Fonti pulite
I grandi progetti offshore sono nel Nord Europa
I parchi eolici marini sono più costosi di quelli a terra e hanno bisogno di una ventosità costante. Il Regno Unito è il paese leader di questa tecnologia
Sulla superficie di mari e oceani i venti non trovano ostacoli e soffiano con velocità superiori e con maggiore costanza. Questa semplice considerazione spiega perché, oggi, nel mondo ci siano in costruzione oltre 100 GW di impianti eolici offshore, con investimenti in programma per svariati miliardi di euro.
Le spese di realizzazione e manutenzione delle wind farm offshore sono però molto più elevate di quelle onshore, a causa dei costi di trasporto dei materiali, delle difficoltà costruttive, dei problemi di ancoraggio delle torri al fondale e per la corrosione delle acque marine sulle strutture; dunque la produttività, ossia la ventosità, deve essere a maggior ragione elevata e costante.
Per questo motivo lo sviluppo dell’offshore è soprattutto concentrato nel Nord dell’Europa, ossia la regione dove questo parametro è migliore; il Regno Unito, in particolare, è senza dubbio il Paese leader in questa tecnologia, con 21 GW previsti entro il 2020.
Inoltre, i mega progetti offshore britannici, a differenza di quelli tedeschi che per ora rimangono soltanto sulla carta, sono decisamente più operativi. Lo scorso novembre è entrato in funzione la maggiore wind farm al mondo, la London Array, che aiuta a capire come sarà il futuro di questa tecnologia. L’impianto, situato al largo delle coste del Sessex, è composto da 175 turbine eoliche da 3,6 MW ciascuna per un totale di 630 MW di potenza installata.
London Array nei prossimi anni sarà ulteriormente ingrandito per arrivare a una potenza complessiva di 870 MW, per un costo superiore a 3.3 miliardi di dollari. La realizzazione è stata resa possibile grazie all’incentivazione dell’energia elettrica prodotta mediante ROCs (Renewable Obligation Certificates), simili ai nostri Certificati Verdi.
Da un punto di vista tecnico, circa 200 km di cavi sottomarini collegano le singole turbine a due sottostazioni elettriche offshore, sulle quali sono posti dei trasformatori che elevano la tensione a 150 kV in modo da ridurre le perdite di trasmissione dell’energia elettrica.
Le due sottostazioni offshore sono a loro volta collegate con la sottostazione elettrica a terra di Cleve Hill, dove la tensione viene ulteriormente elevata a 400 kv; da qui l’energia viene immessa nella rete elettrica inglese. Per accogliere e trasportare l’energia eolica che sarà prodotta in maniera similare dai 100 GW offshore in fase di costruzione, i Paesi del Nord Europa hanno dato vita alla North Seas Offshore Grid Iniziative, che si propone di creare una super rete intelligente a livello europeo in grado di gestire questi immensi quantitativi di energia intermittente.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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