Tekneco #16 - Filiera
L’occasione fa l’uomo, ma anche la donna, “green”
Il mercato degli abiti usati è in crescita ed ecosostenibile. I dati di Leotron
Articolo a firma di Letizia Palmisano
Negli ultimi anni, il flusso degli abiti usati è stato intercettato, in percentuale sempre crescente, dai “mercatini dell’usato”. Organizzati come negozi di vendita in conto terzi, sono luoghi ove, da un lato, un numero sempre maggiore di persone preferisce orientare i propri acquisti di oggetti usati per la “minore sensazione di screditamento” data dal poter far compere all’interno di un negozio anziché, ad esempio, presso una bancarella e, dall’altro, sono meta crescente di persone che portano beni che non usano più per rivenderli.
All’interno di tali spazi l’abbigliamento riveste una quota significativa. Ad esempio, in due tra le principali catene italiane, Mercatopoli e Baby Bazar, come conferma Alessandro Giuliani – direttore della Leotron, società proprietaria dei due brand – “la categoria di prodotti abbigliamento/calzature raggiunge percentuali di vendita vicine, o addirittura superiori, al 40%” dei beni venduti.
Giuliani conferma, inoltre, che in questo momento storico “aprire un negozio di abiti usati può essere un’ottima opportunità imprenditoriale, in particolar modo dato il periodo di trasformazione che vede la società diventare, giorno per giorno, meno consumistica e più eco-sostenibile”.
“Secondo la mia opinione – ci ha spiegato Giuliani – la crisi economica ha portato alla necessità di una maggiore attenzione alle varie possibilità e il negozio dell’usato viene scelto sia da coloro che necessitano di risparmiare, sia da quelli che desiderano guadagnare dalle cose che non utilizzano più”. Oltre a ciò, un’altra spinta – ci conferma il direttore – è sicuramente data dalla accresciuta consapevolezza ecologica tra la popolazione.
All’aumento del numero di compratori e venditori, si è affiancata anche la crescita della qualità dei capi e quindi anche del prezzo medio dei prodotti venduti.
“I più belli si vendono più in fretta e ciò consente di sostenere un po’ di più il prezzo”, continua Giuliani il quale ha poi precisato che nelle due catene, a garanzia degli acquirenti, sono previsti dei criteri di selezione da superare quali pulizia, stagionalità e, ovviamente, l’essere alla moda. Ci sono poi dei prerequisiti da rispettare: “l’acquirente oggi predilige un luogo pulito e luminoso, impostato come negozio. Vuole un’attività con regole chiare e assoluta trasparenza”.
Con il cambio di mentalità sociale, l’usato è sempre più “metabolizzato” nel tessuto economico e diffuso in tutte le fasce sociali, “anche le più abbienti, proprio come avviene in tutti gli altri Paesi europei” e ognuna con le proprie esigenze, tanto che oramai è difficile individuare un profilo medio degli acquirenti, ma anche dei venditori.
Basti pensare che anche la principessa norvegese Mette-Marit ha venduto i propri abiti usati nel mercatino on-line più diffuso della Norvegia, bloppis.no, per beneficienza. “E se lo fa una principessa può, ovviamente, farlo chiunque”, sottolinea Giuliani.
I vestiti che vanno per la maggiore sono quelli firmati, soprattutto nella fascia baby ove il numero di capi, anche nuovi, è davvero alto, anche in considerazione del fatto che, grazie alla rapida crescita dei pargoli, gli indumenti vengono indossati spesso in pochissime occasioni.
Vanno molto anche gli abiti da donna e le scarpe “come nuove”, ovvero portate in vendita per un acquisto errato o perché non piacciono o non sono facilmente abbinabili.
Il settore dei mercatini ha registrato un andamento positivo negli ultimi anni, ma gli operatori intravedono dei limiti ad un pieno sviluppo del settore, quali – ci specifica Giuliani – alcune incongruenze legislative, come il fatto che non vi sia un codice Atecofin dedicato, il 22% di IVA sulla provvigione e la tassa sui rifiuti spesso equiparata a quella delle attività commerciali tradizionali, nonostante i negozi dell’usato operino fattivamente nella riduzione dei rifiuti.
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