economia verde
“La green economy è il nuovo modello di sviluppo”
Il documento finale dell’indagine della Camera, approvato in Commissione, afferma che la green economy può fornire gli elementi per uscire dalla crisi e tutelare l'ambiente
La green economy come opportunità per affrontare la crisi e, al tempo stesso, contrastare i cambiamenti climatici. È la chiave di lettura del documento finale dell’indagine conoscitiva sull’economia verde in Italia, approvato oggi all’unanimità dalle Commissioni Ambiente, territorio e lavori pubblici e Attività produttive della Camera dei Deputati. Un lavoro importante che traccia lo stato dell’arte, frutto di un’importante opera di indagine che ha raccolto oltre 50 contributi di realtà rappresentative e portatrici di interesse nel settore: da Greenpeace alla Tesla, dai ministeri competenti alla Coldiretti, dall’Enea al Kyoto club.
“La green economy non è solo il modello di sviluppo ormai convintamente indicato a livello internazionale ed europeo, ma anche il modello più aderente alle caratteristiche dell’Italia, più in grado di tenere insieme e di rinvigorire gli elementi fondamentali dell’identità italiana – si legge nel documento -: la bellezza del patrimonio storico-naturalistico e la qualità delle produzioni, la creatività e l’operosità degli imprenditori e dei lavoratori, la coesione sociale e il rapporto stretto fra economia, territorio e comunità”. È ormai giunto il momento di passare dalla cosiddetta brown economy, basata sullo sfruttamento delle risorse naturali, ad un approccio che “non solo riconosce i limiti del Pianeta, ma li rimarca come confini all’interno dei quali deve muoversi il nuovo modello economico basato su un uso sostenibile delle risorse ed una riduzione drastica degli impatti ambientali e sociali, ai fini di un miglioramento generalizzato della qualità della vita. In questo senso, la green economy si configura come un nuovo modello economico tout court e non può e non deve essere considerata semplicemente come la parte “verde” dell’economia”. Il documento sottolinea che la crescita green porterà nuove idee, nuovi imprenditori e nuovi modelli di business, contribuendo così alla creazione di nuovi mercati e, infine, alla creazione di nuovi posti di lavoro e di trasformazione industriale. Una recentissima comunicazione della Commissione europea afferma che fra il 2002 e il 2011 sono stati creati in Europa circa quattro milioni di “lavori verdi” e, di questi, circa un milione è stato creato fra il 2007 e il 2011, negli anni più duri della crisi economica. Le previsioni parlano di oltre 20 milioni di nuovi posti di lavoro verdi che si possono creare in Europa di qui al 2030.
“Nel nostro Paese, come evidenziato anche dal rapporto GreenItaly di Symbola e Unioncamere, già oggi esiste un’Italia che scommette sull’economia verde, il 22% delle imprese ha investito sull’ambiente e queste sono le più attive nell’export e nella creazione di nuovi posti di lavoro, producendo il 40% dei nuovi occupati – ha dichiarato Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera -. Un’economia innovativa che punta su ricerca, conoscenza, qualità, che anche a livello europeo rappresenta una straordinaria occasione per rilanciare economia e occupazione”.
Nel documento sono poi indicati i settori che al momento investono nel “green” con più convinzione, e si tratta di quelli trainanti del Made in Italy, quelli più tradizionali e quelli di più recente acquisizione: il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).
La green economy fa dunque già parte del presente della nostra economia, ma perché le venga assicurato un futuro bisogna attuare un vasto programma di riforme strutturali in grado di riorientare risorse, investimenti, comportamenti. “Se questo è vero allora green economy significa investimenti ingenti su scuola, formazione e ricerca; significa ridare impulso ad una politica che sia in grado di programmare e orientare nel medio-lungo periodo; significa cura scrupolosa del territorio nelle sue diverse declinazioni: città, ambiente, cultura, agricoltura, paesaggio, infrastrutture”, prosegue il documento, che individua le priorità su cui focalizzare attenzioni e investimenti: attuare una riforma fiscale ecologica che sposti il carico fiscale, senza aumentarlo, a favore dello sviluppo degli investimenti e dell’occupazione green; incentivare la penetrazione di strumenti credibili ed oggettivi di quantificazione degli impatti ambientali associati alle attività umane, con lo scopo di misurarne la sostenibilità; attivare programmi per un migliore utilizzo delle risorse europee e per sviluppare strumenti finanziari innovativi; attivare programmi di informazione in merito ai finanziamenti esistenti e programmi di semplificazione e di trasparenza in merito all’accesso al credito.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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