Agroenergie
Biogas, c’è un’alternativa al digestato
Wavalue, progetto finanziato dall'Unione Europea, prevede l’utilizzo di questo scarto produttivo per la realizzazione di speciali fertilizzanti
Il biogas è una delle fonti di generazione rinnovabile che più si è affermata negli ultimi anni, soprattutto nell’Italia del nord, ma anche una delle più contestate. Una dei punti più controversi riguarda la produzione di digestato: come noto, l’estrazione del gas prodotto dalla fermentazione anaerobica di rifiuti di origine agricola comporta la produzione di questo denso rifiuto liquido, che è difficile da gestire ma anche ricco di materia organica e minerali.
Oggi, come rileva il Cordis, il servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo, questo materiale viene spesso sparso come fertilizzante sui campi agricoli vicino agli impianti dove è prodotto il biogas. Questa tecnica è molto contestata da diverse associazioni ambientaliste, che temono conseguenze ambientali di varia natura.
In effetti, anche secondo il Cordis, il rischio è l‘inquinamento del suolo e dell’acqua, ossia l’eutrofizzazione. Le alternative allo spargimento in loco, però, sono piuttosto care, poiché il digestato è per oltre il 90% composto da acqua e, dunque, spostarlo a qualsiasi distanza usando dei camion è molto costoso. Un problema non di poco conto, che sta rallentando lo sviluppo di impianti a biogas in molti paesi Ue.
Un’alternativa è quella del progetto Wavalue (“High added value eco-fertilisers from anaerobic digestion effluent wastes”), finanziato dall’Ue, che utilizza il digestato per produrre fertilizzanti di valore. La soluzione è quella di miscelarlo con sostanze nutrienti minerali per ottenere una formula su misura e, successivamente, essiccare la miscela per ottenere piccoli granuli rotondi di dimensioni regolari, con sostanze nutrienti a lento rilascio che possono essere immesse nel mercato dei fertilizzanti speciali. L’impianto pilota di Wavalue sarà il primo del suo genere in Europa e il consorzio mira a trattare circa 900 tonnellate di liquame all’anno.
«Gli impianti per la granulazione del digestato possono dare un ragionevole ritorno sugli investimenti, basato sulle vendite del prodotto fertilizzante finale. Si tratta di un’attività relativamente nuova che ha anche il potenziale di generare nuovi posti di lavoro presso gli impianti ad agro-biogas», ha dichiarato Aritz Lekuona, coordinatore del progetto.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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MARIO BAROLA
scrive il 22 marzo 2015 alle ore 22:28
IN EFFETTI IL BIOGAS DOVEVA ESSERE PRODOTTO CON I SCARTI NON CON LE COLTIVAZIONI DI MAIS GRANO ECC. UTILIZZANDO I TERRENI PIU' FERTILI PERCHE' DEVO PAGARE PER FAR DISTRUGGERE DERRATE ALIMENTARI QUANDO NEL MONDO TANTA GENTE MUORE DI FAME??????? CORAGGIO ESPERTI DEL SETTORE AMMETTETE CHE AVENTE IMBOCCATO LA STRADA SBAGLIATA. VI VOGLIO RICORDARE CHE ESISTE FRATELLO SOLE CHE ESISTE IL GEOTERMICO E L'EOLICO A DISPOSIZIONE DI TUTTI. MARIO BAROLA