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Pellet, aumenta la dipendenza Ue dal Nord America
La produzione del Vecchio Continente non è in grado di reggere il passo con la crescita del fabbisogno. Cresce così il ricorso all’import
Il pellet rappresenta probabilmente il caso di maggior successo degli ultimi anni nel comparto delle bioenergie: la spinta dell’Ue verso le energie rinnovabili, ha favorito l’utilizzo dei piccoli cilindri di legno a scopi energetici. In effetti i numeri sono impressionanti : in soli sei anni il consumo di pellet di legno nel Vecchio Continente è aumentato più di tre volte ( da 4,6 milioni di tonnellate nel 2006 a 14,3 milioni di tonnellate nel 2012 ) .
Nello stesso periodo la produzione è triplicata ( da 3,5 milioni a 10 milioni di tonnellate) , mentre le importazioni sono addirittura cresciute di cinque volte ( da appena 800.000 tonnellate nel 2006 a 4,4 milioni di tonnellate nel 2012) . Ma questo non è che l’inizio: secondo le stime dell’Unione Europea, entro il 2020 , il consumo di pellet in Europa sarà compreso tra le 50 e le 80 milioni di tonnellate annue. Oltre che per il riscaldamento domestico, che rappresenta la modalità di utilizzo prevalente in Italia, anche molte centrali di generazione di tipo tradizionale, per ridurre l’utilizzo di carbone e passare alle energie rinnovabili, stanno optando per l’impiego di pellet, che non comporta particolari modifiche tecniche.
Tuttavia, su questo fiorente mercato aleggia lo spettro della dipendenza dalle importazioni: i costi relativamente elevati di pellet di legno in Europa hanno portato a un forte aumento delle importazioni, soprattutto dal Nord America , dove i costi della materia prima sono inferiori a quelli dell’Ue. Inoltre , i due più grandi produttori continentali , la Germania e la Svezia, hanno rallentato o ridotto la loro produzione. La conseguenza è che, nel 2012 , il commercio intra-Ue di pellet è diminuito del 12% , mentre gli acquisti dal Nord America hanno conosciuto un balzo del 44% . In effetti, recentemente, Stati Uniti e Canada hanno ampliato le loro capacità produttive , guadagnando posizioni importanti sul mercato europeo: la loro quota è balzata dal 28 % nel 2011 al 37 % nel 2012, raggiungendo un livello del 43 % nei primi sette mesi di 2013. Le esportazioni degli Stati Uniti, in particolare, stanno aumentando a un ritmo più elevato rispetto a quelle canadesi: nel periodo gennaio- luglio 2013 l’import a stelle e strisce verso la Ue è ulteriormente cresciuto del 74 % rispetto allo stesso periodo del 2012, per un totale di 1,67 milioni di tonnellate .
La prospettiva per i prossimi anni, data la prevista ulteriore crescita del fabbisogno europeo di pellet, è che la produzione comunitaria non sarà in grado di tenere il ritmo e il Vecchio Continente diventerà in parte dipendente dalle importazioni. Già entro il 2014 gli Stati Uniti da soli dovrebbero arrivare a coprire più della metà di tutte le importazioni di pellet europee , ossia quasi il 25% del consumo complessivo. Una dipendenza che, ovviamente, è destinata a riaccendere le polemiche mai sopite sulla sostenibilità ambientale del pellet: la movimentazione di milioni tonnellate di legname tra i due continenti così lontani rende difficile pensare che il conto della CO2 possa essere positivo.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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