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Teleriscaldamento, un monopolio benefico | Tekneco

Tecnologie

Teleriscaldamento, un monopolio benefico

Il via libera arriva dall’Autorità garante per la concorrenza, che mette in luce i numerosi aspetti positivi di questa tecnologia

Scritto da il 14 marzo 2014 alle 8:30 | 1 commento

Teleriscaldamento, un monopolio benefico

Il teleriscaldamento è sostanzialmente un monopolio naturale con effetti benefici positivi sotto molti punti di vista. È quanto evidenzia una recente indagine conoscitiva resa nota dall’Autorità garante per la concorrenza, avviata già nel 2011.

Il documento, innanzitutto, fa piazza pulita dei possibili ostacoli alla libera concorrenza posti da questa fonte energetica: “Come accade in tutte le industrie a rete, l’investimento nella rete e negli impianti è elevato ed è in larga misura non riutilizzabile in altri settori, e quindi irrecuperabile. L’entità dell’investimento irrecuperabile rende improbabile la costruzione di due reti nello stesso ambito geografico e quindi crea le condizioni perché ciascuna rete si configuri come un monopolio naturale”, si legge nello studio. Dunque la concorrenza, piuttosto, deve essere vista in relazione agli altri sistemi di riscaldamento.

Secondo l’Autorità per la concorrenza, però,  almeno da un punto di vista teorico, non sembra esserci partita con le altre tecnologie termiche: sul piano dell’efficienza energetica, il teleriscaldamento, permette la produzione di calore con rendimenti medi più elevati di altre modalità di riscaldamento (a parità di combustibile impiegato) e  di risparmiare risorse energetiche attraverso l’uso del calore altrimenti disperso generato dalla produzione di energia elettrica e da vari processi industriali, nonché dall’incenerimento dei rifiuti.

Sul piano ambientale, a parità di calore prodotto, il teleriscaldamento può consentire una significativa riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, rispetto alla somma di quelle prodotte dalla combustione nelle caldaie individuali o condominiali sostituite, a causa sia della maggiore facilità di implementazione in impianti centralizzati delle tecnologie di riduzione e controllo delle emissioni, che di una intrinseca maggiore efficienza ambientale.

Eppure, come noto, l’Italia è uno dei paesi europei dove il teleriscaldamento è meno sviluppato, servendo circa il 4-5% della popolazione e soddisfacendo appena il 5% della domanda di calore. I segnali positivi, però, non mancano: tra il 2000 e il 2011 la volumetria allacciata è aumentata a un tasso medio annuo del 7,5%, passando da 109,8 a 260,3 milioni di metri cubi.

L’associazione di categoria AIRU stima che in Italia alla fine del 2011 fossero in esercizio almeno 200 reti di teleriscaldamenti, almeno 90 delle quali alimentate prevalentemente o esclusivamente a biomasse (esclusi i rifiuti soli urbani).  Nelle reti più grandi prevale però la cogenerazione a metano, affiancata dal calore proveniente dai termovalorizzatori che bruciano rifiuti solidi urbani.


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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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