Tekneco #12 – Rinnovabili
Il biogas che salva l’agricoltura friulana
L’impianto Greenway di Bertiolo, della potenza di 1 MW, gode degli incentivi vigenti sino alla fine del 2012 ed è in grado di produrre 8.500 MWh l’anno
Un classico esempio di impianto a biogas operante secondo le logiche del sistema di incentivazione in vigore sino alla fine del 2012 è la centrale Greenway di Bertiolo (Udine), una delle più grandi del Medio Friuli, inaugurata ufficialmente nel dicembre 2012 e di cui recentemente è stato tracciato un primo bilancio.
La centrale, della potenza di 1 MW e che produce 8500 MWh l’anno, è alimentata da una filiera autoctona costituita da una quindicina di imprese agricole che producono, su circa 300 ettari di terreno, tutta la biomassa (colture erbacee) necessaria. Detraendo gli autoconsumi dalla produzione, l’impianto cede alla rete circa 8mila MWh annui, con la possibilità di valorizzare energia termica a costi contenuti per l’area industriale limitrofa.
Per quanto riguarda l’occupazione, le aziende agricole coinvolte destinano al lavoro per la centrale tra i trenta e i trentacinque addetti, a cui bisogna aggiungere l’effetto indotto sull’economia locale per l’acquisto di attrezzature e macchinari agricoli e detrarre la riduzione delle spese per i concimi chimici. La centrale, infatti, produce del digestato, ossia materiale organico che va a concimare i terreni “produttori” migliorandone la qualità.
La stima dei benefici ambientali è di oltre 1800 tonnellate equivalenti di petrolio annue risparmiate sulla produzione elettrica e, in termini di traffico, la ridotta movimentazione di camion dall’esterno per il fabbisogno di concime dei terreni. Un bilancio del primo periodo di esercizio dell’impianto a biomasse è stato fatto da Marco Tam, presidente di Greenway Agricola, la società che riunisce dieci imprese agricole che, con la partecipazione al capitale di Friuladria impresa&finanza del Gruppo Cariparma – Crédit Agricole e lo studio Catullo & Partners di Treviso nel ruolo di advisor, hanno realizzato la centrale.
«La crisi che ha investito il settore agricolo ha posto molti imprenditori di fronte alla necessità di ripensare un’attività da tempo in balia delle fluttuazioni delle commodity. Per riacquistare competitività senza cambiare pelle, abbiamo scelto di diversificare il nostro modello di produzione sfruttando le opportunità aperte dalle fonti di energia rinnovabile. I risultati del primo anno ci danno ragione. La ricchezza che produciamo qui rimane in perfetta coerenza con la filosofia della filiera corta: oltre alla cessione di energia elettrica prodotta alla rete si è creato un indotto importante per un territorio di piccoli paesi con poche migliaia di abitanti che si sono sempre basati sull’attività agricola e che quindi avvertono da tempo le difficoltà del settore».
«La strada di un nuovo modello di impresa agricola, che integra la sua attività tradizionale con la produzione di energia da biogas, è tracciata –prosegue Tam –, tanto che, già dal prossimo anno, vorremmo realizzare nuovi impianti, più piccoli, per portare a 2 MW la potenza complessiva, con ricadute ancora più significative sull’economia del territorio. L’esempio che abbiamo davanti per far fruttare quello che chiamiamo il petrolio verde è quello tedesco: in Germania ci sono 8mila impianti alimentati da biomasse (che saliranno a 10mila fra qualche anno), che danno 5 milioni di Mwh, mentre l’Italia è a quota 600mila Mwh. Se è vero che questa energia ha un costo leggermente superiore non si può trascurare, accanto ai benefici ambientali, l’effetto volano sull’economia, nel nostro caso di un microsistema che ha rinnovato la sua vocazione».
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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