Fotovoltaico
Dumping, arriva l’accordo Cina-Ue
Novanta aziende cinesi, per evitare i dazi europei, accetteranno di vendere i propri pannelli solari non al di sotto di un prezzo concordato
Sul caso dumping nel fotovoltaico, come avevamo pronosticato nelle scorse settimane, è arrivato l’atteso compromesso tra Ue e Cina o, meglio, con una novantina di aziende asiatica, che rappresentano il 60% circa dell’export solare del Paese del dragone. La svolta è stata annunciata ufficialmente dal commissario Ue al commercio, Karel De Gucht, e dovrebbe porre la parola fine al caso dumping: le aziende europee del fotovoltaico avevano denunciato la concorrenza sleale dei competitor asiatici, accusati di vendere i propri prodotti sotto costosul suolo europeo. L’indagine successiva dell’Ue ha effettivamente accertato questa pratica e aveva stabilito, lo scorso 6 giugno, l’introduzione di un sistema di dazi provvisori per tutti i pannelli di fabbricazione asiatica.
Nonostante le prevedibili polemiche ufficiali Ue-Cina seguite a questa mossa, sono in realtà da subito iniziati dei colloqui tra le parti e gli operatori coinvolti, che hanno permesso nello scorso fine settimana di concludere un accordo. L’intesa prevede un impegno (non quantificato) sui prezzi da parte delle aziende della Repubblica popolare nell’export verso il Vecchio Continente, che non potranno dunque vendere pannelli al di sotto di una certa soglia, ma saranno così esentate dai dazi antidumping. Questa misura alternativa, in ogni caso, dovrà eliminare gli effetti negativi del dumping, garantendo la stabilizzazione del mercato europeo. L’Europa, comunque, manterrà un potere di vigilanza sull’accordo.
Il compromesso non entusiasma l’Ifi, l’associazione dell’industria nazionale del fotovoltaico. « Il raggiungimento dell’accordo – ha dichiarato Alessandro Cremonesi – presidente Ifi – non è di per sé né un fatto positivo , né negativo. Deve conseguire un solo unico obiettivo: rimuovere il pregiudizio e il danno provocato dal dumping Cinese. Ma deve anche rimuovere le cause che lo hanno generato, quali i sussidi illegali alle imprese produttrici. La Commissione per la prima volta nella sua storia è uscita dal proprio ruolo tecnico assegnatogli nella valutazione degli esiti dell’investigazione e si è fatta persuadere da spinte politiche di alcuni Paesi che ritenevano negative le conseguenze e le ritorsioni che la Cina avrebbe potuto mettere in atto e che, in alcuni casi, ha già avviato. Fare questo è stato forse l’errore più grande da parte della Commissione, perché ha creato un precedente scomodo per tutte le dispute di dumping relativi ad altri settori merceologici che seguiranno al fotovoltaico. Da oggi, ogni Paese “forte” che intenderà operare commercialmente in Europa saprà che c’è un Europa negozialmente più debole, che accetterà anche compromessi in aperta violazione delle proprie norme, principi, regolamenti». Resta aperta l’altra indagine Ue sul fotovoltaico, relativa alle sovvenzioni illegali di cui avrebbero beneficiato i produttori cinesi. È probabile che anche in questo caso, il desiderio di evitare guerre commerciali spinga però Ue e Cina al compromesso.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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