Biocarburanti: lo sprint delle microalghe
Corsa agli investimenti per i combustibili derivanti da colture algali. L'inglese Carbon Trust finanzia un progetto da dieci ettari in Spagna. Tre i principali progetti italiani
Photo: jurvetson by flickr
Sono già cominciate le scommesse economiche sui biocarburanti derivanti dalle microalghe: negli Stati Uniti e in Europa hanno già richiamato ingenti investimenti mirati a trovare strade alternative ed efficienti ai combustibili di origine fossile. Ma non solo. La fiera Algaeurope che partirà domani 26 ottobre a Milano sarà un’occasione per esplorare le opportunità derivanti dalle colture algali, spesso già valorizzate in altri settori, come l’alimentazione e la cosmesi.
A partire dalle aziende italiane. Biomedical Tissues, per esempio, è una società nata dal Centro di ricerca Crs4 di Cagliari: ha brevettato un sistema per ricavare biodiesel dalle alghe, utilizzabile per trasporti su gomma e nell’aviazione. E punta anche sulla progettazione di bioreattori. Ha orizzonti più ampi la veneta Microlife, specializzata nelle microalghe: guarda ai biocarburanti e scommette anche su farine per l’industria alimentare, mangimi e prodotti per la cosmesi.
Pochi sembrano scoraggiati dal fatto che le applicazioni industriali arriveranno forse non prima di dieci anni, come sottolinea uno studio appena pubblicato su Science da due ricercatori olandesi della Wageningen University, René Wijffels e Maria Barbosa. “Ma potremmo arrivare a produzioni industriali di biocarburanti anche in 5-10 anni”, osserva Mario Tredici, presidente della European Algae Biomass Association e fondatore di Fotosintetica&Microbiologica (in collaborazione con l’università di Firenze) che sarà presente anche a Algaeurope. Anzi, proprio il Mezzogiorno potrebbe diventare terreno fertile per la “seconda rivoluzione verde”. “Al Sud possiamo ottenere 15-20 tonnellate per ettaro, utilizzando terreni marginali e acqua di mare. È tre-quattro volte la produzione derivante da palma”, aggiunge Tredici.
I costi, però, sono ancora da definire. Le colture avvengono ancora in impianti sperimentali: la sfida è ampliare la scala in modo efficiente.
Al momento la stima è di 0,5 euro al chilo di biomassa, ma a due condizioni. La prima è la vicinanza di un’impresa che fornisca anidride carbonica senza costi: sarebbe un sistema per diminuire l’impatto ambientale delle attività industriali e riutilizzare CO2. La seconda è di ottenere i fertilizzanti in modo gratuito: per esempio, ricavandoli dagli scarti di altre filiere economiche. Si tratta, però, ancora di un prezzo non competitivo con i biocombustibili ottenuti da altre fonti, come la canna da zucchero e il mais. E, a differenza di altri carburanti di origine non fossile (come il bioetanolo ottenuto, per esempio, dal mais), le colture algali non entrano in competizione con l’alimentazione umana: evitano, quindi, impennate speculative sui prezzi che nelle nazioni in via di sviluppo possono contribuire all’aumento del costo della vita.
Algaeurope, dunque, è l’occasione per toccare con mano lo stato dell’arte del mercato: riunisce produttori di tecnologie, impianti e macchinari per la produzione, commercializzazione e utilizzo delle alghe. Inoltre, al momento in Italia sono tre i principali progetti operativi di ricerca scientifica. Come Mambo (Microalghe Materia prima per BioOlio): è stato lanciato da Assocostieri, l’associazione nazionale che riunisce i produttori di biocarburanti: la prima fase di sperimentazione è conclusa, ma bisogna sviluppare tecnologie per arrivare a scala industriale. Tra i principali problemi, il dispendio energetico per la separazione della biomassa dalle acque. Sono attive sperimentazioni preliminari di Enel (Brindisi) e di Eni (Gela).
Gli Stati Uniti hanno premuto il piede sull’acceleratore. La compagnia petrolifera Esso ha investito di recente 600 milioni di dollari nella Celera Genomics: è la società fondata da Craig Venter, il biologo che ha sequenziato per primo il genoma umano. Lo stanziamento finanzia le attività di ricerca per ricavare biocarburanti dalle microalghe. In Europa, invece, la principale iniziativa in cantiere è promossa dal Carbon Trust attraverso la Algae Biofuel Challenge: è un progetto per raggiungere 70 miliardi di litri di carburante derivante da coltrue algali l’anno nei prossimi vent’anni. Il risparmio di anidride carbonica calcolato dalla fondazione scientifica inglese sarebbe di 160 milioni di tonnellate di CO2. La produzione attuale globale si aggira sulle 10mila tonnellate di biomassa algale, soprattutto per usi nell’industria cosmetica.
A breve partirà in Spagna un impianto pilota sull’estensione di dieci ettari. Ma la posizione geografica favorisce soprattutto i paesi in via di sviluppo con elevato irraggiamento solare: le microalghe fornirebbero proteine e biocarburanti a basso costo per le popolazioni locali.
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L'autore
Luca Dello Iacovo
Giornalista freelance, collabora con "Nòva-Il Sole 24 Ore". Segue l'evoluzione del mondo di internet e le frontiere della sostenibilità.
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