Biodiversità
Fermare le estinzioni cambiando gli stili di consumo
Vivere in modo più sostenibile è la chiave per migliorare il benessere del genere umano, sconfiggere la povertà, incrementare la conservazione della biodiversità
Mentre il ministro indiano dell’Ambiente Prakash Javadekar annuncia al mondo che nel suo Paese in quattro anni la popolazione delle tigri è cresciuta del 30 per cento (passando da 1.706 a 2.226 esemplari), uno studio pubblicato sulla rivista Conservation Letters denuncia che solo un cambio radicale nei modelli di consumo potrebbe salvare dall’estinzione oltre 400 specie, altrimenti condannate a sparire entro il 2050.
La recente ricerca – condotta da ricercatori appartenenti a 10 team internazionali e coordinata dalla Università La Sapienza di Roma – ha stimato l’impatto di futuri scenari di sviluppo antropico sulla conservazione delle specie di ungulati e carnivori nel mondo: i risultati raggiunti dimostrano che, perseguendo l’attuale modello di sviluppo socio-economico, si andrebbe incontro a un aumento drastico dei tassi di deforestazione e di emissioni di CO2, e conseguentemente a un aumento del rischio di estinzione per una specie su quattro di carnivori e ungulati. Dalla ricerca sugli indicatori di biodiversità emerge però una soluzione per evitare questo disastro ambientale, il “Consumption Change”.
«Abbiamo scoperto che uno scenario alternativo esiste ed è in grado di eradicare fame e povertà e di migliorare il benessere umano in generale, raggiungendo al contempo un miglioramento dello stato di conservazione della biodiversità», ha dichiarato Piero Visconti, ricercatore affiliato al laboratorio Global Mammal Assessment del dipartimento di Biologia e biotecnologie Darwin della Sapienza e al centro di Microsoft Research a Cambridge. In questo scenario di “Consumption Change” l’accesso alle risorse alimentari, energetiche e idriche da parte delle fasce più povere della popolazione umana aumenterà fino a raggiungere i “Millennium Development Goals” delle Nazioni Unite; allo stesso tempo i consumi e le emissioni procapite da parte dei Paesi sviluppati saranno ridotti attraverso il contenimento della produzione di scarti agricoli post-produttivi e con l’adozione di una dieta più salutare, associata a un minor consumo di carne, come raccomandato dalla Harvard Medical School of Public Health. Lo studio evidenzia come l’aumentata domanda di prodotti agricoli potrà essere soddisfatta senza espandere le coltivazioni, grazie all’uso più efficiente dell’attuale capacità produttiva.
«Questa è la prima volta in cui si dimostra che le azioni individuali per il raggiungimento di uno stile di vita più sostenibile, come per esempio il ridotto consumo di carne, possono avere nel loro insieme un enorme impatto per la biodiversità del mondo», afferma Carlo Rondinini, coordinatore del laboratorio Global Mammal Assessment.
Il percorso di cambiamento socio-politico di questo scenario è stato progettato in maniera ricorsiva, partendo da un set di obiettivi da raggiungere entro il 2050 e il 2020 e proiettando all’indietro, fino ai nostri giorni, i livelli di consumo di risorse necessari a raggiungere gli obiettivi finali, con l’uso di modelli socio-economici, biofisici ed ecologici. Questa tecnica, denominata “back-casting”, è nuova nei settori dell’ecologia e della conservazione e in questo studio è stata testata per la prima volta per predire il rischio di estinzione futura di un intero gruppo di specie animali.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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