recupero energia da rifiuti
Le opportunità rinnovabili dei rifiuti
La corretta gestione dei rifiuti può diventare una "miniera" energetica. La situazione europea e l’Italia, sopra la media e con buone potenzialità
Photo: epSos.de
Quando si parla di rinnovabili spesso il riferimento è a fonti “nobili” quali il sole e il vento. Ma c’è una fonte esteticamente discutibile ma funzionale e sempre disponibile: stiamo parlando dei rifiuti. Sì, proprio i tanto bistrattati rifiuti, spesso motivo di problemi igienico-sanitari per la cattiva gestione. Ma il recupero di energia dalla spazzatura diventa sempre più appetibile anche se ancora non sviluppato.
Basti pensare alle quantità prodotte: guardando agli Stati Uniti il Wall Street Journal ha posto all’attenzione uno studio secondo cui i rifiuti sono diventati il bene made in Usa maggiormente esportato in Cina. Secondo alcune stime nelle discariche americane ci sono ogni anno 20 miliardi di dollari di risorse energetiche imprigionate nei rifiuti e che non si riescono pienamente a sfruttare per mancanza di tecnologia ad hoc.
La situazione in Europa
In Europa la questione è certamente attuale anche se c’è ancora molto da fare. In particolare il recupero energetico dai rifiuti varia sensibilmente da Paese a Paese, come rileva il rapporto Enea-Federambiente: se mediamente il 40% dei rifiuti viene riciclato o compostato, il 20% è avviato a incenerimento e il 37% viene smaltito in discarica, si evidenziano Stati virtuosi quali Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Svezia dove prevalgono il riciclaggio e il recupero d’energia, con un ricorso alla discarica che va dallo 0,3% della Germania al 5,1% del Belgio; ci sono poi i casi di Bulgaria, Lettonia, Lituania e Malta che avviano a discarica oltre il 90% dei loro rifiuti.
C’è poi la Svizzera che ha già centrato l’obiettivo della completa abolizione della discarica. Complessivamente nei 30 Paesi esaminati esistono 446 impianti d’incenerimento dei rifiuti urbani (398 nell’Ue27) che nel 2009 hanno trattato 69,7 milioni di tonnellate (65,1 nell’Ue27).
Per centrare il traguardo che l’Ue si è proposta, per la riduzione al 50% dei rifiuti inviati in discarica, si dovrà puntare all’impiego efficiente delle risorse ossia conferimento in discarica nullo, massimizzazione del riciclaggio e del riutilizzo, limitazione del recupero di energia ai rifiuti non riciclabili: per questo si sta pensando di prendere spunto proprio dai sopracitati Paesi virtuosi basata sulla combinazione di imposte e divieti sulle discariche e sull’incenerimento, programmi di responsabilizzazione dei produttori e sistemi basati sul concetto “più butti più paghi”.
Il recupero energetico dei rifiuti può quindi essere visto come uno stimolo in più per i governi a incentivare una gestione razionale, e l’Unione europea non sta certo a guardare: prova ne è che è stato appena avviato il progetto ‘BioenNW’ – Delivering Local Bioenergy to NW Europe, che studierà come i materiali di scarto, quali paglia, legno, alghe e liquami potrebbero diventare fonti di biocarburante.
BioenNW, in parte finanziato con oltre 4 milioni di euro nell’ambito del programma Interreg IVB Europa nord-occidentale del Fondo europeo di sviluppo regionale, intende promuovere l’adozione di schemi decentralizzati per il riscaldamento e l’elettricità su piccola scala (meno di 10 MW di energia totale) attraverso la nuova integrazione della digestione anaerobica e della pirolisi intermedia. Queste tecnologie permettono l’uso di un’ampia gamma di materiali spesso difficili da gestire in situazioni sia rurali che urbane, che non sono mai stati trattati in sede commerciale.
La situazione dell’Italia
L’Italia in ottica di gestione dei rifiuti, nel confronto comunitario ne esce bene: riprendendo proprio il rapporto Enea-Federambiente, il nostro Paese con il 49,1%, di rifiuti riciclati si colloca nettamente al di sopra della media Ue (37,3%). Proprio entro i nostri confini si registra un’evoluzione e una crescita del sistema impiantistico di recupero energetico, con un parco di impianti in linea con le realtà più avanzate a livello europeo soprattutto per ciò che concerne le tecniche adottate e le prestazioni conseguite in campo ambientale.
Sempre stando ai dati, riferiti alla fine del 2010, in Italia esistono 53 impianti d’incenerimento dei rifiuti urbani, di cui 50 effettivamente operativi nel corso dell’anno, dotati di una capacità complessiva di trattamento pari a 7,1 milioni di tonnellate annue e con una capacità termica di 2.925 MW e una potenza elettrica installata di 783 MW. Dal 2004 al 2010 la produzione d’elettricità dei termovalorizzatori è passata da 2.436 a 3.887 GWh, e la produzione di energia termica è cresciuta da 560 a 1.212 GWh.
Passando da uno studio a un’altro, sempre sul tema, la positiva situazione italiana non muta: stando a quanto emerso dalla ricerca condotta da Nomisma Energia sulle potenzialità dei combustibili solidi secondari nell’industria si registrano meno rifiuti in discarica e maggiore impiego dei Combustibili solidi secondari (Css), ottenuti dai rifiuti urbani, nel settore industriale, in particolare nei cementifici.
Per le oltre 32 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti in Italia, secondo dati Nomisma Energia, sembra emergere una nuova destinazione che consentirebbe, con un procedimento diossina-free, il taglio di circa 7,9 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, la creazione di 10.700 posti di lavoro, e un risparmio pro capite di circa 140 euro sulla bolletta.
A consolidare la prospettiva di sviluppo dei Css è l’impegno annunciato dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini di emanare entro fine aprile un decreto ministeriale che sancisce il loro impiego nei processi industriali, facendoli così uscire dal circuito della gestione dei rifiuti.
Ma non c’è solo il recupero energetico a far diventare interessante l’oculata gestione dei rifiuti, che pure con il biogas ha dato vita a un filone energetico che in Italia è in piena espansione. Ci sono anche casi meno evidenti di riutilizzo ma non per questo meno utili: per esempio, segnaliamo ‘Terra di Puglia’, il terriccio di qualità proveniente dai rifiuti pugliesi prodotto da Aseco, società del Gruppo Acquedotto Pugliese.
Si tratta di un prodotto ottenuto da rifiuti domestici “umidi”, provenienti dalla raccolta differenziata, da scarti di attività agricole e agricolo/industriali, da fanghi derivanti dalla depurazione dei reflui civili sapientemente miscelati a torba bionda di qualità. Questo terriccio ecologico, ricavato da processi biologici naturali e rigorosamente tarati su alti standard di sicurezza e qualità ha ottenuto la più importante certificazione nazionale, quella del Cic, il Consorzio italiano compostatori.
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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