Certificati verdi: è panico nel mercato rinnovabili
Il Governo conferma la stretta sui certificati verdi, che rischia di mettere in ginocchio il mercato delle rinnovabili. Non sono escluse modifiche nel passaggio alle Camere.
Nessun passo indietro in merito alla stretta sui certificati verdi. Mettendo fine alle indiscrezioni che si erano rincorse negli ultimi giorni, il Governo e la maggioranza hanno ribadito che non ci sarà alcuno stralcio dell’art.45 della manovra economica (decreto legge n.78/2010) decisa nelle scorse settimane. Una misura che sta creando il panico tra gli operatori della rinnovabili, che parlano senza mezzi termini di catastrofe per il mercato.
Cosa cambia
La misura contestata solleva il Gse (Gestore dei servizi energetici) dall’obbligo di ritirare i certificati verdi in eccesso, titoli che attestano la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Lo strumento è stato introdotto con la liberalizzazione del mercato elettrico per premiare i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili (un certificato corrisponde a circa 1 MWh). Chi produce o importa elettricità da fonti convenzionali ha due possibilità: immettere in rete una quota del 6% proveniente dalle rinnovabili o acquistare certificati verdi comprovanti la produzione dell’equivalente quota. In sostanza, i produttori di energie rinnovabili ottengono i certificati e li rivendono agli operatori di energia tradizionale: i primi vedono così ripagati gli investimenti in tecnologie e fonti pulite e i secondi contribuiscono al cammino nazionale verso gli obiettivi europei di contenimento delle emissioni inquinanti.
Nei primi anni il sistema ha funzionato, ma successivamente l’offerta di energia verde è diventata sempre maggiore, anche grazie al calo dei costi di produzione, mentre la domanda non teneva il passo, complice il rallentamento economico: oggi il rapporto è all’incirca di due a uno. Solo che non si è trattato fin qui di un mercato davvero libero perché al Gse è stato attribuito il compito di ritirare l’offerta in eccedenza a un prezzo fisso, liberando così i produttori dalle fluttuazioni dell’offerta. L’articolo 45 interviene proprio su questo punto sollevando il Gestore da qualsiasi obbligo.
L’obiettivo è alleggerire la bolletta
La decisione è stata motivata con l’obiettivo di alleggerire il peso sui consumatori – l’energia verde è finanziata con un surplus in bolletta -, quantificato in 600 milioni di euro ogni anno e di rendere il mercato autonomo dai sussidi pubblici.
Di fatto, però, la decisione del Governo ha dato uno scossone al mercato, che non si aspettava questa misura. Tanto che nelle ultime settimane si sono rincorse le voci di un possibile stralcio dell’articolo in questione. La Commissione Ambiente del Senato, anche a seguito del parere favorevole del Ministro dell’Ambiente, ha chiesto di rivedere l’articolo in modo che risulti meno penalizzante per il comparto e in Parlamento sono stati depositati già 18 emendamenti per eliminare questa misura. Come detto, tuttavia, l’Esecutivo ha fatto sapere che non intende fare marcia indietro.
Mercato in subbuglio
Il fronte dei contrari è ampio e variegato. Oltre all’opposizione parlamentare (esclusa la vicepresidente del Senato Emma Bonino), è scesa in campo Confindustria, sottolineando che l’esborso per la collettività è più che compensato dall’occupazione prodotta (25 mila posti) e dagli investimenti generati. L’Anev (associazione rappresentativa dei produttori di energia eolica) aggiunge che la stretta impedirà all’Italia di centrare gli obiettivi europei per il 2020, comportando costi di gran lunga superiori ai risparmi. Sulla stessa lunghezza d’onda Federambiente e Fise Assoambiente. “L’Italia rischia un blocco dello sviluppo delle fonti rinnovabili, oggi già ampiamente sotto la media europea”, spiegano in una nota “e sempre più lontane dall’obiettivo 17% di energia prodotta previsto per il 2020”.
Primi segnali del crollo di fiducia
Anche se non sono escluse del tutto modifiche durante l’iter parlamentare sta di fatto che l’articolo 45 è ormai legge e i suoi primi giorni di applicazione hanno portato a un forte rallentamento dei certificati verdi gestiti dal Gestore dei mercati energetici (Gme) ogni mercoledì. Anche in caso di cancellazione dell’articolo 45, è probabile che il settore delle rinnovabili paghi un prezzo alto al crollo di fiducia nel settore, che richiede una normativa stabile per stimolare gli investimenti. Cosa che sta sempre più venendo meno nel nostro paese, anche alla luce dei conflitti di competenze che si sono manifestati negli ultimi mesi tra Stato e Regioni, con esiti imprevisti da parte della Corte Costituzionale. Così il rischio che la corsa italiana alle rinnovabili subisca una brusca frenata è sempre più realistico.
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L'autore
Luigi Dell'Olio
Luigi dell'Olio, giornalista pugliese free-lance, vive a Milano, dove si occupa di temi legati all'economia, alla tecnologia e alle energie rinnovabili.
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