variazione clima
L’Islanda cresce… fino a scoppiare?
Dimostrato il nesso tra cambiamenti climatici e la progressiva emersione dell’isola. Un alleggerimento che potrebbe provocare conseguenze devastanti
Come è ormai noto, le isole più piccole e i paesi costieri sono a rischio a causa dei cambiamenti climatici che stanno provocando un relativamente rapido innalzamento degli oceani, e già in diverse parti del Pianeta è emergenza: alcuni atolli o anche arcipelaghi, come le celebri Maldive, sono in parte o del tutto sommersi.
Ma i mutamenti provocati dalla variazione in scala globale del clima non agisce ovunque nella stessa direzione. Esemplare il caso dell’Islanda, che sta invece emergendo dalle acque, e anche in fretta: quattro centimetri all’anno, una velocità che sorprende gli studiosi. La causa? Lo scioglimento dei ghiacci, accelerato dai cambiamenti climatici, sta provocando una perdita di peso superficiale, e quindi l’isola sta progressivamente emergendo dal mare.
La relazione diretta tra il climate change e la “crescita” dell’Islanda (fenomeno già noto da tempo agli studiosi) è stata dimostrata per la prima volta in una ricerca dell’Università dell’Arizona, che verrò pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters. Gli scienziati sono riusciti a tracciare i movimenti dell’isola analizzando i dati raccolti negli anni da 62 ricevitori Gps – alcuni dei quali installati fin dal 1995 – collegati alla superficie rocciosa, una tecnica che si chiama “geodesy”. «L’Islanda è il primo posto dove possiamo dire che a un’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai corrisponde a un’accelerazione dell’innalzamento del suolo» – ha spiegato Richard Bennett, co-autore dello studio.
Una conseguenza ben più grave dell’aumento di superficie riguarda però l’alleggerimento della pressione al di sotto della crosta, che in abbinamento alle temperature elevante potrebbe indurre un considerevole aumento dell’attività vulcanica. Lo stesso Bennett ha ricordato che ci sono prove scientifiche che, durante la passata de-glaciazione, l’attività eruttiva in alcune regioni dell’Islanda è aumentata anche di trenta volte.
Il verificarsi di tale ipotesi sarebbe di certo disastrosa. Basti ricordare l’eruzione del 2010 del vulcano Eyjafjallajökull, che provocò conseguenze a livello planetario, non solo dal punto di vista ambientale. Per mesi il traffico aereo mondiale subì forti disagi, e si stima che le perdite a livello globale siano state di circa cinque miliardi di dollari. Un’eruzione ben più antica, quella del vulcano Laki del 1783, provocò la morte di un quarto della popolazione islandese e di più della metà del bestiame; gli effetti si sentirono anche in Europa – con aumento delle temperature e morti causate dal diossido di zolfo trasportato dalle nubi -, in Nord America, Asia e Africa.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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