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Area Science Park, la green innovation messa alla prova | Tekneco

Area Science Park, la green innovation messa alla prova

Un cappotto attivo. Una pompa geotermica. Motori a microturbine a gas. Questi e altri progetti stanno prendendo vita nell’ente pubblico di ricerca a Trieste

Scritto da il 31 maggio 2010 alle 10:53 | 0 commenti

Area Science Park, la green innovation messa alla prova

Un piano “verde” da quasi sette milioni di euro per diminuire l’impatto energetico degli edifici. È quello messo a punto dall’Area Science Park, ente pubblico di ricerca con base a Trieste e tra più importanti in Italia per il trasferimento tecnologico, che ha deciso di puntare su due versanti: da una parte investire in nuove tecnologie, dall’altra sperimentarle direttamente, sulla “propria pelle”, applicandole ai laboratori e agli edifici del campus. Tra i diversi progetti di Enerplan– questo il nome del programma– che verranno realizzati nei prossimi mesi, ne abbiamo scelti cinque.

Cappotto attivo per le case

cappotto attivoSe il concetto di cappotto non suona molto rivoluzionario, l’idea racchiusa nella parola “attivo” lo è sotto numerosi aspetti. Come il più classico dei rivestimenti, infatti, si tratta di una seconda parete costruita a ridosso delle facciate degli edifici per isolarli termicamente e acusticamente. Ma, a differenza di questi, il nuovo rivestimento è in grado di riscaldare e raffreddare attivamente l’ambiente interno, al punto che non vi è più bisogno di ricorrere ad altri tipi di climatizzazione. Il tutto senza cambiare una virgola dell’edificio e a bassissimo costo. Il trucco? “Il cappotto contiene un sistema di serpentine in cui passa l’acqua, simile a quello dei pannelli radianti a pavimento”, spiega Gianfranco Pellegrini della STP srl, spin-off dell’Area Science Park: “In questo modo abbiamo capovolto il concetto. Non generiamo calore dall’interno per poi cercare di non farlo uscire, ma lo creiamo all’esterno e lo costringiamo ad attraversare le pareti. Così, improvvisamente, gli edifici di edilizia povera, in cui vi è moltissima dispersione, diventano i più virtuosi, superando in efficienza anche quelli di nuova concezione. Dalle stalle alle stelle”. La superficie che ospita le serpentine è infatti molto vasta (tutte e quattro le facciate). Di conseguenza, se l’acqua deve essere portata alla temperatura di 60-70 gradi con le caldaie tradizionali e a 35 con i pannelli radianti a pavimento, qui basta arrivare a 25 gradi “di mandata” in inverno (in condizione di temperatura esterna molto bassa) per mantenere una temperatura interna di 20 gradi. In estate viene fatta passare acqua a 20 gradi per mantenere i 25 in ambiente, senza che si formi condensa. “Lavorare a queste temperature ci permette di avere tutte le componenti delle serpentine in plastica (Pvc) – sottolinea Pellegrini – e questo abbassa di molto i costi, che si aggirano intorno ai 40 euro al metro quadro (contro i circa 130 di un cappotto ventilato, ndr.)”. Il primo cappotto attivo verrà realizzato per un edificio di Area tra circa un anno.

Pompe di calore ad alta temperatura

Sempre di STP srl è la pompa geotermica ad alta temperatura, una tra le tecnologie più promettenti sul fronte del risparmio energetico. Caratteristica principale: non inquina. Al pari del cappotto attivo, anche questo sistema è pensato per situazioni critiche: in particolare per vecchi condomini a caldaia in cui potrebbe essere molto difficile mettere tutti d’accordo sulle spese per un nuovo impianto di riscaldamento. Questo sistema, infatti, non richiede interventi di nessun tipo dal punto di vista edile. Si tratta di pompe dalle prestazioni eccezionali che riescono a portare il calore rubato all’acqua (basta infatti che vi sia un grande impianto fognario, una falda o anche il mare nelle vicinanze) fino alla temperatura di 80 gradi. Per fare un raffronto, si pensi che le normali pompe di calore portano l’acqua a circa 50 gradi. Il sistema si basa su una serie di accorgimenti tecnologici e di giochi di compressione e decompressione dei fluidi. Il grande vantaggio sta nel fatto che non viene prodotto alcun inquinante nel sito dell’impianto. Lo scotto da pagare è, ovviamente, l’energia elettrica che serve per le compressioni e le decompressioni ma, facendo un bilancio, solo un quinto dell’energia ottenuta con le pompe viene presa dalla rete elettrica.

Recupero energetico da cascame di aria esausta

Quanto a risparmio energetico, non appare da meno un innovativo sistema per il recupero del calore da cascame d’aria esausta. L’impianto è pensato per quelle grandi strutture come gli ospedali e alcuni laboratori di ricerca che hanno bisogno di frequenti ricambi d’aria. In questi casi, infatti, la maggior parte dell’energia viene spesa per la climatizzazione degli ambienti. Il concetto alla base del sistema è, d’inverno, quello di “spremere” calore dall’aria calda in uscita per trasferirlo all’aria fredda in entrata, e di fare l’esatto contrario d’estate. Si tratta quindi di un semplice scambio di calore, per quanto la messa in opera del sistema non sia così banale. “Per il raffreddamento sfruttiamo due tecnologie insieme”, racconta Giancarlo Michellone, direttore di Area Science Park: “Esattamente come fa un frigorifero, raffreddiamo l’ambiente interno e mandiamo fuori aria calda. Da questa, però, possiamo recuperare l’energia termica grazie a una macchina chimica (assorbitore, ndr.) che usa il calore per produrre altra aria fredda. È un sistema supervirtuoso”. Considerando infatti che il tutto viene fatto direttamente sul posto, si stima un abbattimento dei consumi energetici dell’80 per cento. Il sistema sarà sperimentato tra 10-12 mesi in un laboratorio di Area che effettua 20 ricambi d’aria l’ora.

Power Led

pompa geotermicaOvviamente non si poteva tener fuori dall’Enerplan il discorso illuminazione. L’idea è quella di sperimentare e misurare le caratteristiche ottiche di diversi tipi di Led (Light Emitting Diode) di potenza, in particolare i cosiddetti chip led, in cui viene eliminata la parte plastica superflua e utilizzata soltanto l’“anima” del punto luce, diminuendo notevolmente i costi e il peso delle strutture dedicate all’illuminazione. A produrli è il Centro Ricerche Plast-Optica (CRP) di Trieste. L’obiettivo del progetto, come nel caso di tutte le altre tecnologie che saranno sperimentate in Area, è di dare delle misurazioni certe e confrontare (una volta per tutte) dei diversi sistemi in uno stesso ambiente e nelle stesse condizioni. Vi sarà una fase iniziale di installazione di alcuni punti di illuminazione all’interno dei Campus di Padriciano e Basovizza del parco scientifico, cui seguirà la realizzazione di due campi prova con circa ottanta punti luce ciascuno.

Microturbine e co-generazione

È proprio una gara quella che vedrà a confronto due diverse tecnologie: la prima, che vede il contributo del Cnr di Napoli, è un impianto di co-generazione a metano di circa 150 kW, integrato a pannelli fotovoltaici, sia innovativi sia “classici”; la seconda è un impianto con motori a microturbine a gas. Entrambi dovranno servire una stessa struttura. In particolare, nel secondo caso, si sta cercando di ottenere microturbine a rese costanti e che si adattino in modo automatizzato alla richiesta di energia grazie a sofisticati sensori elettronici. “Non è più possibile fare progetti leggendo i depliant. Le tecnologie devono essere provate sul campo. Questo è quanto stiamo per fare, grazie al sostegno del Ministero dell’Ambiente, che cofinanzierà il progetto”, ha concluso Michellone.


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L'autore

Tiziana Moriconi

Giornalista pubblicista dal 2009, è laureata in Scienze Naturali e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con L’Espresso, Le Scienze, Mente e Cervello, Sapere, Linx Magazine (per la rubrica Internet Point), Corriere delle Comunicazioni e Wired Italia.


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