riqualificazione edilizia
L’edificio che cambia la forma
Dagli architetti arriva un plauso alla possibilità introdotta dal Governo Letta con il Decreto del Fare di modifica della sagoma degli edifici
Arriva una grande novità per il patrimonio immobiliare italiano: la possibilità di modifica della sagoma. E gli architetti plaudono a ciò. «Gli architetti italiani considerano positivamente la formulazione dell’articolo 30 del Decreto Legge Fare che, consentendo la modifica della “sagoma” degli edifici nella ristrutturazione edilizia, rende possibile la rigenerazione urbana sostenibile, consentendo di riqualificare il patrimonio edilizio italiano che versa in pessime condizioni dal punto di vista delle condizioni dell’habitat, della sicurezza e dell’efficienza energetica», si legge in una nota del Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori.
Secondo gli architetti il fatto che dietro all’artico 30 ci sia la lobby dell’abusivismo edilizio è privo di fondamento e, anzi, sostengono che «modificare la sagoma degli edifici – così come avviene negli altri Paesi europei – significa, innanzitutto, valorizzare il paesaggio urbano; mettere in sicurezza gli edifici pericolosi e indifesi rispetto al rischio sismico e a quello idrogeologico; migliorare la qualità della vita degli abitanti delle periferie e semiperiferie delle città, riqualificare la pessima edificazione realizzata dal Dopoguerra agli anni Ottanta».
Il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori si spinge ancora più il avanti ipotizzando che grazie al provvedimento sarà possibile rendere efficienti, dal punto di vista energetico, gli edifici che emettono in atmosfera tonnellate di CO2 e costano oltre venti miliardi di euro all’anno in termini di sprechi energetici.
«Senza interventi sulla sagoma, infatti, non si possono realizzare i “cappotti” esterni in facciata, modificare le coperture, realizzare sporti di gronda e balconi che permettano di ridurre i consumi – continuano gli architetti – Il riuso dell’esistente, esclusi i centri storici e le zone poste sotto vincolo - unica modalità, come ha recentemente sottolineato il ministro dell’Ambiente, Orlando, per rendere concreto lo stop al consumo del suolo – è un’urgenza per migliorare la qualità della vita degli italiani, per riavviare lo sviluppo in un settore, come quello dell’edilizia, che ha perso a causa della crisi circa 700 mila posti di lavoro, e per rispondere agli impegni presi dal nostro Paese in sede comunitaria rispetto alla riduzione dei costi energetici e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato».
Per questi motivi il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori ha proposto un emendamento all’articolo 30 che prevede una forte riduzione degli oneri per il riuso in maniera che questa pratica diventi più vantaggiosa rispetto alle nuove costruzioni ed evitando così il consumo del suolo.
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L'autore
Sergio Ferraris
Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.
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toscano antonino
scrive il 19 luglio 2013 alle ore 16:09
Bene il decreto del Fare e l'art. 30. Speriamo solo che le leggi regionali in materia , soprattutto quelle delle regioni a statuto speciale , vengano sollecitamente adeguate in tal senso. Si veda ad esempio cosa dice la L. R.19/2009 della Regione Autonoma Friuli Venezio Giulia all'art. !7 co.2 punto c . Il professionista in tal caso applica la Legge Regionale o il Decreto del Fare?