Studi
Usa, le rinnovabili sono competitive con le fossili
Il costo di produzione dei grandi impianti fotovoltaici ed eolici è addirittura inferiore a quello delle centrali tradizionali
Uno dei temi più discussi in materia di energie rinnovabili riguarda la competitività di queste fonti con quelle tradizionali. Anche perché in questi anni le fonti pulite, un po’ in tutto il mondo, sono avanzate grazie al sostegno dei sistemi di incentivazione, a loro volta pagati dalle bollette elettriche dei consumatori. Ma le cose, in alcune aree del pianeta, sembrano ormai sul punto di cambiare. In particolare negli Usa, uno dei mercati più promettenti. Secondo uno studio pubblicato dal quotidiano londinese Financial Times, intitolato “US Solar and Wind start to outshine Gas”, i grandi impianti eolici e fotovoltaici statunitensi dal punto di vista economico possono già oggi competere con gli impianti alimentati a fonti fossili (gas naturale e con la generazione a carbone), senza bisogno di ricorrere a incentivi statali. Lo studio calcola, per vari tipi di impianto il LCOE (Levelized Cost Of Energy), un calcolo che, semplificando, deve valutare i diversi costi sostenuti (installazione, operativi, combustibili, ecc), spalmandoli sull’energia elettrica prodotta durante vita utile dell’impianto.
Da qui ne deriva che negli Stati Uniti nel 2014 gli impianti solari fotovoltaici di grandi dimensioni sono in grado di produrre energia elettrica con un costo compreso tra 72 ed 86 dollari per megawattora, mentre i grandi impianti eolici producono con un costo di 37-81 $/MWh, senza contare su alcun incentivo statale o federale. Nel calcolo non vengono considerati costi relativi all’intermittenza che caratterizza la produzione da fonte eolica e solare (costi di trasmissione e impianti di backup). Invece, gli impianti a gas a ciclo combinato nel 2014 producono energia elettrica del costo di 61-87 dollari al MWh, mentre quelli a carbone possono produrre a 66-171 dollari per MWh (il costo più elevato considera integrazione con CCS in grado di stoccare il 90% della CO2 prodotta).
In effetti, a prescindere dallo studio, è indubbio che gli Stati Uniti stiano assistendo allo sviluppo di grandi impianti fotovoltaici a terra e parchi eolici, che per il momento beneficiano di sgravi fiscali, ma che fondamentalmente sono convenienti perché assicurano alle utility la produzione di energia a costi competitivi. E in Italia? Secondo alcuni studi condotti, la verità è che al momento attuale non converrebbe investire in nessuna fonte non incentivata, né rinnovabile né tradizionale. Il basso prezzo di acquisto dell’elettricità alla Borsa elettrica, crollato tra 2013 e 2014 per via del calo della domanda elettrica nazionale, non incoraggia gli investimenti nei grandi impianti elettrici, che infatti sono pressoché fermi per quanto riguarda le rinnovabili non incentivate, mentre molte centrali termoelettriche già in funzione sono addirittura a rischio chiusura.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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