Fonti pulite
Biomasse, c’è bisogno di nuove norme
Secondo Fiper c'è bisogno di cambiare rotta e rivedere gli incentivi dedicati alla generazione elettrica e varare le norme sui sottoprodotti
Nelle biomasse c’è bisogno di cambiare rotta: per questo motivo Fiper, Federazione italiana dei produttori di energia da fonti rinnovabili, si è rivolta con due lettere aperte alle istituzioni. Nella prima delle due missive il presidente Fiper, Walter Righini, ha invitato il premier, Enrico Letta e il ministro dello Sviluppo Economico a comunicare nei tempi più brevi possibili quali provvedimenti intendano prendere per rivedere il regime di incentivazione della generazione elettrica tramite biomasse.
Il punto contestato è l’attuale esistenza di un coefficiente sui certificati verdi prodotti agli impianti a biomassa di sola produzione di energia elettrica, cosa che non piace ovviamente a Fiper, che rappresenta i produttori in assetto cogenerativo e le centrali di teleriscaldamento da biomassa legnosa.
«L’Antitrust ha evidenziato, come noi sosteniamo da tempo, che nell’approvvigionamento della biomassa la concorrenza tra gli impianti è distorta quando solo alcuni di essi accedono a incentivi mentre altri no, in quanto i primi possono offrire – proprio grazie agli incentivi – prezzi per l’acquisto della biomassa artificialmente più alti di quelli offerti dagli impianti non incentivati, imponendo a questi ultimi di sostenere una spesa più elevata per il proprio approvvigionamento», si legge in una nota ufficiale dell’associazione che, insomma, punta a interventi retroattivi.
Nella seconda lettera, inviata al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, si affronta invece il tema del costo-opportunità per il sistema Paese dell’impiego dei sottoprodotti a fini energetici, con particolare riferimento a quelli attualmente annoverati tra i rifiuti non pericolosi quali, ad esempio, le potature del verde urbano e le biomasse recuperate dalla gestione e pulizia degli alvei fluviali.
In particolare, l’associazione di categoria chiede al Ministro l’emanazione urgente del Decreto sui sottoprodotti che sarebbe già dovuto essere pronto alla fine della scorsa legislatura.La logica del Decreto è quella di premiare l’impiego delle biomasse residuali e disincentivare le colture dedicate, preservando in particolar modo i terreni dedicati alle colture alimentari.
«Ma c’è un problema – afferma Righini – che è un vero paradosso, perché alcune biomasse pur essendo riconosciute come sottoprodotti (manutenzione del verde pubblico e biomassa recuperata dalla manutenzione degli alvei fluviali) dalla tabella 1A del DM 6 Luglio 2012, non possono essere impiegate a fini energetici perché attualmente definite dal Testo Unico Ambientale come rifiuti non pericolosi. Questo significa che attualmente Comuni come Milano o Roma che producono rispettivamente 80.000 e 25.000 tonnellate annue di biomassa devono smaltire le potature del verde urbano a un costo di circa 50\60 euro a tonnellata, quando invece potrebbero ricavare un guadagno dalla vendita ai produttori di energia a biomassa».
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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