greenbuilding
Impianti sportivi ecosostenibili
I nuovi impianti sportivi, oggetto di grandi finanziamenti, riflettono sempre più un orientamento green, creando valore per l’ambiente in cui nascono
Costruire impianti sempre più moderni ed avveniristici con un occhio di riguardo per l’ambiente. È questa la nuova tendenza della grandi strutture sportive: investimenti considerevoli destinati a durare negli anni e, come hanno capito un po’ tutti – dai comitati olimpici alle società sportive – a generare profitto e crescita per il territorio e la comunità che li accoglie. Una teoria messa in pratica dagli stadi di ultima generazione attorno a cui ruotano ingenti capitali.
A smuovere gli investimenti maggiori e, di conseguenza, i progetti più all’avanguardia, sono ovviamente i grandi eventi, Olimpiadi e Mondiali di calcio in primis. L’Allianz Arena di Monaco di Baviera, per esempio, costruita in vista di Germania 2006, è inserita in un’ampia zona verde periferica creata ad hoc per offrire ai tifosi della città percorsi pedonali e piste ciclabili.
Il “gommone” (così viene chiamato affettuosamente lo stadio a causa dell’inconfondibile struttura esterna in politetrafluoroetilene) fa della luce uno dei suoi punti di forza, con la copertura che si colora in maniera diversa a seconda dell’evento che ospita. L’illuminazione dell’Allianz è a basso consumo, così come eco-compatibili sono i sistemi di condizionamento e di riscaldamento dell’acqua. Accorgimenti che sono valsi alla struttura bavarese la certificazione energetica Emas, o Eco-Management and Audit Scheme, il patentino della Comunità Europea che attesta la corretta gestione ambientale di aziende ed edifici pubblici.
In Germania un grande lavoro in senso eco sostenibile è stato fatto anche sulle strutture sportive più “anziane”: basta pensare alla Veltins Arena di Gelsenkirchen, nel cuore del bacino della Ruhr, per le cui fondamenta sono stati utilizzati 600mila metri cubi di prodotti di scarto derivanti dall’industria della fusione dell’acciaio, o al piccolo Mage Solar Stadium di Friburgo (24mila spettatori), che da anni sopperisce a gran parte del proprio fabbisogno energetico grazie a pannelli solari e fotovoltaici.
Uscendo dall’Europa, i Giochi di Pechino 2008 ci hanno consegnato lo straordinario Nido di Rondine che – alimentato da energia solare e fotovoltaica – possiede sistemi di recupero delle acque meteoriche, oltre che di protezione-sfruttamento del vento. La struttura esterna è inoltre ricoperta di due strati di EFTE (lo stesso materiale dell’Allianz Arena, ndr), che fungono da membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, ma anche da isolante acustico. Dando un’occhiata al futuro, fanno ben sperare i progetti al varo per i Mondiali di Brasile 2014 e Qatar 2022.
Gli arabi hanno infatti iniziato a progettare già prima dell’assegnazione ufficiale della Coppa del mondo cinque stadi interamente “solari”, mentre in Brasile ci si divide tra nuove costruzioni (saranno sei) e adeguamento di strutture preesistenti. Per rinnovare in chiave green il Mineirao di Belo Horizonte, ad esempio, si usano materiali a km zero; gli 800mila metri cubi di terra rimossi sono stati usati per rimettere in sesto miniere danneggiate e presto sul tetto arriveranno 6mila pannelli solari, in grado di infondere energia anche al quartiere circostante.
E in Italia? Il prototipo virtuoso più recente è quello dello Juventus Stadium di Torino, inaugurato nell’agosto scorso. L’uso di energia ottenuta da fonti non rinnovabili, nell’impianto piemontese, è residuale. La priorità è stata data agli impianti solari che scaldano l’acqua degli spogliatoi e delle cucine. I pannelli fotovoltaici sfruttano l’energia del sole attraverso i dispositivi di “inseguimento solare”, l’allacciamento alla rete di teleriscaldamento e i sistemi di riutilizzo delle acque piovane per l’irrigazione.
Inoltre, per il nuovo gioiello di casa Juventus (la proprietà infatti è, caso unico nel nostro paese, interamente della società sportiva) sono stati usati anche i residui della demolizione del vecchio stadio Delle Alpi: 40mila metri cubi di calcestruzzo, 5mila tonnellate di acciaio, 2 mila metri quadrati di vetro e 300 tonnellate di alluminio.
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L'autore
Camilla Mastellari
29 anni, Camilla Mastellari è giornalista e si occupa di comunicazione dal 2006. In veste di redattrice freelance ha scritto e continua a scrivere di temi quali ecosostenibilità, tecnologie nei paesi in via di sviluppo e giustizia sociale. Laureata in lingue e letterature straniere è nata a Torino, ma vive a Milano da almeno un decennio.
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