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Clima, nessun risultato da Varsavia
Le associazioni ambientaliste hanno abbandonato polemicamente i lavori della Conferenza Onu sul clima: i veti incrociati impediscono di arrivare a un'intesa per limitare la CO2
Altro che arrivare a un accordo internazionale per limitare le emissioni di gas serra e i sempre più imminenti cambiamenti climatici: la Conferenza Onu di Varsavia sul clima rischia di concludersi con un fallimento storico. Sei importanti organizzazioni non governative, tra cui Greenpeace e Wwf, hanno abbandonato ieri i lavori, avvertendo che la conferenza non produrrà “alcun risultato”. I sei gruppi avevano presentato alla Conferenza una serie di richieste, tra cui quella che venissero impostati gli obiettivi sul clima per il 2020 con tagli alle emissioni maggiori e non minori rispetto al passato.
“Le organizzazioni e i movimenti che rappresentano persone da ogni angolo della Terra hanno deciso che il modo migliore di impiegare il proprio tempo è di ritirarsi volontariamente dai negoziati”, si legge in una nota dei sei gruppi. “Quello che doveva essere un passo importante nella giusta transizione verso un futuro sostenibile – viene denunciato – si avvia a non produrre alcun risultato”. In effetti la Conferenza di Varsavia, che si era aperta l’11 novembre e si concluderà oggi, avrebbe dovuto aprire la strada a un accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas serra da firmare nel 2015 a Parigi, è stata sostanzialmente ostaggio dei veti incrociati tra Paesi ricchi e poveri.
Il punto fondamentale di disaccordo è soltanto uno: i soldi . I Paesi in via di sviluppo chiedono a quelli occidentali di onorare un impegno preso nel 2009, ossia la raccolta di 100 miliardi di dollari (74 miliardi di euro) entro il 2020, molto più dei 10 miliardi di dollari raccolti tra il 2010 e il 2012. Altra richiesta è quella dell’introduzione di un nuovo meccanismo che li aiuti a gestire le perdite e i danni legati al cambiamento climatico. Le nazioni più agiate temono di rimanere però incastrate in richieste continue di indennizzi.
In occasione dell’abbandono in massa del negoziato il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo, ha emesso un comunicato molto duro: “Il governo polacco ha fatto del suo meglio per trasformare questo negoziato in una vetrina per l’industria del carbone. Assieme al cedimento di Giappone, Australia e Canada, e all’assenza di leadership dagli altri Paesi, i governi convenuti a questa Conferenza hanno preso a schiaffi coloro che stanno soffrendo per le pericolose conseguenze del cambiamento climatico. In particolare, l’Unione Europea è ostaggio del governo della Polonia e dei suoi amici dell’industria del carbone; da questa morsa deve svincolarsi per tornare a guidare l’agenda sul clima se a Parigi, nel 2015, vogliamo che si dia vita a un accordo significativo. (..) Noi non ci arrenderemo, perché i cittadini del Pianeta hanno un bisogno disperato di un trattato globale sul cambiamento climatico. Ma un nuovo trattato deve essere efficace. Varsavia, semplicemente, non è stata utile abbastanza. Come società civile torneremo il prossimo anno con un peso ancora maggiore, con più determinazione e più ambizione. Ci aspettiamo che i governi facciano lo stesso”.
La Conferenza di Varsavia potrebbe anche concludersi in extremis con l’ennesima e generica dichiarazione d’intenti ma, continuando di questo passo, l’obiettivo di contenere il cambiamento climatico sotto i due gradi centigradi (individuato dagli esperti come limite per evitare catastrofi climatiche senza ritorno) appare sempre più difficile.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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