Il business verde delle alghe
Il loro utilizzo è particolarmente diffuso nel fotovoltaico
Photo: Loriz
Per i non addetti ai lavori è difficile legare le alghe a concetti di business, eppure esistono innovativi settori di ricerca e di sperimentazioni industriali ad esse collegati. A livello mondiale, attualmente, sono utilizzate nell’industria alimentare, farmacologica, mangimistica, tessile e addirittura tecnologico-energetica. Studi sui biologici processi di fotosintesi clorofilliana e capacità di adattamento all’ambiente delle colture algali, permettono, infatti, di utilizzarle per catturare biossido di carbonio (CO2) da punti di emissione fissi, per produrre energia pulita, farmaci anti-tumorali, anti-infiammatori, anti-virali, alimenti, mangimi, cosmetici. Siamo in fase applicazione sperimentale ma i risultati finora ottenuti ci prospettano una “seconda rivoluzione verde” decisamente a base di microalghe che come afferma Mario Tredici, professore dell’Università degli Studi di Firenze, «hanno un enorme potenziale».
Colture algali e fotovoltaico
Le alghe suscitano molto interesse per le loro applicazioni in campo energetico. Degno di nota è il progetto denominato Bpv (Biological Photovoltaics): un pannello solare basato su microorganismi fotosintetici (alghe unicellulari e cianobatteri) utilizzati come una pellicola e disposti su un elettrodo conduttore.
L’Università di Cambridge, con un finanziamento principalmente pubblico, ha iniziato a lavorarci dal 2008 coinvolgendo ben quattro Dipartimenti. Tra il numeroso team di studiosi citiamo per tutti il Prof. Chris Howe, il Prof. Adrian Fisher e il Dr. Paolo Bombelli. A quest’ultimo abbiamo chiesto maggiori dettagli sul progetto e lui ci spiega che: «il sistema funziona come una batteria dove a fornire gli elettroni sono degli organismi fotosintetici tramite la fotolisi dell’acqua. Quasi tutti gli organismi fotosintetici (escluso quelli non ossigenici) sono in grado di indurre fotolisi dell’acqua. Tramite questo processo, le molecole di acqua sono scomposte in protoni, elettroni e ossigeno utilizzando l’energia della luce. Gli elettroni (e i protoni) che ne derivano sono fisiologicamente utilizzati per molti processi metabolici (per esempio per trasformare la CO2 in zuccheri). Riuscendo a posizionare questi organismi fotosintetici all’interno di un circuito elettrico, è possibile indirizzare gli elettroni e i protoni verso due elettrodi (anodo e catodo rispettivamente). Il circuito viene poi completato collegando questi elettrodi e permettendo agli elettroni di migrare dall’anodo al catodo dove sono consumati reagendo con i protoni».
Molto incuriositi gli chiediamo anche dei risultati e Paolo Bombelli ci fa sapere che: «l’efficienza attuale è di uno 0,1% (basato su un’illuminazione di 10 W per metro quadro) ma quando abbiamo iniziato era minore dello 0,001%, siamo dunque ottimisti considerando i progressi fatti fin ora. Il sistema funziona in continuo per parecchie settimane (dunque le alghe non muoiono) e richiede come sola attenzione di essere innaffiato (e illuminato)». Prosegue aggiungendo che: «Per ora possiamo garantire una potenza per unità di area limitata (circa 10 mW per metro quadro). Il nostro obiettivo è di riuscire a migliorare questo valore fino a 3-5 W per metro quadro, un traguardo ambizioso ma possibile. Penso che ci vogliano ancora 5/6 anni per poterlo raggiungere (dipende dai fondi a disposizione e dalla nostra bravura). […] Detto questo dovremmo poi attendere ancora un poco prima di vedere questa tecnologia sul mercato. Prima di tutto perché serve tempo per trasformare un prototipo da laboratorio in un prodotto finito, secondo perché dobbiamo imparare a usare meglio l’energia». Nel frattempo, a marzo 2010, a Londra all’evento chiamato The Big Bang fair, hanno anche presentato un sistema dimostrativo, dove un Bpv a forma di torre faceva funzionare un orologio digitale
L’approfondimento proseguirà con un nuovo articolo che sarà online domani
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L'autore
Anna Simone
Anna Simone è una Sociologa Ambientale e si occupa di tematiche ambientali dal punto di vista sociale e culturale, contestualizzando quello che succede al posto in cui è successo per comprenderlo, analizzarlo e spiegarlo. È autrice del blog Ecospiragli.
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