agroalimentare
L’Italia stenta, ma le agromafie prosperano
In forte crescita il giro d’affari legato alla criminalità nel sistema agroalimentare. Dai campi alla tavola, non c’è settore che non sia stato infiltrato
Crescita a due cifre per il settore dell’“agromafia”, che nel 2014 ha raggiunto i 15,4 miliardi di euro (+10% rispetto al 2013). È quanto emerge dal terzo rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. L’incremento è stato determinato da diversi fattori tra i quali alcuni non prevedibili, come quelli climatici, che hanno colpito pesantemente la produzione, non più in grado di soddisfare la domanda; cosa che apre le porte a fenomeni di ulteriore falsificazione e sfruttamento illegale dei marchi. Altri fattori sono legati alle restrizioni nell’erogazione del credito alle imprese, che hanno portato o alla chiusura di numerosissime aziende o alla necessità per molti imprenditori di approvvigionarsi finanziariamente mediante il ricorso ad operatori non istituzionali, denuncia il rapporto.
Quello che viene presentato è un vero e proprio business “dal produttore al consumatore”: non ci sono passaggi che sfuggano al controllo criminale, «esercitato ormai in forme raffinate attraverso la finanza, gli incroci e gli intrecci societari, la conquista di marchi prestigiosi, il condizionamento del mercato, l’imposizione degli stessi modelli di consumo e l’orientamento delle attività di ricerca scientifica». Attraverso prestanome e intermediari compiacenti, vengono rilevati alberghi. imprese, pubblici esercizi, attività commerciali soprattutto nel settore della distribuzione della filiera agroalimentare.
Partendo dai territori d’origine del Meridione, la rete si estende poi nelle città, anche estere, dove, spiega ancora il rapporto, è più facile nascondersi e infiltrarsi: «i sodalizi criminali “storici”, che si sono evoluti nei termini indicati di criminalità economica anche nel settore agroalimentare, ormai non interessano solo i territori meridionali, ma riguardano anche le aree del Centro e del Nord Italia dove le consorterie mafiose si sono da tempo insinuate nel tessuto economico attraverso un fitto intreccio di interessi tra comitati d’affari locali e famiglie mafiose siciliane, clan camorristici e ’Ndrangheta calabrese», spiega il documento.
Gli interessi criminali sono rivolti anche alle forme di investimento nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e sulla tracciabilità, della macellazione e della panificazione clandestine, dello sfruttamento animale e del doping nelle corse dei cavalli, e lucrano anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per l’ambiente e la salute.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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