Energia e Ambiente
Shale gas, il Regno Unito apre al fracking
Apertura del governo Uk alla tecnica per estrarre petrolio e gas dalle rocce di scisto. Un’opzione energetica contraddittoria
Anche gli inglesi danno l’ok al fracking. Il governo ha dato ieri l’ok alla possibilità di utilizzare ad ampio raggio la tecnica di fratturazione idraulica per estrarre petrolio e gas da rocce di scisto. Grazie a questa decisione si permetterà in tutta la Gran Bretagna di effettuare perforazioni; l’apertura comprenderà anche parchi nazionali e altre aree protette anche se il governo chiederà alle imprese energetiche di presentare una dichiarazione ambientale “particolarmente completa e dettagliata”; inoltre le applicazioni “dovrebbero essere respinte in queste zone a meno che non in circostanze eccezionali e nell’interesse pubblico”. A riportarlo è il Guardian, spiegando che il governo inviterà le imprese a presentare offerte per le licenze di petrolio e gas onshore per la prima volta dopo sei anni. Ma l’annuncio ha incontrato reazioni contrastanti, in primis le associazioni ambientaliste come Greenpeace, che alcuni mesi fa aveva anche lanciato una campagna legale contro questo metodo di estrazione di idrocarburi. Metodo molto controverso, a partire dal fatto che usi enormi quantità d’acqua, rischiando di prosciugare le falde acquifere della zona dove si opera, oltre alla perdita di metano e relative emissioni inquinanti. A ciò si aggiunge che tale tecnica può causare terremoti, sia pure di lieve intensità.
Questi effetti collaterali non hanno fermato gli Usa, che grazie allo shale oil e gas entro il 2020 dovrebbero diventare energeticamente indipendenti e anche esportatori. L’Europa tende a un’apertura, anche se vede una situazione che contrappone Paesi contrati come Germania, Francia e l’Italia (il nostro Paese, tramite la Strategia energetica nazionale, non prevede il rilascio di licenze per la ricerca e lo sfruttamento dello shale gas), a quelli favorevoli, specie dell’Est – Polonia in primis.
Per parte sua, la Commissione europea ha sì evidenziato, tramite comunicazione e raccomandazione dello scorso gennaio, le procedure e le cautele minime che gli Stati membri interessati alla ricerca e allo sfruttamento dello shale gas devono adottare nei confronti dei rischi per la salute e l’ambiente. Ma ha delegato agli Stati membri la decisione se aprire o no al fracking.
Sulla convenienza o meno di sfruttare questa opzione energetica le posizioni sono contrastanti quindi. E se l’ex presidente di Eni, Giuseppe Recchi, considerava lo shale gas una «rivoluzione» che «ha creato una differenza di prezzo e di competitività tra l’America e l’Europa»; buona parte dell’opinione pubblica in Uk (ma non solo) era contraria all’adozione di questa tecnica, giudicata ambientalmente impattante; come affermava giusto un mese fa l’attivista britannico del settore energetico degli Amici della Terra Tony Bosworth (fonte: Bbc), «lo shale gas non è la soluzione alle sfide energetiche del Regno Unito. Abbiamo bisogno di una rivoluzione energetica del 21° secolo basata sull’efficienza e le fonti rinnovabili e non più sui combustibili fossili».
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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