organizzato tra INBAR e Valcucine. Ha portato da noi la lezione di introduzione di cui parla nell'ultima domanda. Assolutamente interessante e per tanti versi illuminante. E' stato un vero piacere ascoltarla come è stato un piacere leggere questa intervista. grazie

  • francesco
    scrive il 11 aprile 2011 alle ore 17:24

    Che bello vedere che anche in Italia grandi progetti accadono.. tutti questi nomi nuovi pero'.. bioarchitettura e' praticamente sinonimo per "principi di permacultura"... Check it out.!

  • paola
    scrive il 22 marzo 2012 alle ore 11:51

    chiedo scusa se intervego a distanza di un anno ma, mi permetto di dissentire su cose dette nell''articolo invito le persone più attente e che hanno studiato seriamente la materia di farsi un'idea di cosa è una passive-house e una casa bioclimatica mi permetto inoltre di affermare che anche il succitato architetto non abbia le idee molto chiare nel senso che nell'esposizione degli argomenti c'è un pò di confusione...

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L'autore

Dario Salvelli

Dario Salvelli, 27 anni, blogger e freelance, studia ingegneria elettronica alla Seconda Università di Napoli. Collabora con Nòva 24 de Il Sole 24 ore, WIRED, Excite Italia. Segue i temi legati all'innovazione e all'ICT e si occupa di comunicazione, marketing e consulenze per i social media.


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