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Tekneco #12 – Fonti pulite

Futuris, le biomasse diventano un progetto industriale

Rodolfo Danielli, presidente e AD del gruppo, evidenzia come la scelta di puntare sulla filiera corta nasca da precise ragioni di carattere economico

Scritto da il 23 agosto 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Futuris, le biomasse diventano un progetto industriale

La filiera italiana delle biomasse non è composta solo da realtà legate al mondo agricolo o da piccoli gruppi ma, ormai, anche da grandi realtà organizzate su base industriale. Un esempio di questo tipo è Futuris, società nata nel giugno 2009 su iniziativa di tre manager industriali di lungo corso, Aldo Mazzadi, Andrea Borghini e Rodolfo Danielli.

Negli anni successivi, oltre ai tre soci fondatori, tuttora attivi all’interno del gruppo, si sono aggiunti altri associati non operativi, che hanno apportato ulteriori risorse finanziarie per lo sviluppo dell’azienda. Ultimo investitore in ordine di tempo è Omnes Capital, l’ex fondo di private equity di Crédit Agricole, entrato lo scorso marzo nel capitale della società. Come ci ha raccontato Rodolfo Danielli, presidente e amministratore delegato, Futuris nasce proprio per realizzare un progetto imprenditoriale nel campo delle biomasse vergini, in un’ottica di piena sostenibilità e con un approccio fortemente industriale.

Cosa caratterizza e cosa contraddistingue il modello di business di Futuris rispetto alle altre società del settore?
Caratteristiche fondamentali della nostra società sono, senza alcun dubbio, la sua presenza attiva e la sua leadership in tutte le fasi del ciclo di business: dallo sviluppo del progetto, alla costruzione dell’impianto fino alla sua gestione, con una forte focalizzazione sulle biomasse vergini e con l’obiettivo di costruire una realtà industriale solida e duratura.

Perché avete puntato proprio sulle biomasse e non su altre fonti rinnovabili come l’eolico e il solare?
Dopo i primi anni di sviluppo del settore delle biomasse, la competitività delle realtà industriali che vi operano svolge e svolgerà un ruolo sempre maggiore nel determinarne il successo. Inoltre, la generazione di energia da biomasse ci è parsa sin dall’inizio presentare caratteristiche, dal lato di chi sviluppa, costruisce e gestisce le centrali di generazione, decisamente più industriali rispetto agli altri settori delle rinnovabili. Naturalmente, anche eolico e fotovoltaico presentano aspetti di grande interesse e forte potenziale innovativo. Ma questi aspetti industriali caratterizzano soprattutto le imprese che operano a monte della filiera, mentre nel caso delle biomasse l’interazione tra chi investe e chi costruisce la centrale è molto più intensa e implica forti competenze industriali anche da parte dell’investitore. Esperienze e competenze del nostro team sono di natura prettamente industriale e, quindi, la scelta delle biomasse è stata fatta sin dall’inizio della costituzione della nostra società.

Quanti progetti avete sviluppato in questi anni e quanti altri ne avete in cantiere? Su quali aree del Paese vi siete concentrati?
Futuris ha fino a oggi avviato un numero importante di iniziative, selezionando le più interessanti e conseguendo autorizzazioni per 33 MW su 6 progetti, cui si aggiunge un ulteriore impianto da 17 MW, attualmente in fase di autorizzazione, che porterà all’installazione di un totale di 50 MW entro il 2016/2017. Le due zone del Paese dove si è concentrata la maggioranza di questi progetti sono il Nord-Est e la Toscana, oltre a uno negli Abruzzi. Stiamo inoltre analizzando altre opportunità, che ci vengono frequentemente proposte, sia di progetti da sviluppare che di impianti già realizzati da acquisire.

State valutando per il futuro la possibilità di investimenti all’estero?
Certamente. Una volta avviata la nostra seconda “onda” di progetti, e avendo recentemente concluso la prima, composta da tre impianti di piccola taglia, è nostro obiettivo mettere a frutto l’esperienza e le conoscenze acquisite o rafforzate in questi primi quattro anni di attività sviluppando e costruendo altri progetti nei Paesi confinanti con l’Italia a Ovest e a Est, anche per capitalizzare sulle esperienze internazionali precedentemente maturate dai membri del nostro team.

Quali sono gli ostacoli principali alla concretizzazione degli investimenti nelle biomasse nel nostro Paese?
Tra le maggiori difficoltà che si incontrano nel cercare di sviluppare delle centrali a biomassa in Italia c’è sicuramente la cosiddetta sindrome Nimby: in molti casi esistono cittadini o associazioni che sono convinti, a torto, che i nostri impianti rappresentino un fattore negativo in termini di impatto ambientale. Dico a torto perché, a differenza delle centrali alimentate da fonti fossili, le biomasse generano energia elettrica e termica senza impattare sulla quantità dei cosiddetti gas serra presenti nell’atmosfera e, quindi, senza contribuire al riscaldamento del pianeta con tutti gli effetti negativi che questo comporta. Inoltre, gli impianti a biomassa sono caratterizzati da emissioni che rientrano molto agevolmente nei limiti, assai severi, fissati a livello europeo e nazionale.

Che giudizio date del nuovo regime d’incentivazione per le biomasse scattato a gennaio?
Indubbiamente il nuovo regime è economicamente meno favorevole e più complesso da un punto di vista procedurale di quello in vigore in precedenza. Tuttavia, la fruttuosa collaborazione sviluppata con i nostri partner nella filiera degli impiantisti (i cosiddetti Epc contractor e i costruttori di componenti), e in quella della fornitura di biomasse vergini, ci ha permesso di sviluppare progetti caratterizzati da una redditività sufficiente a garantirne la finanziabilità da parte del sistema bancario e ad attrarre il capitale di rischio addizionale di cui abbiamo la necessità.

Grid parity: se ne parla molto per il solare ed eolico. A vostro avviso quando scatterà anche per le biomasse?
La tecnologia delle centrali di generazione e cogenerazione a biomasse sta facendo dei grandi progressi sia da noi che nei Paesi del Nord Europa, con un incremento dell’efficienza energetica che nel giro degli ultimi anni ha segnato, a parità di potenza installata in particolare su impianti di media e grande taglia, incrementi di 3/5 punti percentuali, avvicinando sicuramente i nostri impianti a una condizione di grid parity. Tuttavia, penso sia opportuno tenere in considerazione, oltre a questo fattore, anche quello della nuova occupazione: a differenza di altre tecnologie un impianto a biomasse di media taglia (5-8 MW) può creare, tra quelli in centrale e quelli nella filiera, fino a 80/100 nuovi posti di lavoro, senza contare quelli nel cantiere di costruzione.

Biomasse e filiera corta: qual è il vostro giudizio a proposito?
A nostro avviso la filiera corta è indubbiamente la soluzione implicitamente coerente, in termini di sostenibilità ambientale ed economica, con il settore della generazione e cogenerazione da biomasse. Non mi sembra, invece, particolarmente sostenibile alimentare centrali come le nostre con materia prima proveniente da lontano, se non addirittura da un’altra parte del mondo. Inoltre la filiera corta, o comunque la provenienza della biomassa dalla zona in cui è situato l’impianto, assicura forti radici locali all’iniziativa, che ne rafforzano ulteriormente la sostenibilità sociale, importante tanto quanto quella ambientale ed economica.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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