rinnovabili
Luci e ombre del solare termico
Per il solare termico, in Italia, i margini di sviluppo ci sono, ed elevati. Ma un quadro legislativo inadeguato, per ora, lo penalizza
Se è vero che, in Europa, quello della sostenibilità è un motore che sta dando prezioso ossigeno a un mercato in grave crisi e che settori come quelli della bioarchitettura, della bioedilizia e delle energie rinnovabili sono in forte crescita, è anche vero che le criticità, sulla scena italiana, non mancano. E riguardano, in particolare, il comparto del solare termico che, pur produttivamente maturo e con grandi margini di sviluppo, a livello normativo non sta ricevendo la giusta spinta (migliore è la situazione per il fotovoltaico) per esprimere al meglio le proprie potenzialità. Vediamo perché.
Prospettive di sviluppo per il mercato
In Italia il comparto del solare termico è all’avanguardia, le aziende stanno proponendo sistemi altamente avanzati (tra le soluzioni più innovative, sistemi ibridi che producono energia e calore, abbinano il solare termico alle pompe di calore, sfruttano in sinergia fonti di energia tradizionali e rinnovabili) e una filiera produttiva tutta nazionale sta creando ricchezza e occupazione sul territorio tanto che, come ha rilevato Robin Welling (presidente dell’European Solar Thermal Industry Federation) alla Conferenza dell’Industria Solare svoltasi a Roma nel febbraio 2012, per ogni euro investito in termini di incentivi nel solare termico si ha un ritorno locale di 1,40 euro. Sergio D’Alessandris, presidente di Assolterm, spiega così la diffusione del solare termico nostrano: «Nel 2010 il mercato italiano si è attestato sui 490 mila metri quadrati, rappresentando il secondo mercato europeo dopo la Germania. Per quanto riguarda la capacità totale installata, abbiamo raggiunto i 2,7 milioni di metri quadrati installati, pari a quasi 2 GWth. Se però consideriamo l’installato pro capite, il panorama cambia completamente perché la densità di impianti solari termici installati ad oggi in Italia si aggira intorno a 0,04 m²/abitante, al di sotto della media europea (0,06 m²/abitante)». Il settore, quindi, presenta un grosso potenziale di crescita e applicazione ancora tutto da sviluppare. Per quanto riguarda le potenzialità dei diversi ambiti di utilizzo, vanno fatte alcune considerazioni. L’applicazione più diffusa (75-80%) riguarda impianti di piccola dimensione (2-4-6 metri quadrati) per la produzione di acs (acqua calda sanitaria) in residenze unifamiliari. Se si guarda però ai fabbisogni complessivi a livello nazionale per la produzione di acs, ci si accorge che il mercato è tutt’altro che saturato. A fronte, infatti, dei consumi di acs nel residenziale pari a 2,36 Mtep (Fonte: Enea, 2009), in Italia attualmente sono installati complessivamente 0,2 Mtep di pannelli solari termici. Se pensiamo poi che il solare termico è la tecnologia più adatta a coprire i fabbisogni di acs nella nostre case in termini di efficienza, praticità ed economicità, è evidente che il potenziale da coprire con il solare termico anche per la sola acs è ancora molto elevato: per averne un’idea, se nel 2020 arrivassimo a produrre, come previsto nel Paner, 1,6 Mtep con il solare termico, passeremmo dal coprire l’8% dei consumi di acs nel residenziale a coprirne ben il 66%. Ma questa è solo una delle possibili applicazioni. Una tecnologia che è andata notevolmente sviluppandosi negli ultimi anni è quella degli impianti combinati che nelle abitazioni, oltre a coprire quelli di acs, soddisfano anche una quota dei fabbisogni di riscaldamento. I cosiddetti “combisystems” oggi rappresentano circa il 10-15% del mercato e sono in continua crescita. Considerando che l’indicazione tracciata dalle direttive europee è quella di andare verso standard energetici degli edifici sempre più elevati, in case ben isolate e con sistemi di riscaldamento a pannelli radianti il solare termico può arrivare a coprire frazioni ben significative (60%) dei fabbisogni di riscaldamento. Il mercato inoltre si sta rivolgendo sempre più alle utenze collettive residenziali e commerciali come condomini, hotel, centri sportivi, carceri, case di cura. Questa tendenza sta portando all’incremento di impianti di medio-grandi dimensioni con una maggiore necessità di progettazione ad hoc. Ciò significa che le aziende si stanno attrezzando sempre di più per produrre pannelli e componentistica su misura per grandi impianti, a volte seguendo tutta la fase di progettazione fino al cantiere.
Le altre applicazioni del solare termico che hanno ancora una scarsa diffusione, ma che stanno mostrando di avere sbocchi interessanti, sono le applicazioni industriali (calore di processo), il raffrescamento (solar cooling) e gli impianti di teleriscaldamento che già oggi, in paesi molto meno soleggiati del nostro, sono una realtà.
Per quanto riguarda il solar cooling, che potrebbe rispondere alle esigenze crescenti di climatizzazione estiva e alla necessità di ridurre i picchi stagionali di consumi elettrici, è già oggi una realtà per impianti di grandi dimensioni nell’industria e nelle utenze collettive ma in futuro, magari con l’aiuto di incentivi ad hoc, dovrà affrontare la sfida dei sistemi ad uso domestico che ad oggi risultano ancora poco sostenibili dal punto di vista economico.
L’industria sta lavorando molto sulla qualità dei pannelli e sulle loro performance e, sempre di più, sull’integrazione architettonica e impiantistica. Il nostro mercato è oggi al secondo posto in Europa e vantiamo un’industria meccanica e termoidraulica (con grandi aziende e piccole e medie imprese specializzate nel solare) che ha fatto notevolissimi progressi, crea occupazione e ricchezza in Italia e ha concentrato molti dei suoi sforzi nella qualità dei prodotti e dei processi produttivi, nella professionalizzazione dei servizi e nell’innovazione tecnologica.
Ma, come detto, per problemi legislativi di varia natura (su tutti, le detrazioni fiscali del 55% – ad oggi unico vero incentivo per il comparto – con un tempo di recupero, 10 anni, troppo lungo), lo sviluppo è rallentato. E tutto questo a fronte di obiettivi certi previsti dal Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili (Paner) che fissa per il solare termico un traguardo di 1,6 Mtep al 2020. Ciò corrisponde, ipotizzando un valore ragionevole per la producibilità media di un collettore solare, a un parco installato di circa 26 milioni di m². Raggiungere questo risultato significa passare in 10 anni da 0,04 m²/abitante a 0,4 m²/abitante. E non si tratta, secondo Assolterm, di un obiettivo particolarmente ambizioso: con un quadro legislativo adeguato (e un meccanismo di incentivazione davvero appetibile per l’utente finale), considerando il livello di irraggiamento del nostro territorio potremmo tranquillamente raggiungere nel 2020 1 m²/abitante per soddisfare le sole necessità di produzione di acqua calda sanitaria. La nostra industria, infatti, presenta già oggi un potenziale di produzione annua di pannelli solari termici di 1 GWth (pari a 1,4 milioni di metri quadrati). Se a questo aggiungiamo gli ingenti fabbisogni termici di comparti come il residenziale, il terziario e l’industriale, si capisce come il potenziale del settore sia molto alto a fronte di costi decisamente contenuti. Ma molto occorre ancora fare.
Inadeguatezza del quadro normativo
Come emerso dalla Conferenza dell’Industria Solare, 2012, per gli incentivi, e in particolare per il solare termico, è urgente un quadro chiaro, affidabile e di lungo periodo. Quella che manca è una regia complessiva che permetta di supportare il settore senza un eccessivo sforzo finanziario da parte dello Stato.
Gli strumenti ci sono ma non vengono implementati in modo efficace. «Le detrazioni fiscali del 55% su 10 anni e con orizzonte temporale che non supera mai l’anno non sono più appetibili per l’utente finale» ha dichiarato Sergio D’Alessandris. Le detrazioni fiscali sono state un ottimo strumento e potrebbero esserlo ancora, ma non è più pensabile avere un incentivo che, da una parte, si rinnova di anno in anno privando l’industria di un adeguato orizzonte temporale per poter programmare gli investimenti e, dall’altra, impone all’utente finale un recupero del 55% dell’investimento iniziale in un decennio. Perché lo strumento della detrazione fiscale funzioni in modo efficace come incentivo all’acquisto, i tempi di recupero devono essere più brevi o, almeno, permettere una maggiore flessibilità. Inoltre, il cosiddetto Conto energia termico, di cui si parla da più di un anno e che l’industria del solare, insieme agli altri settori del comparto delle rinnovabili, da tempo chiede a gran voce, non è ancora partito (il decreto attuativo previsto dal Decreto 28 doveva essere pubblicato entro fine settembre dell’anno scorso). L’ultima bozza circolata, oltre ad avere tariffe molto basse che coprono assai meno del 55% coperto dalle detrazioni fiscali, si rivolge solo ai soggetti pubblici. Quindi, se la bozza verrà confermata, i privati (che siano cittadini, imprese o Esco) non potranno accedere al conto energia, con una conseguente riduzione, se non annullamento, dell’impatto positivo del Conto energia sul settore. E la stessa sorte è capitata al Fondo Rotativo per Kyoto. Atteso da anni, questo finanziamento a tasso agevolato per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, per il solo solare termico, inspiegabilmente, prevede finanziamenti destinati esclusivamente a soggetti pubblici.
Ancora una volta, privati, cittadini e imprese ne sono esclusi. Va detto tra l’altro che dopo la raggiunta intesa sul burden sharing, anche gli amministratori regionali attendono di avere una situazione ben definita in Italia, soprattutto per quanto riguarda gli incentivi. Il settore, quindi, non può più aspettare.
Il 2020 è dietro l’angolo e gli obiettivi delineati nel Paner sono raggiungibili, ma solo a patto che si metta in campo un sistema integrato ed efficace di misure che non possono e non devono essere viste come un mero costo, ma come l’unica concreta possibilità per ottenere risultati soddisfacenti sia dal punto di vista economico che ambientale.
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L'autore
Luisa Pianzola
Luisa Pianzola è giornalista freelance e consulente editoriale. Laureata in storia dell’arte contemporanea e diplomata in visual design, ha pubblicato alcuni libri di architettura e collabora da vari anni con studi di comunicazione e periodici specializzati nel settore dell’architettura, del product design e degli interni occupandosi di progettazione, materiali e wellness con una particolare attenzione alla ecosostenibilità.
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