Le pale eoliche fanno davvero male?
Il dibattito sul punto resta aperto
Quanti sono contrari agli impianti eolici puntano il dito sull’impatto ambientale e paesaggistico delle pale. I favorevoli sottolineano come i rischi di produrre i danni si riducano, rispettando le regole e attenendosi alle rigorose valutazioni scientifiche prima di installare gli impianti. Chi ha ragione? Tekneco ha dato la parola agli esperti del settore.
Lo stato dell’arte della questione eolica
In Italia la diffusione degli impianti eolici industriali ha raggiunto nel 2010 una potenza installata pari a 5.757 Mw e una produzione di 8.400 Gwh (Dati Anev-Terna), registrando così un aumento rispetto agli anni precedenti. Nonostante i buoni risultati, tuttavia, non si placa la querelle tra eolico sì, eolico no.
“Tutti dovrebbero cercare di mantenere il discorso sotto un profilo tecnico e finora non è stato fatto. Sia gli ambientalisti che, a volte, appena c’è una pala eolica iniziano a parlare di “sterminio totale”. Sia gli imprenditori che, in generale, tendono a ridimensionare i potenziali impatti, e sia coloro che vedono le energie pulite come qualcosa da fare sempre e comunque. Serve regolamentazione o si rischia di far diventare la risorsa un problema”, afferma Tommaso Campedelli, consulente in ambito zoologico.
I danni collaterali dell’eolico
Il concetto su cui si concorda è continuare a sviluppare energia dal vento, energia rinnovabile in grado di contribuire a ridurre le emissioni di Co2, purché che ci siano rigorose valutazioni di impatto ambientale. “Gli impianti eolici industriali hanno un impatto sulla fauna e per questo il Wwf Italia ritiene realizzabile l’insediamento di impianti eolici, nelle aree non precluse, solo in presenza di un’analisi degli impatti sulla biodiversità di quel particolare impianto, redatto in maniera rigorosa e approvato da un organo competente e autorevole”, spiega Sara Bragonzi del Wwf.
Riempire la Penisoladi pannelli fotovoltaici o impianti eolici solo perché non inquinano sarebbe un grosso errore e capovolgerebbe nel giro di poco i traguardi raggiunti. “E’ chiaro che anche per una fonte rinnovabile come l’eolico sin dalla progettazione va considerato e minimizzato il potenziale impatto ambientale, in particolare proprio sull’avifauna”, sottolinea Giuseppe Onufrio di Greenpeace Italia. Prosegue specificando che: “In Italia, nel protocollo ambientale siglato con Anev, proprio per aumentare l’attenzione su questi aspetti, si escludono dalla localizzazione dei campi eolici – oltre alle zone A di parchi e riserve e i Sic (siti di importanza comunitaria) – sia le aree di nidificazione dei rapaci sia i corridoi interessati da flussi di avifauna costanti“.
Cosa non convince negli studi sull’eolico
A leggere alcuni studi sulle valutazioni del rapporto tra l’eolico e l’impatto ambientale/paesaggistico, sembra vada tutto bene. A leggerne altri, affiorano problematiche infinite. Influiscono senza dubbio le variabili analizzate, il periodo di riferimento, la metodologia utilizzata. Chi dice la verità? Il fatto è che “gli studi per valutare gli impatti che un impianto eolico potrebbe produrre sull’avifauna, non possono essere stardand perché devono tenere in considerazione lo specifico contesto territoriale e il tipo di impianto che si vuole installare. Ciò contribuisce a creare confusione quando si cerca di capire se l’eolico sia o meno dannoso”, conviene Tommaso Campedelli.
Esistono ovviamente delle “linee guida” generali . Ad esempio spiega Sara Bragonzi “E’ indispensabile condurre uno studio di campo considerando una superficie abbastanza ampia da considerare eventuali variazioni nei processi e nei comportamenti delle specie. E’ raccomandabile un’unità minima di base che consideri un poligono con un perimetro equidistante almeno10 km lineari dagli impianti considerando anche le infrastrutture collegate (strade di servizio, aree di manovra, etc.). Quindi l’unità minima da sottoporre ad indagini ha una superficie di almeno100 km quadrati”
Prospettive future
Lo stesso Campedelli commenta “Anche se non può esistere una metodologia comune condivisa dall’inizio alla fine, sarebbe importante avere delle “basi” univoche per risolvere molti problemi e dare nello stesso tempo un quadro di certezza”. Pianificazione e pubblicazione dei dati sono i concetti chiave. Secondo Campedelli “Sarebbe necessario stabilire delle aree dove è possibile installare la tecnologia eolica e nello stesso tempo individuarne altre dove, per svariati motivi, non è fattibile. Se le regioni si fossero dotate di uno strumento di questo tipo tutto risulterebbe più semplice, perché già all’origine non verrebbero presentati progetti per zone non consone.” I dati andrebbero poi pubblicati, spiega Campedelli con il ruolo importante delle amministrazioni che dovrebbero cercare di promuoverne la pubblicazione, organizzando, ad esempio, dei momenti di scambio tecnici con gli addetti ai lavori nell’ottica che qualsiasi momento di confronto è positivo, solo il non confronto determina danni.
Per quest’ultimo punto potrebbe essere importante la partenza, a giugno 2012, dell’Osservatorio nazionale su eolico e avifauna, che ha l’obiettivo di rafforzare la tutela dell’ambiente e lo sviluppo di impianti eolici nelle aree compatibili. Studi e ricerche verranno messi a disposizione di tutti per contribuire alla diffusione delle informazioni sul rapporto eolico/avifauna.
Gli impatti dell’energia tradizionale
Il consumo energetico mondiale cresce spaventosamente. Le energie da fonti fossili sono destinate ad esaurirsi, e proseguire, o intraprendere nuovamente, la strada del nucleare sembra una follia. “Esistono studi che dimostrano come altre sorgenti di energia(fossili, nucleare) abbiano impatti diretti maggiori delle pale eoliche a parità di energia prodotta – spiega Giuseppe Onufrio- per le fonti fossili, in particolare, gli impatti indiretti legati ai cambiamenti climatici presentano un rischio di gran lunga più elevato dell’eolico. Per quanto riguarda poi le diverse attività umane che impattano sull’avifauna, ci sono attività che hanno una rilevanza ambientale molto superiore (caccia, uso di pesticidi, presenza di infrastrutture di trasporto e così via)”.
La soluzione che gli esperti del settore prospettano è dunque a doppio binario: impegnarsi a ridurre gli sprechi energetici e investire sulla produzione da fonti energetiche alternative, anche se in Italia, attualmente, il quadro normativo di riferimento lascia aperte molte problematiche.
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L'autore
Anna Simone
Anna Simone è una Sociologa Ambientale e si occupa di tematiche ambientali dal punto di vista sociale e culturale, contestualizzando quello che succede al posto in cui è successo per comprenderlo, analizzarlo e spiegarlo. È autrice del blog Ecospiragli.
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luca vitali
scrive il 04 novembre 2011 alle ore 00:05
Non trovo per nulla equanime l'esposizione. Non viene fatto accenno alla SINDROME DA PALA EOLICA, una malattia che affligge numerosi soggetti esposti al rumore e alla visione delle pale di grandi dimensioni, in tutto il mondo riconosciuta tranne che in Italia. Non viene riconosciuto il gravissimo danno all'avifauna sui crinali (XIV Congresso CIO). Tutto è documentato a livello nazionale e internazionale, semplicemente non viene reclamizzato perché contrario ai grandi interessi degli speculatori. Anna SImone si vergogni, si è schierata per denaro dalla parte degli speculatori e inganna i cittadini.
Anna Simone
scrive il 04 novembre 2011 alle ore 09:52
Gentile Luca Vitali, come avrà avuto modo di notare leggendo l’articolo, ho intervistato esperti del settore per fare il punto sulla nocività o meno delle pale eoliche. Non ho lavorato di fantasia, né costruito in modo fazioso l’esposizione: ho riportato le informazioni fornitemi. Emerge chiaramente che non bisogna abusare dell’eolico ma installare impianti, solo in determinate zone, rispettando determinati criteri per limitare il più possibile i danni. Non c’é scritto che l’eolico non genera impatti sull’avifauna. Detto questo la sua frase “Anna Simone si vergogni, si è schierata per denaro dalla parte degli speculatori e inganna i cittadini”, si commenta da sola. Non lavoro nel settore dell’eolico, non sono proprietaria di aziende che producono o installano impianti eolici, e non appartengo a Enti pro-eolico. Saluti Anna Simone