Energia e ricerca
Fotovoltaico, l’ultima frontiera è a 3D
Come la ricerca sta operando per rendere ancora più efficienti e flessibili nell’uso i pannelli fotovoltaici, dall’organico fino al “vuoto”
Photo: Pink Dispatcher
Si fa presto a dire energia solare. Non passa giorno o quasi che la ricerca scientifica non segnali una nuova scoperta in grado di “catturare” meglio o in maniera più duttile l’energia solare. Vediamo insieme quelle che costituiscono “l’ultima frontiera” del fotovoltaico.
Fotovoltaico a 3D
A partire dalla ricerca sulle caratteristiche della fotosintesi clorofilliana, al Massachussets Institute of Technology di Boston, universalmente conosciuto come MIT, ferve la ricerca nel campo solare. La più recente, coordinata dal ricercatore Jeffrey Grossman, ha a che vedere con la forma dei pannelli solari, non più sostanzialmente bidimensionali, ma cubici.
Il nuovo design per i pannelli solari sarebbe in grado di incrementare l’efficienza dei pannelli da 2 a 20 volte di più rispetto a quelli tradizionali, nonché di produrre energia anche nelle giornate nuvolose. A detta del team di ricerca coordinato da Grossman, la forma cubica migliorerebbe notevolmente la produzione di energia, in quanto permetterebbe di sfruttare la luce del mattino, quella serale e quella invernale meglio rispetto a un pannello tradizionale. Inoltre secondo Grossman, annam garantirebbero una produzione di energia solare più prevedibile e uniforme, e quindi più adatta a essere integrata nella rete energetica attuale.
Le celle diventano ultrasottili
C’è chi punta a rendere le celle particolarmente sottili, sfruttando la flessibilità per poterne aumentare notevolmente la possibilità di utilizzo su qualsiasi superficie. Su questo sta lavorando congiuntamente l’équipe di scienziati dell’ateneo austriaco Johannes Kepler University e un team dell’ateneo giapponese University of Tokyo.
La loro ricerca ha portato alla creazione delle celle solari accreditate come le più sottili al mondo, spesse come i fili di seta prodotti dai ragni e così flessibili da poter essere avvolte intorno ad un capello umano. La creazione è costituita da elettrodi posti su un foglio di plastica e misura solo 1,9 micrometri di spessore, un decimo delle più sottili celle solari attualmente disponibili.
Lo spessore ridottissimo aumenta l’elasticità e riduce il peso, permettendo di realizzare dispositivi indossabili come vestiti che producono l’energia elettrica dal sole. Il team di ricerca sta lavorando ora per aumentare la velocità con cui il dispositivo è in grado di convertire la luce solare in energia elettrica.
Se il pannello solare sfrutta il “vuoto”
Va anche segnalata la tecnologia del vuoto sviluppata al Cern di Ginevra, nata per gli acceleratori di particelle e adottata per la realizzazione di pannelli solari termici ad alta temperatura che andranno a coprire il tetto dell’aeroporto di Ginevra, costituendo uno dei più grandi sistemi di energia solare della Svizzera. A inventarli è stato lo scienziato italiano Cristoforo Benvenuti, che lavora da più di 40 anni sulla tecnologia del vuoto, e che ha illustrato i vantaggi dell’adozione del “vuoto” nei pannelli, in grado di offrire – a suo parere – un isolamento eccezionale, riducendo la dispersione di calore e migliorando l’efficienza.
Da organico a più “verde”
Mentre stiamo scrivendo sono giunti alla fase di pre-industrializzazione i pannelli del Chose, il polo solare organico del Lazio, centro di ricerca tra università di Tor Vergata e Regione Lazio che sta sviluppando celle fotovoltaiche nelle quali, al posto del silicio, vengono impiegati pigmenti a base vegetale, come le antocianine derivate dai frutti di bosco.
Si tratta dell’ultima frontiera del fotovoltaico organico che, seppure già considerato per lo più ancora sperimentale quanto ad applicazioni, dimostra di avere prospettive sempre più interessanti quanto a potenzialità di utilizzo: per esempio, l’azienda tedesca Heliatek, ha annunciato a fine 2011 un nuovo record di efficienza per la sua cella tandem (costituita cioè da due celle sovrapposte): il Fraunhofer ISE ha certificato un’efficienza pari al 9,8% ottenuta con una superficie attiva di 1,1 centimetri quadrati. La stessa Heliatek ha costituito una joint venture con Reckli per creare edifici costituiti con blocchi di calcestruzzo su cui sono integrati pannelli organici.
Ritornando agli sviluppi “vegetali” dei moduli fotovoltaici è da segnalare anche la soluzione studiata da un ricercatore in Chimica alla Kansas State University, Ayomi Perera, per rendere più “ambientalmente corrette” le celle solari sensibilizzate con colorante, oltre che più efficienti.
Per questo ha pensato ai cereali, anzi a un batterio, il Mycobacterium smegmatis: completamente innocuo per l’uomo, è in grado di produrre una speciale proteina, in passato già utilizzata miscelata con coloranti atossici per rivestire le celle solari; il colorante assorbe la luce e la matrice proteica sottrae gli elettroni dal colorante generando una corrente elettrica. Il tempo dirà se la scoperta porterà benefici alla produzione energetica solare; ma il tempo ha anche dimostrato come dal sole si possa generare energia.
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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Alberto Vuan
scrive il 14 maggio 2012 alle ore 20:06
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