normativa
Edifici del futuro a zero energia
Dall'Unione Europea l'input a realizzare edifici sempre più prestanti nei consumi di energia. Ce ne parla l'esperto dell'Enea, l'arch. Gaetano Fasano
Photo: WinterE229
L’edilizia punta all’efficienza energetica, calendario alla mano. Due le date di cui tener conto: il 31 dicembre 2018, in cui gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di loro proprietà dovranno rendersi “a energia quasi zero”, e il il 31 dicembre 2020, quando toccherà agli edifici di nuova costruzione. Si tratta di provvedimenti riportati dalla direttiva europea 31/2010 e rivolti alla totalità degli Stati membri.
Un’iniziativa importante se si pensa che «Gli edifici sono responsabili del 40 % del consumo globale di energia nell’Unione», come ammesso nel testo della stessa normativa. Intanto l’Ue vede nella riduzione del consumo energetico e nell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili in edilizia «misure importanti necessarie per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni di gas a effetto serra».
Ma cosa si intende per “Edifici a energia quasi zero”?
Punto di partenza per operare in un rinnovato regime volto ad una maggiore efficienza energetica in edilizia è perciò stabilire regole condivise e un’interpretazione chiara di quello che sarà l’“edificio a energia quasi zero”. Anche il nostro Ministero dello Sviluppo Economico si sta dando da fare per definire le regole tecniche utili ad attuare la direttiva e per definirne il concetto di fondo.«Non c’è ancora una definizione univoca di cosa si debba intendere per un edificio Net Zero Energy Buildings (Edifici a Energia Netta Zero, ndr) – chiarisce l’arch. Gaetano Fasano, esperto dell’Enea -. Al momento la proposta su cui si sta lavorando è quella di far riferimento ad un edificio con un involucro ad altissime prestazioni energetiche (per intenderci una classe A o A+) o con un contributo molto significativo da fonti rinnovabili per le richieste di energia, per la climatizzazione invernale ed estiva».
Aspettative dall’edilizia
Ma allora come si dovrà procedere per realizzare un edificio Nzeb? E come mettersi in pari con le strutture già esistenti? «Per gli edifici nuovi – risponde l’arch. Fasano – il problema è facilmente risolvibile grazie ai nuovi materiali alle nuove tecnologie ed a una integrazione in fase di progetto e realizzazione con le fonti rinnovabili. Per l’esistente il discorso è molto più complesso perchè per ogni edificio, o tipologie di edifici, bisogna valutare la situazione e, in funzione del parametro “costi/benefici”, individuare le soluzioni più coerenti ed idonee».
Alcune misure ad hoc
Secondo quanto riportato dalla direttiva la prestazione energetica degli edifici andrà a calcolarsi in base ad una metodologia, che potrebbe differire a livello nazionale e regionale. Nel testo è poi chiarito che, oltre alle caratteristiche termiche, per definire gli “edifici a energia quasi zero” risulteranno importanti fattori quali «il tipo di impianto di riscaldamento e condizionamento, l’impiego di energia da fonti rinnovabili, gli elementi passivi di riscaldamento e rinfrescamento, i sistemi di ombreggiamento, la qualità dell’aria interna, un’adeguata illuminazione naturale e le caratteristiche architettoniche dell’edificio»
Le certificazioni
Allora come procedere per garantire anche sulla carta che un edificio sia davvero “a energia quasi zero”? «É un punto molto importante e ci sono diverse indicazioni che provengono dall’Unione Europea – illustra l’esperto dell’Enea -. Quella più significativa è la qualificazione e certificazione delle figure professionali e operatori della filiera su cui si stanno attivando studi e ricerche per determinare procedure e strumenti idonei (vedasi il Dlgs 28/2919, il progetto Buildup skill Italia ed i Tavoli 4E dell’Enea). Va poi va considerata tutta la materia che mira a disciplinare i contratti con garanzia (Epc- Energy Performance Contract) su cui molti soggetti – Enea e Consip sono fra questi – stanno lavorando anche in funzione della realizzazione di edifici Nezb».
Novità dalla filiera
Intanto le associazione si danno da fare. Di recente la milanese no-profit Sacert ha infatti messo a punto il marchio volontario Sacert Zero Energy Building, che andrà a certificare “edifici a energia zero” sia di nuova costruzione che in via di riqualificazione. La Provincia di Milano – socio fondatore di Sacert – e Assimpredil Ance, insieme a Sacert, hanno collaborato alla realizzazione delle procedure operative e di calcolo alla base del nuovo marchio Sacert Zeb.
«Lo sviluppo di un marchio volontario per il riconoscimento delle massime prestazioni energetiche – dichiara l’on. Guido Podestà, presidente di Sacert nonché della Provincia di Milano – rientra tra le azioni strategiche di medio e lungo periodo che consente al cittadino di acquistare un edificio che garantirà comfort, qualità architettonica e minimi costi di gestione».
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L'autore
Giovanna Lodato
Web editor. Formazione umanistica alle spalle, ha collaborato con diverse testate on line. Ha scritto di cultura, arte, musica ma anche di cronaca e politica, fino ad approdare all'ambiente. Da quasi due anni ecologia nonché i temi legati alla green economy e all'edilizia verde la fanno da padrone nella sua produzione giornalistica.
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