Bioarchitettura
Bambù e salice per costruire sostenibile
I materiali vegetali si stanno facendo strada nella progettazione delle abitazioni e nella creazione di opere architettoniche temporanee
Photo: pjan vandaele
Resistente, versatile e sostenibile. Sono i motivi per cui nel campo della bioedilizia e della bioarchitettura si ricorre sempre più spesso al bambù. Questo materiale naturale costituisce una promessa per il settore e una valida alternativa al legno per le sue caratteristiche di solidità, resistenza, leggerezza ma anche perché il bambù, appartenente alla famiglia delle graminacee, si rigenera molto velocemente e rappresenta quindi una risorsa rinnovabile.
Molto diffuso nell’architettura latino americana e asiatica, dove viene utilizzato nella struttura portante e nelle altre componenti di edifici anche di grandi dimensioni, il bambù trova spazio nelle nostre case soprattutto come rivestimento per pavimenti e pareti. “Mentre in alcune aree del mondo esiste una lunga tradizione costruttiva a base di bambù, in Italia tendiamo ad utilizzare maggiormente il legno anche se il bambù comincia ad essere molto utilizzato nei parquet”, spiega Francesco Poli, architetto e fondatore del Lan – Laboratorio architetture naturali. “I vantaggi del suo utilizzo sono molteplici. Trattandosi di un materiale naturale, l’intero ciclo di vita del prodotto è sostenibile, dalla fase di reperimento fino alla sua dismissione. Per non parlare del fatto che è una pianta a crescita rapida, la sua biomassa può raggiungere un incremento annuale fino al 30%, mentre generalmente quella degli alberi oscilla fra il 2 e il 5%, ed è capace di assorbire molta anidride carbonica. la cosa interessante è che per superare il problema dell’importazione e avere a disposizione il bambù a km zero si stanno diffondendo al centro e al nord Italia le esperienze dei bambuseti, coltivazioni di bambù da cui tratte il materiale per le costruzioni”.
Progetti italiani con il bambù
Se per vedere costruzioni interamente in bambù bisogna guardare all’estero, per esempio alle opere di Simon Velez in Colombia e di Darrel DeBoer negli Stati Uniti, restando nei confini nazionali non mancano interessanti realizzazioni. L’ultima è il progetto “The kinder garden” dell’architetto Mauricio Cardenas, che prevede la realizzazione di un asilo nido ecologico a Milano: il pavimento della zona giochi sarà in bambù, come anche l’arredo. L’anno scorso il legname derivante da questa pianta è stato utilizzato per il pavimento del complesso universitario delle Facoltà di Scienze ed Ingegneria di Trento, a Povo. A Vergiate, provincia di Varese, invece, l’associazione Emissionizero insieme al Comune ha realizzato tra il 2002 e il 2003 il Padiglione, la prima struttura permanente a uso pubblico in bambù ispirata al padiglione Zeri dell’Expo di Hannover, e successivamente anche uno stand espositivo per fiere costruito con questo materiale vegetale.
Il bambù, infatti, è ideale da impiegare nelle strutture temporanee, sotto forma di travi o pilastri. “Con il bambù è possibile realizzare gazebi, stand, coperture ombreggianti, interventi di riqualificazione nei parchi, strutture nei lidi balneari e vere e proprie opere d’arte”, aggiunge l’architetto Poli, che in Puglia ha realizzato opere di architettura effimera utilizzando un altro prodotto della natura, la canna comune Arundo Donax. “In genere immaginiamo un gazebo con travi di legno e un tetto a falda, con il bambù invece è possibile lavorare sulle forme grazie alla flessibilità del materiale”. Di questo genere sono le sperimentazioni del gruppo di lavoro Ak0 (Architettura a chilometro zero) che, collaborando con altre realtà come l’Associazione Italiana Bambù e il Bambuseto, ha realizzato una struttura multifunzionale in bambù italiano, legno e terra cruda a Roccamontepiano (Chieti) e delle coperture con aste o strisce di bambù locale in Versilia.
Il salice per le architetture viventi
In quanto a resistenza il bambù è in buon compagnia. Un altro materiale che offre svariate possibilità di lavorazione e applicazione è il salice, una specie arborea impiegata soprattutto nelle cosiddette architetture viventi, spazi all’aperto nati con funzioni sociali e culturali. La sua capacità di riproduzione per talea a partire dalla piantumazione di rami e di ‘prendere vita’ una volta messa a dimora, insieme alla flessibilità e all’elasticità dei rami, la rendono particolarmente adatta per le costruzioni organiche, come quelle realizzate a Stoccarda dal gruppo Sanfte Strukturen di Marcel Kalberer, che hanno stimolato la nascita di progetti simili anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti. In Italia un esempio di questo genere viene dall’Ecoistituto di Cesena, che sperimenta il salice per strutture viventi di gioco, come capanne, percorsi verdi e tunnel, e per grandi architetture nei parchi e negli spazi pubblici. Così sono nate, per esempio, la struttura vivente nel Parco di Borghi (Fc), fatta con salici reperiti sulle sponde del fiume Uso, le opere di gioco per due scuole della provincia di Forlì-Cesena e altri allestimenti negli spazi urbani in Italia e in Svizzera.
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L'autore
Roberta Pizzolante
Giornalista pubblicista dal 2005 e scrive di scienza, ambiente, energia, diritti umani e questioni etiche e sociali. Salentina di nascita, romana d’adozione, è laureata in Sociologia e ha un master in “Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali” conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo e Sapere e collabora con Le Scienze, Mente & Cervello, Terre di Mezzo street Magazine.
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