Aree protette
La ricchezza dei parchi italiani
Parlano di green economy anche le aree protette italiane e scopriamo che il 3,2% della ricchezza nazionale arriva dalla natura
Fra pochi giorni, il 16 ottobre, si svolgerà a Roma il convegno organizzato da Federparchi sull’economia sviluppata dalle aree protette in Italia. Titolo dell’iniziativa è “I parchi sono green economy?”.
Domanda retorica, ovviamente, perché «perseguire l’obiettivo strategico della “conservazione” – come ricorda anche il rapporto WWF sui vent’anni di parchi in Italia – significa oggi operare attivamente per assicurare il mantenimento di campioni rappresentativi delle principali unità biotiche, il mantenimento degli ecosistemi in funzionamento perpetuo, il mantenimento della diversità biologica, il mantenimento delle risorse genetiche, il mantenimento delle bellezze paesaggistiche e dell’ambiente fisico».
In termini economici veri e propri, pochi giorni fa a Pescasseroli, in occasione dei 90 anni del Parco nazionale d’Abruzzo, nel corso di un convegno organizzato da Fondazione Symbola, Regione Abruzzo, Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, Unioncamere, Federparchi e Camera di Commercio de L’Aquila, sono stati presentati dati oggettivi che servono a fare chiarezza.
«Il nostro sistema nazionale delle aree protette – ha spiegato Domenico Mauriello, responsabile del Centro studio Unioncamere – dimostra di essere non solo un inestimabile patrimonio naturale e territoriale, ma anche un fattore importante di promozione dello sviluppo locale. Non a caso dai nostri parchi nazionali arriva il 3,2% della ricchezza prodotta nell’intero Paese. Una ricchezza alla quale contribuisce in modo rilevante l’agricoltura, che fa delle aree protette la propria terra d’elezione dove generare il 6,5% del valore aggiunto nazionale del settore. Ma anche il turismo, che nei territorio “verdi” produce il 5,9% dell’intero valore aggiunto del settore. Una ricchezza che si riflette anche sul benessere delle comunità locali e delle famiglie».
Parlando di valore economico, il valore aggiunto proveniente dalle imprese private che si genera nei 527 comuni dei 24 parchi nazionali italiani ammonta a 34,6 miliardi di euro (al 2011). Come testimonia lo studio “L’economia reale del sistema delle aree naturali protette” del Centro studio Unioncamere presentato durante la tavola rotonda.
Sul fronte economico, infatti, i parchi di rilevanza nazionale contano circa 332 mila unità locali, pari al 4,6% degli insediamenti produttivi del Paese. Si tratta di realtà dinamiche, cresciute del 12,7% contro l’11,9% nazionale nel decennio 2000/2011. Così come accadeva per la popolazione, anche la distribuzione di unità locali vede in vantaggio il Sud, con oltre 236 mila realtà, contro le oltre 95 mila del Centro Nord. Le realtà imprenditoriali presenti nei parchi nazionali dimostrano una forte vocazione per le attività agricole e commerciali e una tendenza all’espansione del tessuto produttivo più significativa rispetto alla media nazionale.
Un importanza particolare, sociale ed economica, è rivestita dal settore turistico. Solo nel 2010 i comuni delle aree nazionali protette hanno registrato un totale di presenze turistiche (in termini di pernottamenti) di oltre 22 milioni di unità, pari al 5,9% delle presenze turistiche di tutta Italia. La classifica delle aree protette più visitate vede in testa i parchi del Cilento (4,2 milioni di presenze), del Gargano (4,1 milioni), dello Stelvio (4,1 milioni), seguiti dal Parco dell’Arcipelago Toscano (a quota 3,1 milioni) e dal Parco delle Cinque Terre (0,7 milioni).
Parchi, infine, vuol dire in alcuni casi anche rinnovabili. I parchi nazionali italiano possono, infatti, fare affidamento su oltre 16 mila impianti fotovoltaici, il 4% del totale nazionale, una rete di piccoli impianti che complessivamente producono 735 Gwh, generando una potenza procapite di 25 kwh. Una rete virtuosa, precisa lo studio di Unioncamere, in cui esercita un ruolo di primo piano il Mezzogiorno, con i parchi Asinara, Appennino Lucano e Alta Murgia, seguiti da a Majella e Gran Sasso.
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L'autore
Marco Gisotti
Direttore scientifico di Green factor, ha creato e dirige dal 2005 il Master in Comunicazione ambientale del Centro studi CTS con il Dipartimento di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma e l’ENEA. È autore, con Tessa Gelisio, di “Guida ai green jobs. Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro” (Edizioni ambiente).
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