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Attacco al petrolio

Greenpeace si oppone all'estrazione del petrolio al largo delle coste italiane "attaccando" le trivelle nel Mediterraneo

Scritto da il 14 ottobre 2014 alle 13:51 | 0 commenti

Attacco al petrolio

Greenpeace ha “attaccato” le trivelle nel mediterraneo. Con l’appoggio della nave Rainbow Warrior, la nave erede della prima imbarcazione affondata dai servizi segreti francesi negli anni ottanta, alcuni attivisti dell’associazione ambientalista hanno “assaltato” con una serie di gommoni, la piattaforma di estrazione di idrocarburi Prezioso di ENI Mediterranea Idrocarburi, nel Canale di Sicilia, al largo della costa di Licata (Agrigento). Vedi le foto dell’azione in fondo alla pagina.

L’azione è rivolta verso il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il suo decreto “Sblocca Italia” che prevede la deregulation “selvaggia”, secondo Greenpeace, delle attività di ricerca ed estrazione de petrolio off shore, traducendosi in uno “Sblocca trivelle”.«Siamo entrati in azione per contrastare una politica ‘fossile’ sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia: il mare, il paesaggio, la biodiversità. Renzi è sulla strada sbagliata, e fin quando la percorrerà troverà sempre la forte opposizione di Greenpeace», spiega Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima dell’associazione.

Nella zona dove si è svolta l’azione, ENI vorrebbe realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei pozzi di produzione e i relativi oleodotti e alcuni di questi sono a una distanza di circa 12 miglianautiche dalla costa. Si tratta di un progetto chiamato “Offshore Ibleo”, che ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale positiva, ma che secondo Greenpeace insufficiente. L’associazione, assieme ad altre associazioni ambientaliste e cinque amministrazioni locali ha fatto ricorso al Tar del Lazio, poichè, secondo i ricorrenti la VIA sarebbe lacunosa e approssimativa. Un rapporto sulla questione si trova qui: www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/Offshore-IBLEO.

La svolta fossile di Matteo Renzi sarebbe comunque del tutto insufficiente. Secondo dati del ministero dello Sviluppo economico infatti con l’attività petrolifera off shore potremmo estrarre 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe, corrispondenti alla copertura per otto settimane del nostro fabbisogno nazionale. «Renzi ha detto che non si può rinunciare a estrarre il nostro petrolio, poco e di scarsa qualità, per l’opposizione di tre o quattro comitatini locali. È male informato: non si tratta di piccoli comitati, ma di una rete di migliaia e migliaia di persone, che si va organizzando per proteggere il mare, le coste, il turismo, la pesca sostenibile, la bellezza del Paese», conclude Boraschi.

Inoltre c’è una questione di fondo. Ossia il segnale che si da, con questi atti, rispetto alle politiche energetiche ambientali. In pratica l’estrazione off shore può diventare un indirizzo che orienta il Paese verso le fonti fossili, magari provenienti dai gicimenti di shale oil, o dagli scisti bituminosi, fermando di fatto le rinnovabili. Il segnale quindi è quello che c’è spazio per i fossili nello scenario delle politiche energetiche italiane, mentre si chiudono quelli per le rinnovabili.

 

Tre associazioni ambientaliste, infine, WWF Italia, Legambiente e Greenpeace Italia presenteranno giovedì prossimo un programma di iniziative per contrastare il rilancio delle estrazioni petrolifere in Italia. Tra i motivi di questa opposizione alle disposizioni contenute nell’art. 38 del dl 133/2014 ci sono articoli che:

1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità;

2) trasferiscono d’autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente;

3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione;

4)  prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario;

5) applicano impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale;

6) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in “progetti sperimentali di coltivazione”;

7) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
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L’azione di Greenpeace


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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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