Mobilità verde
Bici e ciclabilità: rimandate le città italiane
Dal dossier di Legambiente su mobilità e ciclabilità sui capoluoghi emerge che c’è ancora molto da fare per città a misura di pedoni, pedali e pendolari
Photo: ProfDEH / Wikipedia
Come si muovono gli italiani nelle città? Le biciclette sono un mezzo utilizzato? Cosa fanno le amministrazioni per essere Comuni “a misura di bicicletta”? Sono solo alcune delle domande cui cerca di dare una risposta l’A-bici della ciclabilità, dossier realizzato da Legambiente, Rete Mobilità Nuova e bikeitalia.it analizzando quanto accade in 104 città italiane capoluogo di provincia.
Il primo obiettivo è sfatare alcuni luoghi comuni a partire da quello più diffuso: per avere più ciclisti urbani servono più piste ciclabili. Un esempio è fornito da Brescia, una delle città italiane con più chilometri di ciclabili e con più servizi, ha ciclo parcheggi di scambio, bici a noleggio, una diffusa segnaletica per le due ruote.
“Eppure solo il 3% degli abitanti si muove quotidianamente a pedali. Ferrara, un’altra città padana altrettanto piatta e altrettanto ricca, ha infrastrutture e servizi analoghi, ma la quota di cittadini che si sposta in bici è nove volte più alta (il 27%)”, segnala Legambiente.
Modalità di ricerca
L’associazione ambientalista spiega le modalità della ricerca, condotta insieme a Rete Mobilità Nuova e bikeitalia.it: tramite un questionario inviato a tutti i Comuni capoluogo di provincia, hanno raccolto una serie di informazioni legate alla mobilità e alla ciclabilità. Con queste informazioni, opportunamente pesate, è stato costruito l’indice delle ciclabili equivalenti, che misura la lunghezza (in metri/100 abitanti) di tutti i percorsi potenzialmente accoglienti per la bici.
Infine è stato elaborato un terzo indice, l’indice di ciclabiltà, che misura la capacità delle amministrazioni comunali di predisporre una serie di strumenti che favoriscono la mobilità ciclabile: creazione di ufficio biciclette, approvazione di un piano per la mobilità
ciclabile, presenza di bike sharing, di cicloparcheggi di interscambio, di bicistazioni e di sensi unici eccetto bici.
L’idea di partenza è stata quella di andare a verificare la presenza (o l’assenza) di simmetria tra il parametro più importante (il modal share, ossia lo stile di mobilità preferito dagli abitanti) e gli altri due parametri relativi alla dotazione infrastrutturale e ai servizi per le due ruote.
La prima cosa che si è scoperto è che non c’è questa corrispondenza tra ciclisti, ciclabili, ciclouffici e cicloservizi. Un esempio: Bolzano e Padova, in percentuale, hanno un estensione di corsie per le due ruote quasi identica e differenze insignificanti per quello che riguarda i servizi, ma la prima ha il 28% di spostamenti in bici e la seconda il 17%.
Città promosse e bocciate
Sono state stilate due classifiche: la prima sulla mobilità nuova, alle città che nel proprio territorio sono riuscite a fare in modo che gli spostamenti motorizzati individuali in auto, moto e scooter scendessero a un livello accettabile, inferiore o vicino a un terzo del totale. In questa particolare graduatoria ci sono Bolzano (la somma di spostamenti in auto e moto arriva al 30%) e molto distanziata Pisa, col 41% di spostamenti individuali motorizzati.
C’è poi la classifica relativa alla sola ciclabilità, a quell’insieme di città dove una quota significativa della domanda di mobilità è assorbita dalla bici. Ai primi posti troviamo di nuovo Bolzano, insieme a Pesaro e Ferrara (con il 27-28% di mobilità urbana soddisfatta dalle due ruote), seguita da Venezia-Mestre con il 20%. Altre sei città superano il 15% (Pordenone, Pavia, Pisa, Padova, Treviso, Reggio Emilia) e altre tre sono almeno sopra il 10% (Modena, Parma e Udine).
Tra le varie voci analizzate riportiamo quella dedicata ai metri di piste ciclabili equivalenti ogni 100 abitanti. Tra le grandi città Padova, Venezia e Verona superano i 10 metri equivalenti mentre cinque non raggiungono il valore di 1 m_eq/100 ab. Reggio Emilia registra il valore più alto tra le città di medie dimensioni, 38,02 m_eq/100 ab.
Sono 16 i capoluoghi di medie dimensioni che superano la soglia di 10 m_eq/100 ab (fra queste solo Alessandria si avvicina a quasi 20 m_eq/100 ab). Tuttavia cinque Comuni capoluogo non raggiungono neppure un metro: Salerno, Sassari, Cagliari, Reggio Calabria e Siracusa.
In generale, c’è ancora molto “da pedalare” prima che si arrivi a città davvero a misura di pedoni, pedali e pendolari. C’è bisogno di leggi ma anche di un po’ di ampiamento di vedute e un lavoro di squadra Governo-Comuni, come dimostrano i casi di Bilbao e in diversi centri in Ungheria che, in soli sette anni (2004-2011), hanno visto crescere da zero fino al 20% la quota di spostamenti in bicicletta.
L’esempio finale è Budapest: con un’accorta politica mirata a rendere difficile l’accesso delle auto nelle aree centrali tramite meno parcheggi su strada e aree di sosta più care, tra 2004 e 2011 l’uso dell’auto privata si è più che dimezzato, passando dal 43 al 20%.
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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